Autoconsumo rinnovabili, ostacoli e sfide da cogliere per accelerare il cambiamento

Sono tante e importanti le ragioni per cui vale la pena porre attenzione alle scelte necessarie per aiutare chi autoproduce l'energia elettrica e termica di cui ha bisogno per risparmiare con l'autoconsumo. È pronto il nostro sistema energetico? Quali sono gli ostacoli e come superarli?

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L’autoproduzione sta prendendo uno spazio di crescente attenzione nel dibattito sul futuro dell’energia. La ragione è nelle opportunità che si stanno aprendo grazie alla riduzione dei costi delle tecnologie che permette di guardare in modo nuovo al rapporto tra produzione, distribuzione e consumo di energia da fonti rinnovabili.

In Italia sono diverse le ragioni per esaminare questa prospettiva con attenzione. La prima, e forse più urgente, riguarda l’obiettivo di far ripartire le installazioni di fonti rinnovabili, dopo lo stop degli ultimi anni, attraverso strade diverse dal passato.

La seconda, di prospettiva, sta nel fatto che attraverso l’autoproduzione si potrebbero innescare processi d’innovazione particolarmente interessanti che riguardano le città, gli edifici e la mobilità, perché pensati dentro una gestione integrata di produzione e gestione dell’energia. Ossia uno scenario nel quale impianti da fonti rinnovabili, reti intelligenti, impianti di accumulo, auto elettriche non siano più pezzi separati ma tasselli di un mosaico che, tra l’altro, renderebbe possibile lo spostamento dei consumi verso il vettore elettrico.

Infine, una terza che motiva l’attenzione a uno scenario di cambiamento in cui sono protagonisti i prosumer (produttori-consumatori) sta nel fatto che sono un pilastro del nuovo pacchetto Energia e Clima della commissione Ue, che prevede di eliminare ogni forma di restrizione nell’autoconsumo e nella remunerazione per l’energia che cedono alla rete.

Insomma, sono tante e importanti le ragioni per cui vale la pena porre attenzione alle scelte necessarie per aiutare tutti quelli che riescono ad autoprodurre l’energia elettrica e termica di cui hanno bisogno, di distribuirla localmente e di spingere i progetti che permettono a famiglie, condomini, imprese di ridurre gli approvvigionamenti dalla rete.

Le barriere all’autoproduzione

È pronto il nostro sistema energetico a un cambiamento di questa portata? Dal punto di vista delle risorse rinnovabili diffuse nel territorio italiano e delle competenze come della domanda di cittadini e imprese, assolutamente sì. Il problema è che il quadro normativo è complicato e contradditorio e spinge in tutt’altra direzione. Addirittura si sono introdotte penalizzazioni nei confronti dell’autoconsumo, con la riforma delle tariffe elettriche, e si vieta la distribuzione locale di energia da fonti rinnovabili persino negli edifici e nei distretti produttivi.

Attenzione però, in alcuni Comuni delle Alpi questa prospettiva è già in campo, anche se in pochi se ne sono accorti, perché utilizza regole introdotte ai primi del Novecento per le cooperative energetiche. Ma è solo in quei territori, malgrado questa possibilità abbia portato a innovazioni nella gestione delle reti e nella produzione da fonti rinnovabili di grandissimo interesse, che hanno ridotto i costi delle bollette, come racconta il Rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente.

L’esempio più efficace sono i Comuni altoatesini già al 100% rinnovabili ­ da Prato allo Stelvio a Campo Tures­, che gestiscono le reti elettriche e termiche, con cooperative di distribuzione, a prezzi molto più bassi del resto d’Italia. Nelle altre regioni italiane questi interventi sono vietati per legge; può sembrare incredibile ma è vietato perfino in un condominio installare un impianto solare e distribuire l’energia elettrica a chi vive sotto. Com’è vietato in un distretto produttivo condividere l’energia elettrica prodotta da rinnovabili tra aziende che sono vicine.

Non solo, questa prospettiva è fieramente avversata dall’Autorità per l’energia elettrica, con la tesi che se andasse avanti si metterebbe in crisi il sistema, determinando problemi di sicurezza per la rete e di riduzione degli oneri pagati attraverso le bollette, perché si ridurrebbe il numero dei soggetti allacciati alla rete.

È del tutto evidente che sono scuse, perché non esiste alcun problema di sicurezza e la questione degli oneri è facilmente risolvibile in una prospettiva di crescita della mobilità elettrica e di rinnovamento in edilizia che sposta i consumi dal gas alle rinnovabili elettriche. Invece, quello che si vuole impedire, è che questa prospettiva vada avanti.

Non è con tasse, divieti o con la guardia di Finanza che si può fermare un cambiamento che sta diventando realtà in tutto il mondo grazie all’innovazione e alla riduzione dei costi dei pannelli fotovoltaici e che è nell’interesse di famiglie e imprese. Altrimenti la conseguenza sarà che sempre più utenze sceglieranno di staccarsi dalla rete, diventando autonome con impianti da rinnovabili e batterie, come si sta profilando in California attraverso le soluzioni a basso costo proposte dalla Tesla per le auto elettriche e l’accumulo.

I vantaggi? Ridurre i 34 miliardi di bolletta energetica italiana, spesi per importare fonti fossili, e aiutare famiglie e imprese a risparmiare e prodursi da soli l’elettricità e il calore di cui hanno bisogno, riducendo inquinamento e emissioni di gas serra. serra. Non ultimo, in questa prospettiva si crea più lavoro, perché in un modello distribuito si sposta il baricentro verso la gestione e manutenzione con vantaggi per i territori, spingendo investimenti in ricerca e innovazione.

