Quando gli eventi estremi si abbattono sulle nostre città. Un dossier di Legambiente

Gli effetti del global warming, con l'aumento di eventi meteo estremi, causano danni spesso più gravi nei centri urbani: alluvioni, blackout, violente nevicate, siccità, ondate di calore, dissesti idrogeologici, morti. Perché è fondamentale far partire un Piano nazionale di adattamento al clima.

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Dal 2010 ad oggi sono 126 i Comuni italiani dove si sono registrati impatti rilevanti con 242 fenomeni meteorologici che hanno colpito l’Italia, provocato danni al territorio e causati impatti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini.

Sono 52 i casi di allagamenti da piogge intense, 98 i casi di danni alle infrastrutture da piogge intense con 56 giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane: 19 giorni a Roma, 15 giorni a Milano, 10 a Genova, 7 a Napoli e 5 a Torino. Ed ancora 8 casi di danni al patrimonio storico, 44 casi di eventi tra frane causate da piogge intense e trombe d’aria, 40 eventi causati da esondazioni fluviali.

Questi alcuni dati riportati dal dossier di Legambiente “Le città alla sfida del clima. Gli impatti dei cambiamenti climatici e le politiche di adattamento” (allegato in basso).

I cambiamenti climatici hanno come conseguenza un incremento degli eventi metereologici estremi che colpiscono soprattutto le grandi città, ancora prive di politiche di adattamento.

Tra il 2010 e gli inizi del 2017, si sono registrati in Italia 55 giorni di blackout elettrici dovuti al maltempo. Il più lungo black out è stato a gennaio 2017: in una settimana oltre 150mila case sono rimaste senza luce e riscaldamento a causa delle forti nevicate in Abruzzo.

Tra le grandi città, Roma negli ultimi setti anni ha registrato 17 episodi di allagamento intenso, di cui una buona parte solo negli ultimi anni. Tra le regioni più colpite dalle alluvioni e le trombe d’aria c’è la Sicilia, con più di 25 eventi concentrati nel territorio siciliano.

In termini di vite umane il dato è pesante: dal 2010 al 2016 sono oltre 145 le persone morte a causa di inondazioni e oltre 40mila quelle evacuate (dati Cnr).

Poi ci sono le onde di calore (con temperature diurne oltre i 35° C e notturne sopra i 25°C): l’ondata di calore del 2015 ha causato in Italia, tra gli over 65, 2754 morti in 21 città italiane e ha provocato danni gravi alla produzione agricola e ittica.

Il dossier, realizzato in collaborazione con Unipol Gruppo, fornisce anche una mappa del rischio climatico pubblicata sull’osservatorio online cittaclima.it che raccogliere le informazioni sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici.

“L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio sia rispetto alle piogge che alle ondate di calore è fondamentale per salvare vite umane e limitare i danni. Le città non possono essere lasciate da sole a fronteggiare impatti di questa dimensione. Non è quindi più rinviabile l’approvazione del Piano nazionale di adattamento al clima, che deve diventare il riferimento per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e dei finanziamenti nei prossimi anni, in modo da riuscire in ogni città a intensificare le attività di prevenzione, individuando le zone a maggior rischio, e a realizzare gli interventi di adattamento al clima e di protezione civile”, ha detto Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, nel corso della presentazione del dossier svoltasi oggi a Roma.

Nella conferenza stampa è stata presentata da Federica Mastracci, E-geos la ricerca “La Lettura satellitare del fenomeno delle isole di calore” che ha analizzato gli impatti delle ondate di calore registrate nell’estate 2015 a Milano. In particolare utilizzando i dati satellitari ha individuato le zone o i quartieri dove si sono raggiunti le massime temperature durante l’ondata di calore del 2015 e incrociandole con la popolazione over 65 è stato possibile identificare le distribuzione spaziale della popolazione anziana a rischio. Durante l’ondata di calore del luglio 2015 sono stati a rischio a Milano 108.305 abitanti.

Il dossier ha anche analizzato gli impatti del maltempo legati al dissesto idrogeologico.

Dal 2013 al 2016 18 regioni sono state colpite da 102 eventi estremi che hanno provocato alluvioni o fenomeni franosi generando l’apertura di 56 stati emergenziali. E’ stato valutato un danno di circa 7,6 miliardi di euro, ma lo Stato è riuscito a stanziare appena il 10% di quanto necessario, 738 milioni di euro (erogati finora: circa 618milioni).

Oltre 1,1 miliardi di euro di danni in Campania, 800 milioni in Emilia Romagna e Abruzzo, 700 milioni in Toscana, oltre 600milioni in Liguria e nelle Marche. Cifre che riguardano sia il patrimonio pubblico e privato che le attività produttive.

Proposte e esempi virtuosi

Secondo Legambiente per avere città più resilienti è importante avviare una serie di interventi mirati, per questo nel suo decalogo propone: l’approvazione del Piano nazionale di adattamento al clima che deve avere come priorità la messa in sicurezza delle città più a rischio; l’elaborazione dei Piani Clima delle città più a rischio e il rafforzamento del monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti climatici, con specifica attenzione alle aree urbane.

Tra gli altri interventi, l’associazione ambientalista chiede di introdurre la chiave dell’adattamento al clima nella pianificazione di bacino e negli interventi di messa in sicurezza dei fiumi nelle aree urbane; di stabilire una regia unica per gli interventi sulla costa; introdurre il tema dell’adattamento nella progettazione, valutazione e gestione delle infrastrutture; approvare delle Linee Guida per l’utilizzo di materiali che riducono l’impatto dei cambiamenti climatici all’interno dei quartieri. Approvare dei piani di monitoraggio e tutela degli ecosistemi più delicati rispetto ai cambiamenti climatici nel territorio italiano. Avviare una politica di delocalizzazione degli edifici a rischio, monitorare e tutelare le misure di vincolo con l’obiettivo di evitare l’insediamento di nuovi elementi a rischio in aree allagabili.

Accanto agli interventi, è poi importante replicare le buone pratiche già in atto in altre città: mettere in sicurezza un fiume, restituire spazi alla natura e alla fruizione dei cittadini, creare quartieri vivibili grazie agli alberi e all’acqua, a materiali naturali che permettono di ridurre l’effetto isole di calore, eccetera.

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