Gli operatori del solare termico indignati per la SEN

Assolterm critica la SEN per aver "liquidato" una tecnologia matura e con molte potenzialità per il sistema energetico nazionale, come il solare termico. Le difficoltà del settore non sono però da attribuire solo a cause esterne. Manca da tempo una strategia, anche comunicativa.

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Abbiamo già detto della timida attenzione alle fonti rinnovabili in genere nella Strategia Energetica Nazionale attualmente in consultazione.

Abbiamo anche sottolineato dello scarso interesse rivolto alle classiche rinnovabili termiche, biomasse e solare termico, che vengono menzionate per spiegare essenzialmente la loro marginalità. Tuttavia nel medio periodo si può dubitare che il sistema energetico del paese possa procedere a passi rapidi, e senza intoppi, verso una elettrificazione massiva dei consumi.

C’era da aspettarsi quindi una dura presa di posizione da parte degli operatori di queste due tecnologie.

Quella del solare termico non si è fatta attendere e la parola di apertura del comunicato di ASSOLTERM (Associazione Nazionale Solare Termico) è “indignazione“. Ovviamente, a causa del peso che la SEN riserva alla tecnologia, “liquidata – si scrive – con una sola frase, relegandola ad un ruolo marginale nel piano di sviluppo”.

L’associazione di categoria rivendica invece il contributo che il solare termico può dare per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio previsti dalla SEN.

Il solare termico, oltre ad essere una tecnologia matura, spiegano da Assolterm, ha notevoli potenzialità di sviluppo: usando sistemi solari termici per tutte le famiglie italiane anche per la sola produzione di acqua calda sanitaria si otterrebbe oltre la metà dell’obiettivo stabilito per il 2030, cioè 9 Mtep.

Il solare termico, che può essere utilizzato con beneficio anche come integrazione di altre tecnologie, è di certo una delle soluzioni energetiche più efficaci soprattutto per garantire una maggiore indipendenza dall’estero e la riduzione delle emissioni. I tempi di ritorno di un impianto da 4 mq di collettori con incentivi (detrazioni fiscali o conto termico) va dai 3 ai 7 anni, in funzione di diverse variabili.

Un obiettivo, quello al 2030, – dicono da Assolterm – che può essere perseguibile in quanto, nonostante la disponibilità della risorsa, il nostro paese è ancora molto indietro nella diffusione, con meno di 100 mq ogni 1000 abitanti (circa 48 kWt per 1000 abitanti). Nonostante i contributi governativi il solare termico non è stato adeguatamente utilizzato: sono stati installati circa 4,3 milioni di mq di collettori.

Numeri piuttosto bassi se confrontati con quelli di paesi come la Germania (158 kWt/1000 ab., con il 38% dell’installato totale europeo) o l’Austria che può contare su una diffusione di 430 mq/1000 abitanti (343 kWt ogni 1000 ab.).

Oltre al riscaldamento degli ambienti e dell’acqua sanitaria occorre poi considerare il potenziale della tecnologia per le applicazioni industriali (qui si stimano addirittura oltre 15 milioni mq), le applicazioni di climatizzazione invernale ed estiva e quelle, ormai alle porte, di produzione di energia elettrica.

Spiegano i solaristi che finora è mancata un’adeguata campagna informativa sui benefici della tecnologia da parte delle istituzioni pubbliche, che non hanno peraltro utilizzato le risorse a loro previste a tale scopo.

Assolterm evidenzia anche che il coefficiente di prestazione globale che la tecnologia solare può offrire supera abbondantemente quello di una pompa di calore, mentre il valore EER (Energy Efficiency Ratio), cioè il rapporto tra l’energia resa e l’energia elettrica consumata in abbinamento al solar cooling è circa 10 volte superiore a quello dei climatizzatori.

Il settore del solare termico – conclude Assolterm – crea oggi un indotto di molte migliaia di addetti, non crea rifiuti pericolosi, ma soprattutto genera un risparmio di risorse che arricchisce le famiglie e alimenta il tessuto sociale e produttivo.

Le installazioni europee in calo

Anche a livello europeo però le installazione annuali di solare termico arrancano da alcuni anni (dal 2008), come si può vedere nei due grafici a cura di ESTIF, l’associazione di categoria europea.

Nel 2015 si è registrata una diminuzione del 6,6% rispetto all’anno precedente (siamo in attesa dei dati definitivi del 2016).

Tuttavia secondo la valutazione della Commissione Europea dei piani di azione nazionali per l’energia rinnovabili (NREAP), il potenziale del solare termico, soprattutto per nazioni come l’Italia è molto elevato: da noi di potrebbero generare oltre 22 GWh al 2020 rispetto ai 3 attuali (vedi grafico).

Da alcuni anni sul solare termico incidono n effetti diversi fattori che remano contro come la crisi economica e dell’edilizia, i bassi prezzi del gas e sistemi incentivanti non sempre stabili e attraenti per il consumatore.

Il fatto che vi siano stati incentivi più generosi per le altre tecnologie concorrenti è dipeso poi da un forte lobby del settore elettrico che sembra aver convinto anche i decision makers con la propria visione elettrocentrica.

Qualche tempo fa il presidente di Estif, Robin Welling, stimava che gli obiettivi sul solare termico per il 2020 contenuti nei vari piani nazionali sarebbero stati mancati di molto: di circa il 41-45%.

Per crescere il solare termico dovrà andare oltre alla classica installazione per ACS sulla villetta monofamiliare, spiegava Welling, che intravedeva sviluppi importanti per il commerciale, l’industriale, il teleriscaldamento, segmenti di mercato ancora marginali rispetto al residenziale, ma con notevole potenziale, come abbiamo detto sopra.

Non tutte le colpe sono però da attribuire a cause esterne.

Lo stesso Welling criticava già anni fa dall’interno il suo settore e riteneva necessario ridurre il prezzo del kWh termico da solare termico, soprattutto lavorando sui costi di installazione, troppo elevati. “Invece di aspettarsi solamente l’aumento dei prezzi del petrolio – affermava – il settore dovrebbe lavorare per ridurre i costi e studiare insieme nuove strategie di marketing. Non è possibile dipendere dai programmi di sostegno e dai loro budget, spesso variabili e ballerini”.

Serviva e serve, ancora di più oggi, una strategia forte che si ponga l’obiettivo di come ridurre i costi del 50-60% in meno di 10 anni, e soprattutto saper comunicare questi obiettivi ai decisori politici.

Una strategia che, dobbiamo dire, il comparto, soprattutto in Italia, non sta attuando con decisione. Per fare i numeri non c’è più molto tempo visto l’assalto delle altre tecnologie.

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