Spingere il nuovo scenario energetico

È arrivato il momento di aprire un confronto pubblico in merito alle scelte che riguardano la prospettiva di una generazione sempre più distribuita e innovativa, perché capace di autoprodurre energia, di accumularla e di scambiarla con la rete.

La strada oramai è segnata con le decisioni che si stanno assumendo a Bruxelles e sarebbe davvero folle non aprire a una visione che potrebbe mettere le imprese italiane all’avanguardia a livello mondiale, con la possibilità di esportare queste innovazioni nel mondo.

Il primo banco di prova per questa discussione politica – perché il tema davvero mette di fronte due visioni del futuro dell’energia (centralizzata o distribuita) -, sarà la Strategia Energetica Nazionale (Sen) che il governo ha annunciato per la prossima primavera. Quel documento dovrà fissare i paletti per un cambiamento delle regole che permetta di cancellare le barriere oggi presenti.

Quello che è certo è che nel 2017 si hanno tutte le competenze per rispondere agli allarmi lanciati dall’Autorità per l’energia sulla sicurezza del sistema, ma anche sulla riduzione delle risorse per gli oneri di sistema. Sono questioni facilmente risolvibili dentro uno scenario davvero nuovo, nel quale possono crescere i consumi elettrici perché si spostano verso il vettore elettrico nei trasporti e nel riscaldamento (con vantaggi ambientali), e dove si può (finalmente) ripensare la tassazione in funzione delle emissioni e dell’inquinamento prodotti.

Anche il mondo delle rinnovabili deve comprendere le sfide che ha di fronte in questa transizione, partendo proprio dai problemi per porre esplicitamente nel confronto pubblico le soluzioni.

Una prima sfida riguarda le oscillazioni nella produzione da rinnovabili, dove queste innovazioni si devono candidare a essere parte della soluzione attraverso una gestione integrata di impianti di produzione, accumulo, sistemi efficienti che permetta di offrire un efficiente servizio di bilanciamento e dispacciamento rispetto alla rete, capace di programmare immissioni e prelievi.

Una seconda riguarda gli oneri di sistema, perché il gettito per la copertura di tali oneri dovrà essere garantito nel momento in cui si ridurrà la quantità di energia prelevata dalla rete elettrica. Per questo serve trasparenza delle regole in modo da prevedere una partecipazione agli oneri di sistema legata al tipo di fonte utilizzata (è assurdo che paghino allo stesso modo l’autoconsumo alimentato da scarti di raffineria e quello di un impianto solare, come avviene oggi) e un controllo dell’evoluzione degli oneri, in modo da essere pronti a eventuali interventi correttivi.

In particolare si dovrebbe intervenire subito in due direzioni, oltretutto consentite dalle direttive europee, ossia introdurre la possibilità di produrre e distribuire l’energia elettrica proveniente da impianti da fonti rinnovabili e in cogenerazione, all’interno di distretti produttivi e di edifici commerciali, attraverso Sistemi di distribuzione chiusi (come definiti dalla direttiva 2009/72/Ce).

Perché questi sistemi possono garantire, attraverso una gestione di impianti e sistemi di accumulo, contratti di immissione e prelievo stabili alla rete. In questo modo si produce energia pulita, direttamente consumata o scambiata tra imprese, riducendo le oscillazioni e la potenza impegnata per la rete, e a fronte di questi vantaggi nell’interesse generale beneficiano di una riduzione degli oneri di sistema.

Una terza sfida è quella di aiutare le famiglie e le piccole imprese che vogliono investire su impianti fotovoltaici per l’autoproduzione, ma connessi alla rete e a sistemi di accumulo, attraverso un sistema semplificato di scambio sul posto.

Per questo occorre creare opportunità per contratti per utenze fino a 10 kW, nel caso di impianti da fonti rinnovabili in prevalenza in autoconsumo (per almeno il 60%), e che riducono gli scambi con la rete e le oscillazioni conseguenti. Per spingere queste idee e proposte Legambiente ha intrapreso da tempo un percorso aperto ad altri soggetti. Il primo passo è stato un Manifesto per l’autoproduzione da fonti rin-novabili, sottoscritto da centinaia di Sindaci (il riferimento è il sito www.comunirinnovabili.it), e ha poi aperto un confronto con imprese e associazioni delle rinnovabili, governo e parlamento per individuare le soluzioni atte a superare le barriere esistenti, attraverso un confronto pubblico e trasparente su queste sfide.

Pensiamo che questo tipo d’interventi, proprio perché distribuisce energia pulita, debba essere sostenuto nell’accesso alla rete elettrica (che è pubblica) invece di essere penalizzato. In altri Paesi europei ­ dalla Germania alla Danimarca, dal Belgio al Regno Unito ­ sono riconosciuti i vantaggi che queste innovazioni garantiscono in termini ambientali, economici, sociali e per questo sono supportati con provvedimenti, incentivi, finanziamenti.

L’obiettivo è di costruire un’alleanza di soggetti che vogliono aprire a un nuovo scenario che guardi al nostro Paese ma anche allo scenario del Mediterraneo, alle opportunità per le comunità e i territori di un futuro fuori dalle fonti fossili. E l’idea è di far conoscere questa possibile rivoluzione dal basso che guarda al futuro del Pianeta e dell’energia. Perché è proprio questo modello distribuito e pulito la risposta alle due grandi sfide che abbiamo davanti: fermare i cambiamenti climatici e dare una speranza ai popoli più poveri della terra.

L’articolo è stato originariamente pubblicato sul n.1/2017 della rivista QualEnergia, con il titolo “Autoproduzione e libertà”

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