Nel decreto “misure urgenti” un regalo da 300 milioni alle piattaforme petrolifere?

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La sentenza della Cassazione che aveva stabilito l'imponibilità delle piattaforme petrolifere potrebbe essere cancellata da una norma di interpretazione autentica, inserita nel decreto legge di correzione dei conti pubblici.

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Almeno 300 milioni di euro destinati a Stato, Regioni e Comuni in tutta Italia rischiano di non arrivare mai nelle casse: parliamo di tasse sulle circa 120 piattaforme petrolifere italiane.

La Cassazione, infatti, aveva stabilito l’imponibilità delle piattaforme petrolifere con la sentenza 3618 del 24 febbraio 2016 (le strutture dovevano essere accatastate nella categoria D/7). Secondo tale pronuncia, le piattaforme dovevano pagare l’imposta locale sugli immobili come qualsiasi altra officina, magazzino o attività commerciale.

Ma ora la sentenza potrebbe essere cancellata da una norma di interpretazione autentica che sembrerebbe abolire le pretese riconosciute ai Comuni.

La norma, secondo notizie di stampa, dichiarerebbe non imponibili le piattaforme in quanto queste non costituirebbero fabbricati iscrivibili in catasto e sarebbe inserita nel decreto legge di correzione dei conti pubblici, recante “Misure urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi in favore delle zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 aprile e di imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Tutto il contrario di quanto sostenuto ripetutamente dalla Cassazione. “Si tratta di un’interpretazione certamente foriera di un ulteriore contenzioso, che mette a rischio la posizione dei Comuni sedi di piattaforme petrolifere, impegnati nella definizione, spesso bonaria, delle somme dovute dalle società petrolifere per l’Ici e l’Imu del periodo 2011-2016”, viene spiegato in nota dell’Anci.

“In molti casi – prosegue Anci  – sono state le società stesse a rivedere la propria posizione e a pagare ai Comuni quanto dovuto in via stragiudiziale, in altri casi invece sono in corso di pagamento le somme non corrisposte in forza di provvedimenti giurisdizionali”.

Si tratta in genere di somme che sono già acquisite o considerate nei bilanci degli enti locali.

“Disconoscere a colpi di interpretazioni autentiche un diritto più volte confermato è un inaccettabile atto di forza che stravolge puntuali pronunciamenti della Cassazione e mette in grave difficoltà non solo la certezza nell’applicazione delle imposte comunali sugli immobili, ma anche gli equilibri finanziari di decine di enti”, spiega l’associazione dei Comun, che conclude: “auspichiamo che tali notizie siano smentite e che si possa confrontarsi come Anci chiede da tempo per definire una soluzione normativa ragionevole”.

Contro la norma hanno preso la parola con una lettera al Presidente del Consiglio (qui in pdf), anche diversi parlamentari PD e MDP.

Ricordiamo che il dipartimento delle Finanze aveva inizialmente motivato la scelta di non far pagare IMU e TASI alle piattaforme petrolifere, non tanto perché “imbullonati” e quindi esenti, ma per la loro assenza dal Catasto, visto che a inventariarle è l’Istituto idrografico della Marina, e di conseguenza per portarle sotto il raggio di Imu e Tasi servirebbe “l’ampliamento del presupposto impositivo dell’Imu e della Tasi”.

Una sentenza della Suprema Corte aveva invece, precedentemente, dato ragione al Comune di Pineto che aveva chiesto all’Eni 33 milioni di Ici per gli anni 1993-1998, con sanzioni e interessi per la piattaforma collocata di fronte alla costa.

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