Eurelectric decide lo stop a nuove centrali a carbone dal 2020

Sono sempre di più le utility che annunciano il loro disimpegno dalle fonti fossili e dal nucleare, aumentando gli investimenti nelle fonti rinnovabili. Dopo Vattenfall ecco i piani della francese Engie: uscita dall’atomo in Gran Bretagna e crescita del portafoglio eolico e solare.

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Stop alla costruzione di nuove centrali a carbone dal 2020: con questo annuncio, Eurelectric si schiera con maggiore determinazione a favore delle fonti rinnovabili.

L’associazione, che rappresenta più di 3.500 compagnie del settore elettrico in Europa, chiarisce una nota ufficiale, intende agire concretamente per sviluppare un’economia a basso contenuto di CO2, come previsto dagli accordi di Parigi.

“Le tecnologie elettriche – afferma Eurelectric – sono la scelta più ovvia per rimpiazzare i combustibili fossili, per esempio nei trasporti, così da ridurre le emissioni di anidride carbonica”. Elettrificazione a tutto campo, quindi, sfruttando un mix delle fonti di generazione che sta diventando sempre più pulito, grazie alla diffusione crescente delle energie rinnovabili.

Non a caso, proprio oggi l’associazione ha pubblicato un documento (allegato in basso) con tutte le osservazioni sulla proposta legislativa della Commissione europea per riformare la direttiva sulle rinnovabili, il cosiddetto Clean Energy Package.

Tra i messaggi-chiave leggiamo, ad esempio, il pieno supporto all’integrazione delle tecnologie verdi nel mercato elettrico con l’obiettivo del 27% di energia green al 2030, oltre al rafforzamento del sistema ETS (Emissions Trading Scheme) per favorire gli investimenti in efficienza e produzione low carbon.

Decarbonizzare il sistema energetico europeo, quindi, è la strada obbligata per un numero sempre maggiore di utility, che si trovano in bilico tra strategie di “conservazione dell’esistente”, in particolare gli impianti fossili e nucleari, e aperture alla generazione distribuita con il ruolo attivo dei clienti-produttori di energia (prosumer), al progressivo smantellamento delle centrali più obsolete. Obiettivo è evitare il rischio rappresentato da futuri stranded asset, infrastrutture decadenti e non più remunerative (vedi anche QualEnergia.it).

Di recente abbiamo parlato dei cambiamenti di Vattenfall, il colosso svedese che ha deciso un progressivo disimpegno dalle fonti fossili, aumentando invece gli investimenti nell’eolico offshore e nel fotovoltaico abbinato a sistemi di accumulo elettrochimico.

Abbandonare il carbone non sarà impresa facile e scontata, perché molte utility certamente difenderanno strenuamente i loro impianti, cercando di portarli a fine vita nonostante la concorrenza delle altre fonti di generazione elettrica e i maggiori impatti ambientali, soprattutto se continuerà a mancare uno schema efficace di carbon pricing a livello europeo.

Polonia e Grecia, peraltro, sono le uniche due nazioni che hanno rifiutato l’intesa delle altre utility europee per non costruire nuove centrali dal 2020 in poi.

Intanto anche il colosso francese Engie (ex GDF-Suez) ha annunciato un paio di svolte nei suoi piani di sviluppo, orientandoli maggiormente verso le rinnovabili.

Il primo punto è l’acquisizione del 41% di La Compagnie du Vent da Soper, arrivando così a detenere il 100% della società – la quota di maggioranza era stata acquisita da Acciona diversi anni fa – che in Francia possiede impianti eolici per 423 MW e parchi solari per 88 MW.

Il secondo punto è la decisione di abbandonare la joint-venture NuGen (60% Toshiba, 40% Engie), che era stata creata nel 2009 per un futuro massiccio investimento – dai 13 ai 15 miliardi di sterline – nel nucleare inglese. Si trattava, infatti, di realizzare tre reattori Westinghouse AP 1000 in una località presso Sellafield, nel nord-ovest dell’Inghilterra, con una potenza totale installata di 3.500 MW.

Engie però ha fatto valere la clausola contrattuale che le avrebbe consentito, in determinate circostanze, di cedere a Toshiba la sua quota in NuGen, abbandonando così il progetto dell’atomo in Gran Bretagna.

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