Batterie per il fotovoltaico, uno sguardo all’evoluzione di prezzi e tecnologie

Riprendiamo e aggiorniamo la breve guida all’acquisto del 2016, con i dati più recenti su costi e caratteristiche degli accumulatori elettrochimici per gli impianti FV domestici. Gli aspetti più importanti da valutare prima di scegliere il dispositivo più adatto alle proprie esigenze.

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Nella mente di chi ha investito – o vorrebbe investire – nel fotovoltaico residenziale spesso rimbalzano parecchie domande che riguardano l’indipendenza energetica.

Conviene installare un sistema di accumulo? Quanto costano le batterie e in quanto tempo avrò ripagato la spesa? A quali caratteristiche è bene prestare attenzione, prima di scegliere il dispositivo? L’anno scorso sul nostro sito avevamo pubblicato una breve guida all’acquisto.

Vediamo allora quali aggiornamenti ci sono rispetto al 2016, dopo aver chiesto indicazioni e consigli ad alcuni installatori, ricordando però che l’energy storage domestico è un settore in rapida e costante evoluzione, con prezzi e prestazioni suscettibili di variare anche a distanza di pochi mesi.

Piombo vs Litio

Le batterie più vendute, spiegano gli esperti interpellati, sono quelle al litio, che fanno il 70% circa del mercato complessivo, con il restante 30% costituito dai dispositivi al piombo-gel.

Gli apparecchi al piombo sono più economici, è vero, ma sul piatto della bilancia dobbiamo considerare che durano molto meno e che sono più ingombranti. Inoltre, queste batterie garantiscono buone prestazioni solo con una profondità di scarica (DOD, Depht of Discharge) del 50% circa. In altre parole, devono mantenere almeno metà della loro capacità di accumulo nominale, di conseguenza per avere 5 kWh “reali” occorre installare un sistema da 10-11 kWh.

Passando ai prezzi, ipotizziamo di abbinare l’accumulo al classico solare FV su tetto da 3 kW. La taglia consigliata e anche la più richiesta, considerando il litio, è pari a 5,5 kWh utili e 6 kW nominali, perché le batterie di questo tipo possono funzionare fino a una profondità di scarica del 90% circa.

Quali sono i prezzi

La forchetta di costo per un sistema completo “chiavi in mano” che comprende non solo la batteria, ma anche l’inverter e tutti gli altri componenti elettronici, oscilla tra 750-800 e 1.100-1.200 €/kWh secondo gli installatori che abbiamo interpellato.

Il dato è che in molte circostanze possiamo collocare l’investimento al di sotto dei 1000 euro al kWh tutto compreso, cui caricare un 5-10% di extra costi per eventuali servizi aggiuntivi come le estensioni di garanzia e gli interventi di manutenzione e assistenza. L’accumulo in totale ci costerà sui 5000-6.500 euro, inteso per l’appunto come prezzo finale al cliente.

Nel caso del piombo, invece, la forchetta è assai più economica, perché parliamo di 300-400 €/kWh sempre con formule all inclusive.

Per dare un’idea di una batteria molto nota Tesla Powerwall 1 da 7 kWh da alcuni rivenditori si trova a poco più di 8.000 euro più Iva, ma la Powerwall 2 da 14 kWh, che ha sostituito la precedente, sul sito Tesla è offerta da 7.000 euro (tasse incluse), cui dobbiamo sommare i costi medi d’installazione, stimati dall’azienda in 950-2.300 euro.

Guardando alle batterie Sonnen, che si contraddistinguono per la loro elevata flessibilità (vedi anche QualEnergia.it sulle comunità del solare in rete), un operatore le proponeva a 7.600 euro, prezzo finale tutto incluso – installazione, allaccio alla rete, iter burocratico – per il modulo base da 2 kWh, più 2.000 euro per ogni “pacchetto” aggiuntivo della stessa capacità nominale.

Va detto che chiedendo preventivi agli installatori, è facile imbattersi in sconti e promozioni di vario tipo, quindi i listini sono molto variabili e bisogna anche prestare attenzione alle voci effettivamente previste dalle formule “chiavi in mano”.

Un altro punto che vale la pena ricordare: l’acquisto degli accumulatori rientra nel bonus fiscale del 50% previsto per gli interventi di risparmio energetico in edilizia, a patto che tale acquisto, come aveva chiarito una nota dell’Agenzia delle Entrate, sia contestuale o successivo a quello dell’impianto fotovoltaico.

Infine, ricordiamo che le batterie più diffuse sono quelle monodirezionali: significa che si possono caricare solo dal fotovoltaico e non richiedono un contatore aggiuntivo, al contrario dei dispositivi bidirezionali che si caricano anche dalla rete.

I sistemi di accumulo, inoltre, possono essere “lato produzione”, cioè installati tra l’impianto FV e l’inverter, o “post-produzione”, quindi collocati a valle dell’inverter per i pannelli solari. Nel primo caso, quindi, si può utilizzare l’inverter del sistema fotovoltaico, se compatibile.

Incentivi e norme di connessione

Gli impianti collegati alle reti di distribuzione in bassa o media tensione, come il nostro piccolo impianto fotovoltaico su tetto da 3 kW, possono sempre essere abbinati a un accumulatore elettrochimico mantenendo gli incentivi, con una sola eccezione, quelli di potenza inferiore a 20 kWp che ricevono le tariffe del primo conto energia.

È però indispensabile scegliere un sistema conforme alle norme di connessione CEI 0-21 e CEI 0-16, rispettivamente per gli impianti in bassa e media tensione.

Inoltre, bisogna rispettare quanto stabilito dall’Autorità per l’Energia nelle delibere 574/2014 e 642/2014, oltre alle regole tecniche pubblicate in seguito dal GSE (vedi QualEnergia.it).

Tempi di ritorno

Per quanto riguarda una corretta analisi economica sui tempi di ritorno dell’investimento nelle batterie, rimandiamo agli articoli tratti dai calcoli eseguiti da RSE, incrociando le diverse variabili da considerare tra cui potenza dell’impianto, taglia dell’accumulatore, consumi medi annui, profilo dei consumi e quota di autoconsumo, scambio sul posto, eccetera.

A maggio del 2016 avevamo pubblicato una sintesi dei ricercatori RSE, che stimava un payback time di circa 8 anni, solo nei casi più favorevoli per chi avrebbe installato dispositivi al litio con consumi superiori a 4.000 kWh l’anno.

Ma come abbiamo visto i prezzi di riferimento si sono già abbassati negli ultimi mesi, anche se i benefici economici restano ancora complicati da giustificare per attenderci una immediata esplosione di mercato della tecnologia.

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