Mille km con l’auto elettrica? Forse con una nuova batteria

Il Fraunhofer Institute sta sviluppando un dispositivo al litio basato su elettrodi bipolari con speciali materiali ceramici. Questa tecnologia consente di sovrapporre molte più celle energetiche in poco spazio, eliminando cavi e connettori. L’obiettivo è estendere l’autonomia dei veicoli a zero emissioni.

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Una batteria al litio che può estendere l’autonomia dell’auto elettrica fino a mille chilometri?

Sembra più una battuta di quasi-fantascienza che un obiettivo realistico, considerando lo stato attuale della tecnologia, eppure il Fraunhofer Institute sta lavorando proprio in questa direzione.

Il problema, evidenzia una nota dell’istituto tedesco, è dato dal peso e soprattutto dall’ingombro delle batterie sviluppate finora, perché sono composte da centinaia o addirittura migliaia di celle individuali, con altrettanti alloggiamenti che contengono cavi, sensori e contatti di vario tipo.

Il risultato è che oltre metà dello spazio è occupato da tutti questi elementi, così le celle non possono essere “impacchettate” nel modo migliore: in altre parole, la densità energetica complessiva della batteria è molto inferiore a quella che si potrebbe ottenere attraverso una progettazione più attenta e razionale.

Il Fraunhofer Institute for Ceramic Technologies and Systems (IKTS), in collaborazione con altri partner, ha ideato un nuovo disegno, dove le singole celle sono impilate direttamente una sull’altra su una data superficie, eliminando così le strutture superflue.

EMBATT (Chassis Embedded Energy) è l’acronimo del progetto che coinvolge anche ThyssenKrupp System Engineering e IAV Automotive Engineering.

Grazie al contatto diretto tra le varie celle, spiegano gli esperti tedeschi, la corrente fluisce sull’intera superficie della batteria, riducendo sensibilmente le resistenze elettriche che si generano nelle connessioni tra ogni “pacchetto” nelle batterie tradizionali, con conseguenti perdite di potenza.

A parità di spazio disponibile in una vettura, quindi, è possibile inserire molte più celle rispetto a quanto avviene ora; quindi le prestazioni del veicolo sono destinate a migliorare, con maggiore potenza e più autonomia tra una ricarica e l’altra.

Il cuore della nuova batteria è costituito da un elettrodo bipolare, una sorta di nastro metallico rivestito su entrambi i lati da un mix di materiali ceramici, polimeri e materiali a elevata conduttività elettrica.

Secondo Mareike Wolter, project manager del Fraunhofer IKTS, questi elettrodi sono in grado di assorbire/rilasciare energia molto rapidamente. I ricercatori sono convinti che tra qualche anno la batteria integrata farà percorrere fino a un migliaio di chilometri alle auto elettriche, molto più di quanto sia possibile con le celle al litio esistenti.

In realtà i modelli Tesla arrivano già intorno a 400 km di autonomia dichiarata, ma parliamo di vetture di lusso particolarmente costose. La sfida è lanciare sul mercato un’auto a zero emissioni con elevata autonomia e un costo equiparabile alle motorizzazioni benzina-diesel di pari categoria.

Il colosso di Elon Musk sta cercando di ridurre i prezzi delle batterie attraverso le economie di scala, grazie soprattutto alle super-fabbriche costruite o progettate in varie parti del mondo (vedi anche QualEnergia.it).

Sono sempre di più le aziende interessate a costruire gigafactory per abbattere i costi produttivi dei dispositivi al litio per la mobilità elettrica e i sistemi di accumulo: pensiamo per esempio a Samsung SDI, LG Chem, BMZ e più di recente alla start-up svedese Northvolt-SGF Energy, guidata da due ex dirigenti Tesla.

Per il momento, l’istituto Fraunhofer è riuscito a passare dai test iniziali di laboratorio – definiti “positivi” – alla produzione su scala-pilota degli elettrodi bipolari, sfruttando le sue competenze nell’ambito dei materiali ceramici. Questi elettrodi sono progettati per occupare poco spazio, immagazzinare molta più energia ed essere facili da realizzare.

Il prossimo passo, termina la nota, prevede lo sviluppo di batterie più grandi e la loro installazione sulle auto elettriche, per poi testarle in condizioni reali di utilizzo dal 2020 in poi.

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