Su clima e rinnovabili la Cina ammonisce Trump

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L’ambasciatore cinese all’ONU rimarca la volontà di Pechino di cooperare a livello internazionale per dare seguito agli accordi di Parigi. Il suo ultimo discorso sullo sviluppo eco-sostenibile e i cambiamenti climatici segna uno stacco molto netto rispetto alle affermazioni di Donald Trump.

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Che la Cina fosse critica sulle idee di Donald Trump in campo energetico, era emerso con chiarezza già in campagna elettorale (vedi QualEnergia.it).

La distanza tra i nuovi Usa repubblicani, che definiscono il surriscaldamento terrestre una bufala (che peraltro sarebbe stata imbastita dagli stessi cinesi…) e i “vecchi” Usa di Barack Obama, è diventata molto evidente nel discorso tenuto a New York dall’ambasciatore di Pechino alle Nazioni Unite, Liu Jieyi.

Parlando a un importante evento sui cambiamenti climatici e lo sviluppo eco-sostenibile (documento completo allegato in basso), Jieyi ha rimarcato più volte l’importanza degli accordi di Parigi, gli stessi che Trump guarda con la diffidenza di chi vorrebbe cancellarli dal panorama politico internazionale.

Conviene ricordare, tra l’altro, che Stati Uniti e Cina sono stati protagonisti, tra 2014 e 2015, di alcune intese per rafforzare la cooperazione nella lotta contro il global warming e promuovere la diffusione delle tecnologie pulite (vedi QualEnergia.it).

Ormai, però, la presidenza verde di Obama sembra un lontano ricordo, mentre Trump è costantemente impegnato a cancellare le misure pro-rinnovabili e le restrizioni ambientali varate dal suo predecessore, come ha confermato l’ordine esecutivo per la revisione del Clean Power Plan.

L’ambasciatore cinese all’ONU, invece, ha spiegato che tutti i firmatari dovrebbero attenersi all’accordo del 2015, “anziché allontanarsi da esso, perché rappresenta una responsabilità che dobbiamo assumere per le nostre future generazioni”.

La Cina, quindi, ha proseguito Jieyi, “lavorerà insieme al resto della comunità internazionale per implementare le intese di Parigi”, allo scopo di costruire un’economia più efficiente e a basso contenuto di CO2 (low carbon), anche attraverso la collaborazione tra singoli Stati, indispensabile per ottenere risultati soddisfacenti per tutti (win-for-all results).

Jieyi ha poi ricordato che Pechino intende raggiungere il picco delle emissioni di CO2 nel 2030 “o anche prima” e innalzare al 15% il peso delle fonti non-fossili nei consumi di energia primaria, come stabilito dal tredicesimo Piano quinquennale.

La Cina, si legge nel discorso, “lavorerà incessantemente per risparmiare energia, migliorare l’efficienza, promuovere le fonti rinnovabili, creare un mercato nazionale per lo scambio di emissioni, facilitare lo sviluppo delle città sostenibili, sostenere la legislazione sui cambiamenti climatici”.

Tutt’altro tono, insomma, rispetto alle dichiarazioni cui siamo abituati con Trump, che al contrario prosegue la sua strategia fossile centrata sull’indipendenza energetica nazionale fatta di carbone e petrolio non convenzionale. I prossimi mesi ci diranno se gli Stati Uniti riusciranno a mantenere la leadership globale degli investimenti in rinnovabili, o saranno scalzati dal “nemico” cinese.

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