La Svizzera abbandona il nucleare e punta su rinnovabili ed efficienza energetica

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Nella consultazione di ieri, il 58% ha votato “sì”. Gli svizzeri hanno deciso: transizione alle rinnovabili, abbandono graduale di energia atomica e combustibili fossili, diminuzione dell'import di energia e una forte riduzione dell’uso di energia pro capite, verso la “società a 2000 Watt”.

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Ieri, 21 maggio 2017, il 58% dei votanti svizzeri hanno detto “sì” nel referendum sulla “Legge sull’energia” che definisce il primo di due blocchi di riforme per attuare la  “Strategia energetica 2050” del governo e del Parlamento.

I suoi obiettivi sono: la transizione alle energie rinnovabili, l’abbandono graduale dell’energia atomica e dei combustibili fossili, la diminuzione delle importazioni di energia (attualmente il 75% di quella usata) e una forte riduzione dell’uso di energia pro capite.

Quest’ultimo è il target più ambizioso, perché mira a riportare entro il 2050 l’uso pro capite di energia al livello degli anni ’60 del secolo scorso, senza però diminuire la prosperità materiale.

Questa dovrebbe anzi continuare a crescere – insieme anche al prodotto lordo –  grazie all’aumento dell’efficienza energetica. Fare più con meno diventerebbe infatti possibile con l’innovazione di tecnologie, infrastrutture, organizzazione sociale e comportamenti individuali.

E’ solo dopo anni di consultazione e discussione con tutte le parti sociali che il Governo e il Parlamento della Svizzera hanno approvato la complessa “Strategia energetica 2050“.

Nel dettaglio, la legge federale svizzera LEne (in allegato in basso) prevede la chiusura dell’ultima centrale nucleare nel 2034, mentre le grandi centrali idroelettriche esistenti riceveranno sussidi temporaneamente.

Per quanto riguarda l’efficienza energetica, saranno estesi gli sgravi per gli interventi in edilizia e inasprite le norme sui consumi dei veicoli a motore e degli apparecchi elettrici.

Saranno inoltre prolungati gli incenti per le rinnovabili, fotovoltaico compreso: quelli in conto energia fino al 2022 e quelli in conto capitale fino al 2030 (vedi QualEnergai.it,  Fotovoltaico, il mercato svizzero attende il referendum di maggio). Questi  incentivi continueranno ad essere finanziati con il “supplemento rete” in bolletta, accresciuto dagli attuali 1,5 a 2,3 centesimi di franco per kWh con un introito supplementare previsto in circa 480 milioni di franchi all’anno. Un quarto di questa cifra, 120 mln franchi, sarà destinato ai citati sussidi per le centrali idroelettriche.

L’obiettivo della Strategia Energtica 2050 è ridurre il consumo procapite attraverso l’efficienza del 3% al 2020 e del 18% al 2050 e accrescere la produzione da rinnovabili dagli 1,7 TWh del 2015 a 4,4 TWh nel 2020 e 24,2 TWh nel 2050.

All’origine della strategia svizzera  c’è lo scenario di una “società a 2000 watt”, secondo il quale l’attuale società a 6000 watt (immaginate 60 lampadine da 100 watt sempre accese pro capite) dovrebbe ridurre di due terzi l’uso di energia primaria pro capite.

Duemila watt sono approssimatamene il flusso continuo di potenza pro capite usato in Europa negli anni ’60 per tutti i servizi energetici, non solo quelli elettrici, con tutte le fonti di energia (fossili, idroelettriche, atomiche, biomasse). In un anno, 2000 watt di potenza equivalgono all’energia di 1,5 tonnellate equivalenti di petrolio (o 60 gigajoule, o 18 000 kWh). In confronto: in Bangladesh si usano 500 watt, in Europa 6.000, in USA 12.000).

Lo scenario di una società a 2000 watt è stato elaborato dal 1998 dal Politecnico federale di Zurigo, insieme al Politecnico federale di Losanna e alle sei maggiori istituzioni scientifiche e tecnologiche svizzere. Il governo elvetico lo conferma come cardine della politica elvetica nella sua Strategia per lo sviluppo sostenibile 2016-2019 come già fece nelle strategie del 2002, 2008 e 2012.

A Zurigo, l’obiettivo di una società a 2000 watt è stato scritto nella Costituzione della città con il referendum del 31.11.2008 (76% i voti favorevoli). Anche altri cantoni, centinaia di Comuni, e molte associazioni tecniche e professionali, per esempio la SIA, Società degli Ingegneri e Architetti, hanno adottato questo scenario.

“Il significato del referendum svizzero – scrive in una mail a QualEnergia.it il professor Marco Morosini senior scientist in sviluppo sostenibile al Politecnico federale di Zurigo – va al di là dei confini elvetici. Voler accrescere il benessere riducendo l’uso di energia vuol dire invertire la rotta energetica seguita fino ad ora nello sviluppo della civiltà.”

“Per millenni, infatti – prosegue Morosini –  l’aumento dell’uso di energia è stato il presupposto per l’aumento della prosperità, della longevità e della popolazione. Questo processo si è accelerato nel ‘900 grazie alla sinergia tra metodo scientifico e combustibili fossili. Nuovi scienziati e tecnici hanno imparato a estrarre e sfruttare più carbone, petrolio e gas. Ciò ha permesso di trasferire più lavoro umano dall’agricoltura all’industria, alla scienza e alla tecnica. Questo fenomeno, a sua volta, ha permesso di imparare ad estrarre e bruciare ancora più combustibili fossili e di sviluppare tecnologie per usare sempre più energia, per esempio l’energia idroelettrica, quella atomica, e ultimamente le tecnologie per le energie rinnovabili”.

“Si è così creata una spirale d’intervento umano sulla natura – aggiunge Morosini – che ha trascurato i propri effetti collaterali. Solo da mezzo secolo quella stessa comunità scientifica che aveva accelerato questo processo si dedica a studiarne le conseguenze indesiderate, per esempio il cambiamento climatico, e a proporre rimedi. Per l’insieme delle conseguenze globali di questa spirale energetica gli scienziati hanno coniato il termine di Antropocene, ovvero l’era geologica nella quale le attività umane sono diventate una delle principali forze che influenzano molti equilibri geologici e biologici del Pianeta.”

Concepito da fisici e tecnologi, lo scenario di una società a 2000 watt è in genere percepito come una transizione tecnica indolore, che richiede una più veloce adozione delle tecnologie più efficienti che già conosciamo, da ottenere con più efficaci politiche pubbliche, e con un nuovo dinamismo economico e finanziario orientato alla transizione ecologica.

“Altri, anche io tra costoro –  commenta Morosini – ritengono invece che, in un’era di consumismo esasperato, di pubblicità dilagante e di rapida espansione di desideri non saturabili, si pensi alle tecnologie dell’informazione, i guadagni di efficienza ottenuti dagli ingegneri dell’energia siano annullati dall’aumento dei consumi perseguito dagli ‘ingegneri dei desideri’ e da quelli della finanza. In questo caso quindi, una riduzione dell’uso di energia richiederebbe una strategia non solo di efficienza, ma anche di sufficienza, ovvero di riduzione volontaria di una parte del flusso di prodotti e di servizi che oggi ci sembrano indispensabili.”

Un’analisi e una riflessione che sarebbe importante fare anche alla luce della nostra nuova Strategia energetica Nazionale.

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