Un sistema di ricarica rapida delle auto elettriche con batterie usate

Una società inglese, grazie ad un accordo con Renault, utilizzerà per un sistema di ricarica rapida un gruppo di batterie usate per auto elettriche. Sarà allacciato alla linea elettrica e/o a un sistema FV od eolica. Un software gestirà al meglio le operazione di ricarica. Vantaggi e criticità.

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Ci sono diverse “leggende nere” riguardo al futuro mondo con i trasporti su strada elettrificati.

Per esempio, che questa transizione aumenterà enormemente i consumi di elettricità, rendendoli insostenibili.

Ma è un mito che si può smontare facilmente: se 30 milioni di auto italiane fossero tutte elettriche, con una percorrenza di 15mila chilometri l’anno, calcolando 7 km/kWh, servirebbero 64 TWh di elettricità, cioè un quinto di produzione annua in più rispetto ad oggi. In compenso eliminerebbero i consumi energetici da petrolio tre o quattro volte maggiori.

Più realistico il problema della ricarica: una batteria elettrica da 30 kWh richiede di restare attaccata per 10 ore a un impianto elettrico standard da 3 kW per ricaricarsi completamente, senza che in quel frattempo si possa usare l’impianto per altri scopi. Certo, si può passare a contatori di potenza maggiore, ma restando nel range del ragionevole servirebbero sempre molte ore di ricarica.

Il problema diventa anche più grave se si sperasse di ricaricare la batteria da un impianto solare: anche avendone ad esempio uno da 6 kW servirebbero sempre 5 ore di produzione alla massima potenza per ricaricare completamente gli accumulatori, ma vista la variabilità del solare, nella realtà servirebbero più o meno due intere giornate primaverili o estive di produzione, e senza una nuvola in cielo. 

È vero che difficilmente si andrebbe a scaricare completamente la batteria dell’auto in un giorno, visto che con 30 kWh si percorrono circa 200-230 km, ma il pensiero che ogni tanto ciò possa accadere sicuramente scoraggia molti dal tentare di passare all’elettrico, specialmente in assenza nei dintorni di colonnine pubbliche per la ricarica rapida. Restare bloccati per ore con l’auto attaccata alla spina non sarebbe piacevole.

La soluzione usata per adesso dalla tecnologia sono appunto le colonnine di ricarica rapida, in grado di rifornire una batteria in poche decine di minuti: ma oltre ad essere ancora piuttosto rare, va considerato che costano molte migliaia di euro e richiedono collegamenti alla rete elettrica da decine di kW (fino a 150 kW, quelle in corrente continua, ma se ne progettano anche da 300 kW), più o meno come una piccola industria, quindi non certo proponibili ovunque.

La società inglese di sistemi di accumulo elettrico Connected Energy ha però una possibile soluzione a questo problema.

L’idea non è molto dissimile da quanto si faccia per l’acqua domestica nelle zone dove dai rubinetti ne esca poca o in maniera intermittente: per avere una fornitura continua di acqua in casa, si mette un bel serbatoio sul tetto.

A Connected Energy hanno così ideato l’equivalente elettrico di questo metodo, costruendo E-Stor, composto da un gruppo di batterie per auto elettriche, allacciato o a una normale linea elettrica e/o a un sistema di autoproduzione solare o eolica, con un’interfaccia elettronica da collegare a un sistema di ricarica rapida.

La linea, i pannelli solari, la turbina eolica, o un mix fra loro, immettono l’elettricità nel “serbatoio” delle batterie, fino a riempirle.

Quando un’auto elettrica ha bisogno di “fare il pieno”, le batterie di E-Stor alimentano il sistema di ricarica rapida, scaricando in esso tutta l’energia accumulata in ore o giorni e completando il rifornimento in poche decine di minuti.

Già così il sistema ha molti vantaggi: consente per esempio di “riempire il serbatoio sul tetto” lentamente o persino in modo intermittente, quando c’è la risorsa rinnovabile o quando l’elettricità della rete costa meno.

