Perché il divario di costo fra l’elettricità siciliana e nazionale è sempre alto?

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È passato più di un anno dall’inaugurazione dell’elettrodotto che collega l’isola al continente, ma il gap di costo resta elevato, con l’aggravante che il Comune di Palermo ha chiesto ad Enel di ridurre la produzione di una centrale idroelettrica per fornire acqua al capoluogo. E Terna non dà ancora spiegazioni soddisfacenti.

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Il 29 maggio 2016 il comunicato diramato in occasione dell’inaugurazione, dell’elettrodotto fra Calabria e Sicilia Sorgente-Rizziconi, con l’allora premier Renzi, recitava: “Un investimento imponente, pari a 700 milioni di euro, che complessivamente farà risparmiare circa 800 milioni di euro all’anno sulle bollette degli italiani».

Ridimensionava nella stessa occasione un po’ la cifra del risparmio l’amministratore  delegato di Terna, realizzatrice dell’opera, Matteo Del Fante, dicendo “si tratta di un progetto da primato che unendo elettricamente la Sicilia al continente permetterà di risparmiare circa 600 milioni di euro l’anno».

Cifre ballerine a parte, il risparmio prospettato derivava dall’aspettativa di una equiparazione del gap di prezzo fra la costosa elettricità siciliana e quella della regione Sud della rete elettrica italiana, che ha l’elettricità in genere più economica della penisola.

La costruzione del nuovo elettrodotto da 1,1 GW, quasi quadruplicando la possibilità di scambio fra Sicilia e Italia (vedi schema progetto nela figura in basso, clicca per ingrandire), avrebbe infatti dovuto far importare nell’isola elettricità molto meno cara di quella prodotta dalle vecchie centrali termoelettriche siciliane, mettendole, quasi sempre, fuori mercato.

Ma di quali cifre stiamo parlando? Nel 2013, prima del nuovo elettrodotto e prima di una normativa temporanea che riduceva per legge la differenza di prezzo, il gap fra Sicilia e PUN (prezzo unico nazionale) italiano era di circa 30 €/MWh.

Visto che il consumo siciliano si aggira sui 20 TWh l’anno, la differenza di prezzo totale, ripianata in bolletta da tutti gli italiani, era di circa 600 milioni di euro.

Secondo il premier Renzi, quindi, non solo si sarebbe annullata la differenza, ma addirittura, la si sarebbe capovolta con un vantaggio di circa 10 €/MWh del prezzo siciliano su quello nazionale.

Che i politici le sparino grosse, non è una novità, ma anche la più prudente stima di Del Fante presupponeva in pratica un totale annullamento della differenza di prezzo. 

È passato più di un anno da quel giorno, ma il Sorgente-Rizziconi è ben lontano dal mantenere quelle promesse.

Come già scritto alcune settimane fa, nel primo anno di funzionamento l’obbiettivo “annullare gap siciliano”, è stato raggiunto solo fra settembre e gennaio, ma unicamente perché in quel periodo, per la chiusura di molte centrali nucleari francesi, il costo dell’elettricità nel Nord Italia è andato alle stelle, trascinando verso in alto il PUN.

In tutti gli altri mesi l’elettricità siciliana è costata di più di quella italiana, anche se certamente con una differenza minore rispetto a prima dell’avvio operativo dell’elettrodotto.

Nei mesi estivi 2016 il gap era per esempio tornato a 15-20 €/MWh, e la spiegazione allora era stata che la nuova opera era in fase di rodaggio, e quindi non ancora pienamente operativa.

Però ad aprile, quando di nuovo la forbice aveva ricominciato ad allargarsi a circa 13 €/MWh, la succinta spiegazione di Terna nell’articolo citato era stata che questo dipendeva da “lavori di manutenzione sull’elettrodotto”, che si sarebbero conclusi di lì a poco.

Francamente che questo avrebbe risolto la situazione ci credevamo poco, perché già l’esperto che avevamo sentito in quella occasione, l’economista Giacomo Ciapponi della società milanese di consulenze energetiche milanese Ref-E, ci aveva fatto capire che si sapeva fin dall’inizio che il Sorgente-Rizziconi non ce l’avrebbe fatta a coprire la domanda necessaria per mettere fuori gioco le centrali elettriche più costose dell’isola, e che sarebbe sempre rimasto un gap di almeno 5 €/MWh.

