Lo sviluppo distorto della Basilicata che non ne può più di petrolio. Un appello

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L’associazione “ScanZiamo le Scorie” chiede al Presidente della Giunta della Regione Basilicata, Marcello Pittella, e ai i Consiglieri regionali, di aprire una discussione che porti ad una moratoria delle attività estrattive sul territorio della Basilicata. Le motivazioni di una petizione da firmare.

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L’associazione ScanZiamo le Scoriechiede al Presidente della Giunta della Regione Basilicata, Marcello Pittella, e ai i Consiglieri regionali di aprire subito una discussione che porti ad una moratoria di chiusura delle attività estrattive sul territorio della Basilicata.

In questo appello (e nella petizione, vedi in fondo) vengono denunciati i pericoli d’inquinamento che le attività estrattive petrolifere potrebbero determinare nella zona della Val D’Agri e non solo, mettendo a rischio la salute dei Lucani.

La Basilicata è l’area più devastata a livello ambientale dalle perforazioni e anche una delle regioni più povere del paese. Come abbiamo documentato spesso anche su QualEnergia.it, questo denaro spesso non arriva ai Comuni, a fa diversi giri, tra Stato e Regione, e solo le briciole arrivano alle amministrazioni che vivono all’ombra delle trivelle. Persino la Corte dei Conti ha dichiarato che le royalties sono servite finora solo per la spesa corrente.

Non c’è dubbio che ci sia una forte responsabilità delle amministrazioni comunali e regionali, che oltre a non difendere con forza il proprio territorio, hanno fatto passare sotto silenzio tutto questo per qualche ritorno occupazionale, scontando però ingenti perdite economiche e di posti di lavoro nel settore agro-alimentare e turistico.

E’ quanto dicono anche i firmatari dell’appello: “le attività estrattive degli idrocarburi producono in Basilicata uno “sviluppo distorto” che non si concilia con la vocazione economica del territorio (caratterizzato dalla presenza di produzioni agricole e di attività turistiche), con la sua bellezza, il suo paesaggio, la sua cultura”.

Nel 2015, durante il convegno “Quale economia e quali rischi dal petrolio per il territorio lucano? – Bene comune e salvaguardia del creato”, l’associazione racconta di aver dimostrato che la produzione di idrocarburi non crea ricchezza in Basilicata.

Viene denunciata la carenza di strumenti di monitoraggio per capire come l’estrazione petrolifera impatti sull’ambiente, la salute e la condizione sociale. Non è possibile – dicono – che la Regione Basilicata abbia gli strumenti per effettuare un reale monitoraggio sull’attività e non li utilizzi.

In un articolo su QualEnergia.it di Pietro Dommarco (“La Basilicata sottomessa al petrolio”) si ricordava che l’ultima indagine epidemiologica che ha fotografato lo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree interessate dalle estrazioni petrolifere risale al 2000, 17 anni fa. Insomma c’è un vuoto di controlli e forti ritardi spesso causati dalla politica.

Sul sito internet dell’Osservatorio Ambientale “Val D’Agri”, solo per fare un altro esempio, la sezione sulla produzione e le royalties non offre alcun dato ed è sempre in aggiornamento.

Inoltre le sezioni online sul monitoraggio delle acque superficiali e di reignezione sono inaccessibili e manca del tutto una valutazione di impatto sulla salute delle persone. Pensiamo alle ripetute fuoriuscite di fumo denso dai camini del Centro Olio di Viggiano, uno degli impianti che creano più preoccupazione nell’area. Ben poco si sa sulla combustione dentro queste strutture.

L’Osservatorio però era previsto nell’ambito del Protocollo di intenti tra ENI e Regione Basilicata del 1998, quale misura di compensazione ambientale in relazione al progetto di sviluppo petrolifero nell’area della Val d’Agri.

Nei giorni scorsi “ScanZiamo le scorie” ha lanciato un appello agli organi di controllo ambientale e sanitario presenti nella Regione Basilicata affinché si accerti con urgenza lo stato e le condizioni del bacino idrico del Pertusillo (PZ), dove si ha una presenza di elementi di colore scuro che non assicurano la purezza dell’acqua presente nell’invaso.

Vanno quindi intraprese tutte le azioni a tutela dell’impiego dell’acqua per l’utilizzo potabile e irriguo da parte dei consumatori senza alcun pericolo per la salute. Tra la Regione Basilicata e la Regione Puglia nel 2015 sono stati impiegati 102.277.000 di m3 di acqua potabile e 12.600.000 m3 per utilizzo irriguo.

Poca trasparenza e fortissime preoccupazioni sulla qualità ambientale e sanitaria, portano dunque a chiedere da parte dell’associazione di firmare la petizione affinché l’estrazione petrolifera possa essere interrotta.

Firma la petizione

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