Perché il gas non è un “ponte” nella transizione energetica

Un nuovo report avverte che è necessaria una decarbonizzazione profonda, anche con l’eliminazione del gas che ha comunque emissioni molto elevate. Nuove e inutili infrastrutture per questa fonte, previste anche nella SEN, ci allontaneranno dalla rapida diffusione delle rinnovabili e dall’Accordo di Parigi.

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Per centrare l’obiettivo previsto dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è necessaria una decarbonizzazione profonda del settore energetico, che richiede l’eliminazione dell’estrazione e utilizzo anche del gas.

È quanto emerge dal nuovo breve report “Foot Off the Gas: increased Reliance on Natural Gas in the Power Sector Risks an Emissions Lock-In”, pubblicato da Climate Analytics, NewClimate Institute ed Ecofys (allegato in basso)

Il gas naturale è una fonte di energia meno inquinante rispetto a carbone e petrolio e, perciò, è spesso percepito come una fonte di transizione.

Proprio quando la nuova Strategia Energetica Nazionale dell’Italia è in fase di discussione, ecco che questo report avverte perché, seppur se il gas abbia giocato un ruolo importante migliorando l’intensità del carbonio del settore elettrico nell’ultimo decennio, non è una valida soluzione a lungo termine.

Infatti, per stabilizzare l’aumento della temperatura media globale ben sotto i 2 °C, con sforzi aggiuntivi per arrivare +1,5°C, come prescritto dall’Accordo di Parigi, il settore energetico dovrà attraversare un cambiamento radicale. Per avere una chance di rimanere entro +1,5 °C, le emissioni per la produzione di energia dovranno essere azzerate entro il 2050.

L’unico modo per raggiungere questo obiettivo è quindi di spostare gli investimenti verso fonti di energia rinnovabili oppure verso fonti “negative”, ovvero che oltre a non emettere CO2 e altri gas serra, assorbano emissioni. È il caso dei cosiddetti BECCS, energia da biomassa con Carbon Capture & Storage.

La decarbonizzazione completa del settore energetico è di importanza strategica nel perseguimento degli obiettivi climatici, perché produrre elettricità carbon-free significa realizzare un catalizzatore per tagli consistenti in settori come i trasporti e il residenziale, e anche in alcune industrie particolarmente energivore, come i cementifici.

“Sul futuro del gas nel settore dell’energia, troviamo che molte proiezioni, tra cui quelle della IEA, e le aspettative di alcuni investitori – inclusi molti governi – non solo non riescono a considerare la necessità di una decarbonizzazione completa entro tre decenni, ma ignorano anche il crescente ruolo e potenziale di alternative a zero emissioni di anidride carbonica. Gli investimenti attuali in nuove infrastruttura legate al gas aumenta il rischio di “stranded assets”, aprendo la strada ad una dipendenza dal combustibile fossile che è in contrasto con l’Accordo di Parigi”.

Ovvero, i costi sostenuti per le infrastrutture collegate all’estrazione e l’utilizzo del gas, potrebbero prevedere tempi di ammortizzamento così lunghi da tenere i sistemi energetici bloccati (“locked-in”) e non permetterci di terminare la transizione energetica nei tempi necessari a contrastare in modo adeguato i cambiamenti climatici.

A livello globale, la quota di elettricità generata dal gas è aumentata dal 15% nel 1990 al 22% nel 2014, con differenze significative tra i diversi paesi.

Il cambiamento più importante per il consumo globale di gas si è verificato negli Stati Uniti, dove nel 2016, dopo un aumento del 54% in dieci anni, il gas naturale ha superato per la prima volta il carbone come principale fonte energetica.

Anche se il gas ha svolto un ruolo importante nel migliorare l’intensità del carbonio del settore elettrico negli ultimi anni (dal 533 gCO2eq/kWh nel 1990 a 519 gCO2eq/kWh nel 2014), non può essere una soluzione a lungo termine per mitigare i cambiamenti climatici. Secondo il report non si può quindi più affermare che il gas è una fonte di energia “di ponte”.

Innanzitutto, va detto che le emissioni di energia da gas naturale sono incompatibili con la decarbonizzazione del settore elettrico.

Le emissioni del ciclo di vita, vale a dire le emissioni della catena del combustibile e la produzione della tecnologia di conversione dell’energia, sono stimati a 410-650 gCO2eq/kWh per il gas naturale in impianti a ciclo combinato.

Questo valore è inferiore al carbone (710-950 gCO2eq/kWh), ma considerevolmente più elevato rispetto alle tecnologie rinnovabili (2-180 gCO2eq/kWh).

Perciò il Climate Action Tracker aveva già avvertito, nel 2014, che “sostituire il carbone con il gas, come proposto da alcuni, chiaramente non può essere un’opzione, in quanto ridurrebbe il riscaldamento globale solo di circa 0,1 °C”.

Il report prende in considerazione anche la situazione europea: in Europa sono stati avviati, pianificati e proposti investimenti massicci nei nuovi gasdotti e in rigassificatori, nell’ambito di una strategia per aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento, anche attraverso l’accesso a fonti alternative al gas russo.

Anche qua il pensiero corre alla nostra SEN, ancora per poco in consultazione, in cui si prefigura un’Italia “hub del gas nel Mediterraneo”, con la nuova TAP, l’avvio dello sviluppo del progetto TurkStream in combinazione con il progetto ITGI-Poseidon, la metanizzazione della Sardegna, lo sviluppo di nuova capacità di rigassificazione.

La SEN non prende in considerazione il fatto che nei prossimi tre decenni vedremo un progressivo declino dell’utilizzo del gas, fino al quasi completo azzeramento intorno a metà del secolo.

Allo stesso tempo, però, il tasso complessivo di utilizzazione dei rigassificatori esistenti è prossimo al 25%, con molti impianti rimasti inutilizzati (fonte: European Parliamentary Research Service, 2015).

Se i quattro gasdotti proposti (compreso il North Stream II) e complessivamente 39 rigassificatori si materializzassero, aumenterebbe la capacità di importazione del gas dell’UE del 58%, a fronte di una stima di aumento della domanda al 2025, a politiche correnti e senza considerare gli ulteriori impegni dell’Accordo di Parigi, appena dell’11%.

Gli investimenti massicci nell’estrazione di gas, nuovi gasdotti e rigassificatori, oltre a quanto già esistente e spesso sottoutilizzato, dirottano risorse finanziarie che sarebbero invece necessarie per la rapida decarbonizzazione del settore elettrico. Bloccandoci in un futuro ancora alimentato da fonti fossili e allontanandoci dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Report “Foot Off the Gas” (pdf)

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