Avevamo perciò pronosticato che il problema sarebbe continuato, e forse persino accresciuto con l’arrivo del caldo estivo.

Certe volte dispiace di avere ragione, e questa è una: anche dopo il mese di aprile, e quindi con la fine delle “opere di manutenzione”, il gap è rimasto più o meno quello: 13 €/MWh a maggio e 10 €/MWh a giugno, riducendosi un po’ in questo secondo caso solo perché intanto il PUN, trascinato dalla zona Nord, è cresciuto più di quello siciliano.

Da marzo in poi l’elettricità siciliana è costata fra il 13 e il 31% in più di quella italiana.

E a metà luglio, la situazione non sembra ancora cambiare, con una media (approssimata) di 11 €/MWh in più.

A peggiorare la situazione, sicuramente, la siccità e il caldo estremo di questo scorcio del 2017, che non solo hanno aumentato i consumi, ma hanno costretto, per esempio, il Comune di Palermo a chiedere all’Enel di ridurre la produzione della centrale idroelettrica di Piana degli Albanesi (una generazione elettrica economica), per lasciare più acqua all’uso domestico ed evitare di doverla razionare in città.

Una “cortesia” peraltro non gratuita: Palermo dovrà pagare 1,3 milioni di euro a Enel nel 2017 per la mancata produzione, mentre gli italiani pagheranno l’ulteriore extracosto in bolletta. Infatti appena è stata avviata l’operazione, il divario fra PUN ed elettricità siciliana è schizzato da 15 a 21 €/MWh.

In conclusione, l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi resta sicuramente un’opera lodevole e anche troppo a lungo rimandata, ma finora il suo impatto è stato meno molto efficace del previsto.

Visto che l’opera è stata costruita da Terna con soldi pubblici, come sono in fondo i soldi di tutti quelli che continueranno a ripianare il gap con la Sicilia in bolletta (continuando così si tratterà ancora di cifre fra i 100 e i 200 milioni di € l’anno), avremmo tanto voluto parlare con qualcuno a Terna per approfondire l’argomento.

Per esempio avremmo voluto che ci spiegasse se per caso non ci sia stato qualche errore nella progettazione dell’elettrodotto (magari bisognava prevedere una capacità maggiore?) oppure semplicemente nella comunicazione che aveva prospettato un azzeramento degli extracosti siciliani piuttosto ottimistico.

Si deve forse pensare a comportamenti degli operatori siciliani che vanificano l’”effetto calmierante” dell’elettrodotto, oppure è solo un periodo sfortunato, aggravato dalla scarsa produttività eolica e idroelettrica del 2017?

E infine sarebbe stato interessante sapere se Terna abbia una qualche strategia per migliorare la situazione in futuro.

Ma niente da fare, come già in occasione del nostro articolo pubblicato di aprile, Terna risponde solo con pochissime righe di comunicato, che non fa altro che ripetere quello che già era evidente.

“Il collegamento Sorgente-Rizziconi è pienamente operativo e funzionante e contribuisce (…) a ridurre i prezzi sul mercato e numero di ore in cui si verificano congestioni tra le zone di rete/mercato (Sud e Sicilia). Negli ultimi mesi il differenziale di prezzi tra Sicilia e continente è effettivamente tornato ad aumentare in relazione a diverse indisponibilità di generazione che hanno ridotto la contendibilità nel mercato e portato le zone a separarsi nuovamente. In questi giorni, in cui ci sono ancora delle indisponibilità di impianti di generazione, il fenomeno è reso più severo dall’aumento del fabbisogno e da una riduzione della disponibilità di risorse rinnovabili non programmabili in particolare nelle ore serali (…) Possiamo pienamente confermare che senza l’entrata in esercizio della Sorgente Rizziconi il costo dei consumatori finali sarebbe stato consistentemente più alto e il sistema elettrico dell’isola si sarebbe trovato in una situazione di enorme stress in termini di adeguatezza e sicurezza di sistema”.

Un modo di comunicare che non fornisce ulteriori spiegazioni sulla situazione e che forse non è appropriato per una moderna società a capitale pubblico.

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