Un software apposito, inoltre, gestisce la carica prelevando energia dalle batterie di E-Stor, dalla rete o dagli impianti a rinnovabili, mischiando il tutto in modo da ottimizzare l’uso dell’elettricità dalle varie fonti, spendere il meno possibile e allungare la vita di tutti gli accumulatori coinvolti.

E-Stor, però, ha un evidente problema: il prezzo delle batterie al litio è ancora molto elevato, ben oltre i 200 dollari per kWh di capacità. Per ricaricare rapidamente i suddetti 30 kWh di batteria ci sarebbe bisogno di avere almeno una capacità di accumulo equivalente nell’E-Stor, con una spesa di almeno 7 mila euro solo per quel componente.

Adesso però E-Stor ha appena annunciato di aver risolto anche questo ostacolo, grazie a un accordo con Renault: invece di batterie nuove ne installerà di usate provenienti da auto elettriche.

Una batteria per auto elettrica, infatti, deve funzionare almeno all’80% delle sue capacità ideali, in quanto ogni riduzione ulteriore fa calare eccessivamente potenza e autonomia del mezzo.

Questo livello di usura è stimato che si raggiunga in media dopo 100mila km (7-8 anni di normale percorrenza, insomma); successivamente la batteria va sostituita.

Quella vecchia, però, ha ancora una grande capacità di carica, più che sufficiente per gli usi stazionari: la suddetta batteria da 30 kWh all’80%, avrebbe in pratica ancora 24 kWh di carica disponibile, quasi il doppio di un sistema PowerWall per l’accumulo elettrico domestico, per intendersi.

E il suo costo è solo una frazione di quello di una batteria nuova, visto che senza usi alternativi sarebbe solo un rifiuto da riciclare con altre spese.

«In questo modo il nostro modello di base di E-Stor, con 60 kWh di accumulo – ci spiega Mattherw Lumdsen di Connected Energy – ha un costo competitivo rispetto a un sistema analogo che usi batterie nuove, e anche un impatto ambientale molto minore».

Certo, viene da chiedersi quante batterie elettriche usate, per adesso in arrivo solo dalla Renault, possa mai raccogliere la Connected Energy, visto che di auto elettriche ne circolano ancora molto poche e che il mercato di questi mezzi è talmente giovane che solo una piccola frazione delle batterie di quelle vendute finora è già arrivato al fine vita.

Per esempio ogni anno vengono vendute circa 20mila Renault Zoe (leader di mercato in Europa), ognuna con una batteria da 22 (o 40) kWh: ma la produzione di questo modello è iniziata solo nel 2013. La Renault ha cominciato a produrre auto elettriche solo dal 2011, ancora presto per un massiccio afflusso di batterie di seconda mano.

Forse le batterie usate verranno dalle 15mila auto elettriche che la Renault ha venduto al governo francese e alle Poste nel 2011, e che per l’uso intenso potrebbero già essere vicine al fine vita.

«Vi assicuro che le batterie usate disponibili presso la Renault sono già sufficienti per i nostri scopi – precisa Lumdsen – cioè cominciare a produrre gli E-Stor, conquistare una nicchia di mercato e accrescere gradualmente la produzione, portandola a regime entro il 2020, quando la disponibilità di accumulatori di seconda mano sarà sicuramente cresciuta».

Anche per la carenza di accumulatori usati, per ora gli E-Stor saranno comunque disponibili solo nelle versioni da 60 kWh in su, quindi adatti a centri di ricarica collettivi, pubblici o aziendali. «Ma non escludiamo, in futuro, di realizzare versioni domestiche più piccole», conclude Lumdsen.

In effetti avere un sistema con una grande capacità di batterie usate, che faccia sia da accumulo per l’impianto fotovoltaico domestico, che da “serbatoio” di potenza per la ricarica rapida dell’auto, sarebbe per molti l’uovo di Colombo per completare la propria transizione alle rinnovabili.

Sistemi simili potrebbero essere utilizzati in Africa e altri paesi poveri come complemento delle reti di villaggio alimentate a fonti rinnovabili, permettendo ai locali anche di usare mezzi elettrici per il trasporto.

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