Messaggio ai G20: “non ha più senso investire ancora in fossili o nucleare”

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Già dal 2015 le rinnovabili producono a costi inferiori rispetto alle fonti tradizionali in molte aree dei Paesi G20. Entro il 2030 le fonti convenzionali saranno più costose ovunque e dal 2020 nella maggior parte delle 20 potenze. Un report mostra perché non ha senso puntare ancora su fossili e nucleare.

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Il G20 appena concluso sul problema climatico non ha portato grandi sorprese, se si esclude il fatto che la Turchia ha sospeso la ratifica del trattato di Parigi e che dunque potrebbe unirsi agli Stati Uniti che hanno già deciso di uscire dall’accordo.

Quanto sia anacronistica la posizione delle due potenze lo mostra, qualora ce ne fosse bisogno, un nuovo report che ribadisce come ormai quella della transizione energetica verso l’energia pulita sia una strada segnata dall’evoluzione dei costi delle tecnologie, con buona pace della predilezione di Trump per carbone e nucleare.

Secondo lo studio (allegato in basso), commissionato da Greenpeace Germania alla finlandese Lappeenranta University of Technology, già dal 2015 le rinnovabili producono a costi più bassii delle fonti convenzionali in larghe aree dei Paesi G20.

Nel 2030 le fonti pulite saranno competitive ovunque senza incentivi, con il calo maggiore dei costi per il solare. Non avrà allora più senso investire ancora in fossili o nucleare, vsto che questo sorpasso nella maggior parte dei G20 avverrà anche molto prima di quella data, cioè già attorno al 2020.

Nel grafico qui sotto si vedano i costi LCOE (cioè, per semplificare, tutto compreso sul ciclo di vita) delle varie tecnologie che gli studiosi della Lappeenranta University prevedono per il 2030.

Come si può notare, il distacco a favore delle rinnovabili è sensibile: questo anche perché lo studio cerca di ricomprendere nell’LCOE delle varie fonti anche alcune esternalità negative, emissioni di gas serra in primis.

Nel capitolo dedicato a questo aspetto, gli autori peraltro ricordano come oggi, oltre a non pagare che in minima parte per i danni che causano, le fossili godano di un sostegno pubblico estremamente generoso: secondo un report di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi, gli incentivi pubblici dei G20 a gas, carbone e petrolio sono pari a circa 4 volte rispetto a quanto dato alle fonti rinnovabili.

Più che le misure per creare il famoso “campo da gioco livellato”, cioè far sì che fossili e nucleare non scarichino sulla collettività i costi sanitari e ambientali che provocano, a segnare il sorpasso delle fonti pulite sarà però il calo dei prezzi delle tecnologie, del quale su queste pagine rendiamo conto quotidianamente.

Lo studio cita i dati UNEP-BNEF, secondo i quali nel solo 2016 l’LCOE medio del fotovoltaico a livello mondiale è sceso del 17%, quello dell’eolico a terra del 18% e quello dell’eolico in mare del 28%.

In Marocco, si ricorda, un progetto di eolico senza incentivi è arrivato a produrre a 26 €/MWh, mentre il solare FV ha raggiunto lo scorso anno il record con un’offerta a 24 €/MWh in un asta ad Abu Dhabi.

Come evolveranno i costi nei vari Paesi G20, lo studio della Lappeenranta University lo riassume nei grafici quei sotto (clicca per ingrandire l’immagine). Qui la situazione al 2015:

Qui sotto quella prevista al 2030:

Puntare sulle fossili e sul nucleare, è la conclusione, non ha senso. E questo anche considerando la problematica e la sfida di dover gestire sistemi energetici basati su fonti intermittenti e non programmabili come eolico e FV.

Le batterie, si prevede, anche saranno per questo motivo tra le tecnologie con la riduzione dei costi più drastica.

Tecnologie palliative per provare a ridurre le emissioni restando aggrappati alle fossili, come la CCS, la cattura della CO2 delle centrali termoelettriche, invece, secondo il report non avranno grandi prospettive.

Se gli attuali costi economici della CCS sono ancora proibitivi, per gli autori dello studio, infatti, questa resta una tecnologia con troppe controindicazioni come le emissioni nella parte a monte della catena delle fossili, i rischi di perdite di CO2, ma soprattutto non ci sarà alcuna convenienza a svilupparle perché sono pronte alternative molto più economiche ed efficaci per tagliare i gas serra.

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