L’uso energetico delle biomasse legnose fa bene o male al clima?

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Dopo il report del think tank del Royal Institute of International Affairs che considera la bioenergia un errore dal punto di vista climatico, ha fatto seguito una netta replica di IEA Bioenergy, firmata da oltre 125 esperti e professori universitari, che contesta asserzioni e conclusioni dello studio britannico.

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“L’uso dei combustibili legnosi, legna e pellet, per il riscaldamento e la produzione di energia elettrica è inquinante, persino più del carbone per unità di energia prodotta”.

È in sintesi la conclusione del recente studio “Woody Biomass for Power and Heat. Impacts on the Global Climate” del think tank britannico Chatham House del Royal Institute of International Affairs (vedi report allegato in basso), rilanciato con enfasi anche dalla BBC.

Lo studio contesta le cosiddette false credenze sulle biomasse e, in particolare, che bruciare legna anche in moderni apparecchi sia “neutrale” dal punto di vista della produzione di anidride carbonica: “non è neutrale nella fase della combustione se la biomassa è bruciata in presenza di ossigeno, e producendo CO2, dunque, non può avere un impatto positivo sul clima”, si spiega nel report.

Secondo gli autori dello studio inoltre “tagliare le piante per bruciarle non consente, come si penserebbe, un normale reintegro della CO2 nell’atmosfera e un riciclo continuo: un conto è se la legna viene tagliata per costruire mobili, un altro se la si brucia”.

Quindi – secondo questo report – solo i residui, che sarebbero in ogni caso bruciati come rifiuti e la biomassa lasciata a marcire nella foresta, possono essere considerati effettivamente “carbon neutral” nel breve e medio termine.

Per gli analisti britannici “in Europa il valore del carbonio sottratto dall’atmosfera è calcolato al momento taglio della pianta, non quando la si brucia e, inoltre, tutto il carbonio assorbito viene restituito in una volta sola”.

Certo, l’argomento delle biomasse ad usi energetici resta molto delicato e l’aspetto della sostenibilità dal punto di vista climatico e ambientale, oltre che da quello dell’uso del suolo è oggi uno dei temi più caldi del dibattito su clima ed energia e sulla transizione energetica.

Lo studio del think tank britannico, molto articolato e ricco di contenuti, ha ricevuto diverse critiche dal settore delle biomasse. Ma a spiccare è soprattutto la netta replica a questo documento della sezione Bioenergia dell’International Energy Agency (IEA), che ha raccolto l’adesione di 125 tra professori universitari ed esperti di biomasse di entrambe le sponde dell’Atlantico, stigmatizzando soprattutto il fatto che questo report non rappresenta una panoramica obiettiva sul reale effetto delle biomasse sul clima.

Il documento della Chatham House, analizzato da esperti riconosciuti a livello internazionale su produzione di biomasse, contabilizzazione del carbonio e sostenibilità deli combustibili legnosi, non viene dunque ritenuto valido dal punto di vista delle argomentazioni scientifico presentate, soprattutto sotto tre aspetti che qui vengono analizzate brevemente.

Gli effetti sul clima e la neutralità dal punto delle bioenergie

Il rapporto, secondo gli esperti della IEA, fornisce un’interpretazione non precisa sull’impatto dei tagli forestali sullo stock di carbonio, concentrandosi erroneamente sul bilancio del carbonio nel breve periodo ed enfatizzando eccessivamente il ruolo sulla mitigazione del clima delle risorse forestali non prelevate.

Inoltre si contesta l’assunto che le foreste possano continuare a crescere nel caso in cui nessuna biomassa venisse utilizzata per la produzione energetica. Un aspetto, quest’ultimo, considerato irrealistico dagli esperti IEA.

I prodotti e i mercati della bioenergia e delle foreste

Il rapporto di Chatham House considera quasi solo i tronchi tagliati come la principale materia prima del settore della bioenergia, anche se nella realtà sottoprodotti e residui della silvicoltura continuano ad essere la risorsa preponderante nella produzione energetica. Secondo gli esperti che contestano questa visione dello studio, è comunque proprio il settore delle biomasse e forestale che può spingere alla piantumazione e ad investire nella gestione più sostenibile delle risorse.

I criteri di sostenibilità considerati

Il report – spiegano dalla Bioenergy IEA insieme ai firmatari della risposta allo studio britannico – non riesce a riconoscere che la bioenergia forestale non è una singola entità, ma una parte importante e integrante del complesso sistema della gestione forestale e del sistema energetico industriale che realizza diversi prodotti con le sue risorse. È pertanto irragionevole attendersi che la conservazione della stock di carbonio nelle foreste possa essere garantito applicando criteri di sostenibilità alla sola parte dedicata alla produzione energetica.

Anche la raccomandazione finale dell’analisi di Chatham House, secondo la quale in base ai criteri di sostenibilità utilizzati possa essere ridotto il sostegno economico ai materiali realizzati perfino con risorse legnose legali e sostenibili, sono fortemente criticate dagli esperti IEA Bioenergy che chiedono di riconsiderare assunti e conclusioni del lavoro e di aprire una discussione con gli autori su questo documento.

Il motivo è che l’utilizzo delle biomasse deve essere considerato come uno degli elementi chiave nella costruzione di un’economia a basso contenuto di carbonio.

Come dimostrano ad esempio anche gli ultimi dati Eurostat, nonostante la crescita delle nuove e rinnovabili come solare ed eolico, gran parte del merito nell’aumento della quota di energia da rinnovabili nell’Unione Europea e del prossimo raggiungimento degli obiettivi al 2020 è da associare proprio alle biomasse (QualEnergia.it).

La produzione sostenibile di biomassa ad uso energetico è fattibile e può perfino essere ampliata se vista in un quadro integrato con la domanda di cibo e di altri prodotti, come è stato spiegato in anche un recente documento a cura di FAO, IRENA e IEA Bionergy.

Ovviamente il tema è complesso e vanno comunque sempre analizzate diverse variabili, come l’uso specifico di queste biomasse (produzione termica o elettrica), la loro provenienza, l’uso del territorio, eccetera.

Proprio per questo motivo continueremo a discuterne su questo sito, lasciando spazio ad interventi qualificati che diano anche una prospettiva climatica ed energetica di medio-lungo periodo.

Per approfondire il dibattito:

Il report di Chatham House (pdf)

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