Dalla casa alla città, il web delle cose renderà tutto più “smart”?

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Mercato in forte crescita in Italia per gli "oggetti connessi", anche se il boom è influenzato dall’obbligo normativo di sostituire i vecchi contatori del gas con quelli “intelligenti”. Qualche esempio di Internet of Things applicato ad edifici e centri urbani, per scoprire da vicino come funziona il mondo IoT.

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Con un mercato che in Italia ha raggiunto 2,8 miliardi di euro nel 2016, segnando un +40% rispetto ai dodici mesi precedenti, è facile parlare di boom del cosiddetto “Internet of Things” (IoT).

Parliamo di oggetti connessi che promettono di semplificare molti aspetti della nostra vita, ad esempio la gestione della casa e la fornitura di servizi ai cittadini.

Non si contano più i neologismi coniati per descrivere il mondo “intelligente” del futuro: smart building, smart city, smart logistics, smart metering e così via.

Allora abbiamo chiesto a Giulio Salvadori, Ricercatore dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, di spiegare cosa si nasconde dietro questi dati, quali sono le caratteristiche e le potenzialità dell’IoT, con un occhio di riguardo all’energia.

Una premessa: IoT è una definizione elastica, perché include diversi dispositivi, dai più semplici ai più evoluti secondo determinate funzioni, tra cui controllo e monitoraggio dei dati, rilevazione di parametri come la temperatura e la pressione, possibilità di comandi remoti, geo-localizzazione.

Il web delle cose è costituito da oggetti che hanno un codice identificativo digitale: di conseguenza, possono comunicare tra loro in rete.

La crescita “reale” del mercato registrata lo scorso anno, precisa Salvadori, «va depurata dall’effetto della normativa, che impone la sostituzione di 11 milioni di vecchi contatori del gas entro il 2018 con quelli di ultima generazione, in grado di comunicare i consumi in tempo reale alle utility. Il dato quindi sarebbe un +23/24% in confronto al 2015, escludendo i contatori».

La casa connessa o smart home, prosegue l’esperto del Politecnico, offre grandi potenzialità ancora inespresse, anche perché le grandi utility, e nemmeno tutte, stanno entrando solo ora in questo settore.

IoT a casa: come e perché

Ecco qualche esempio di IoT applicato alla casa: «Possiamo partire da un termostato, che nella versione semplificata consente di accendere/spegnere l’impianto di riscaldamento a distanza, mentre gli apparecchi più complessi, dopo un periodo di autoapprendimento di 1-2 mesi, riescono a regolare automaticamente le temperature interne secondo le nostre abitudini, perché funzionano con algoritmi che analizzano anche le temperature esterne e le previsioni meteorologiche».

Possiamo aggiungere, racconta Salvadori, «delle prese elettriche intelligenti per collegare uno o più elettrodomestici e monitorare istantaneamente i consumi energetici, anche se per il momento le applicazioni sono un po’ carenti sul versante dei servizi e dei consigli pratici su come risparmiare energia».

Sarebbe utile che un’applicazione, ad esempio, visualizzasse il consumo in kWh della lavatrice e poi traducesse quel numero in euro per monetizzare il ciclo di lavaggio, inviando magari un feedback sul corretto o scorretto utilizzo dell’elettrodomestico, a patto ovviamente che l’utente abbia accettato di condividere tutti i dati con il fornitore di energia.

Il Politecnico di Milano, spiega poi Salvadori, ha provato a calcolare sulla carta quanto potrebbe risparmiare una famiglia tipo che consuma 2.700 kWh l’anno, dopo aver installato un pacchetto base di oggetti connessi, quindi un po’ di prese e lampadine, un termostato e magari uno o due elettrodomestici smart, per un investimento complessivo da 800-1.000 euro in su.

I ricercatori hanno stimato che la bolletta potrebbe alleggerirsi di circa 80-100 euro l’anno, con l’avvertenza che si tratta di un calcolo puramente teorico, che può variare sensibilmente da un’abitazione all’altra; molto dipende, infatti, dalle abitudini personali (quanto tempo trascorriamo in casa, in quali ambienti, eccetera), oltre che dalle prestazioni energetiche dell’edificio.

Il punto, che abbiamo evidenziato in altre occasioni (vedi l’intervista all’ing. Francesco Romanello di ENEA) è che per misurare i vantaggi della smart home bisogna andare oltre il risparmio energetico, considerando fattori come la sicurezza e il livello di benessere.

Il tempo di ritorno dell’investimento, in altri termini, da solo non sempre potrebbe giustificare l’acquisto dei nostri optional di domotica.

Illuminazione pubblica e la ricerca dei parcheggi

Che cosa succede, invece, se allarghiamo lo sguardo alla città intelligente?

Il problema, spesso, è dato dalla domanda, perché le pubbliche amministrazioni hanno vincoli di bilancio, oppure ottengono finanziamenti per avviare delle sperimentazioni che però rimangono isolate.

L’illuminazione, chiarisce Salvadori, risente un po’ meno di queste difficoltà, «perché i progetti incidono direttamente sui consumi elettrici e gli investimenti si ripagano generalmente entro 4-5 anni. Inoltre, ci sono meccanismi di finanziamento che permettono ai Comuni di non sborsare nemmeno un euro, attraverso le società di servizi energetici».

L’IoT urbano potrebbe rivoluzionare molti servizi, pensiamo ad esempio ai parcheggi. L’idea è “sensorizzare” gli stalli: un sensore nell’asfalto per ogni spazio, con un gateway ogni 100-200 stalli per raccogliere e ritrasmettere i dati, creando così una rete capace di dialogare con i display delle vetture, guidando gli automobilisti verso il parcheggio disponibile più vicino.

Il Politecnico ha stimato che se Milano installasse dei sensori su tutte le strisce blu, taglierebbe ogni anno circa 40.000 tonnellate di CO2 emesse nell’atmosfera, grazie al decongestionamento del traffico degli automobilisti a caccia di un posto libero. L’ostacolo qui è il costo ancora elevato della tecnologia: parliamo di 80-100 euro a sensore.

Il rimedio potrebbe arrivare da una migliore gestione delle soste e delle eventuali multe, installando colonnine intelligenti per rilevare i mancati pagamenti, anche se finora esiste solo qualche limitata sperimentazione in Olanda e Germania di sistemi così integrati.

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