Piani cottura a induzione: costi, consumi e come sceglierli

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Quanto costa e quanto consuma un piano cottura a induzione? Fa risparmiare rispetto ai fornelli a gas? Quali pentole vanno utilizzate? Quali vantaggi dà in cucina? Una breve panoramica su questa tecnologia, fondamentale per chi vuole staccarsi dal gas e avere una casa al 100% elettrica.

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Staccarsi dal gas e spostare tutti i consumi sull’elettricità può essere un’ottima idea, sia per tagliare le spese che per contribuire a ridurre le emissioni di CO2.

Per i consumi elettrici, infatti, sul mercato libero si possono scegliere offerte con energia al 100% rinnovabile (vedi qui). Per chi ha un impianto fotovoltaico, poi, spostare i consumi dal gas al vettore elettrico ha un doppio vantaggio, dato che usando una quota maggiore dell’energia pulita “fatta in casa” si accorciano anche i tempi di rientro dell’investimento per il FV.

Un incentivo notevole a tecnologie che sostituiscono il gas con l’elettricità, inoltre, viene dalla riforma delle tariffe elettriche dei clienti domestici, la cui seconda fase è entrata in vigore da gennaio 2017 e che sarà completata entro il 2018.

Abolendo la progressività della tariffa, cioè il fatto che i costi aumentino al crescere dei consumi, diventano infatti più convenienti tecnologie efficienti ma con grossi consumi elettrici come le pompe di calore elettriche e i piani a cottura a induzione.

Delle prime abbiamo parlato in vari articoli, vediamo qui di dare qualche informazione utile sui secondi, specialmente per quel che riguarda costi e consumi energetici.

Piano radiante, a induzione o alogeno

Innanzitutto, occorre distinguere tra i diversi sistemi di cottura elettrici: a induzione, radianti o alogeni.

Il piano radiante ha una resistenza elettrica sotto la superficie di vetroceramica. Il calore generato dalla resistenza scalda il pentolame per trasmissione, cioè dopo aver scaldato il piano. Per l’alogeno il funzionamento è simile: al posto della resistenza, però, c’è una potente lampada a infrarossi.

I piani radianti e alogeni non sono così convenienti dal punto di vista energetico: il loro rendimento termico, 45-60% circa, è lontanissimo dall’efficienza assicurata dall’induzione.

A differenza delle due tecnologie citate, il piano cottura a induzione non produce direttamente calore, ma – tramite bobine alimentate dall’energia elettrica – genera un campo magnetico che si trasferisce direttamente alle pentole, scaldandole.

Con il sistema a induzione il rendimento è nell’ordine del 90%, mentre un fornello a gas arriva intorno al 40-55% a causa dell’elevata dispersione termica: buona parte del calore sprigionato dalla fiamma finisce nell’ambiente.

Per dare un’idea, a parità di energia termica da avere “dentro alla pentola”, mettiamo 1.100 W, un piano a induzione consumerà 1.200 W, uno a gas circa 2.000 W (sotto forma di combustibile ovviamente), mentre un piano radiante elettrico addirittura 2.200 W.

Il confronto con il gas sulla spesa

Ma si risparmia rispetto al gas? Il confronto sulla spesa dovrebbe tenere conto di molte variabili (tipo di utenza, fascia di consumo, ecc.), ma possiamo fare una stima semplificata, ipotizzando di aver bisogno di 400 kWh di calore “in pentola” all’anno, che vanno a pesare sulla bolletta di una famiglia tipo (come da definizione Aeegsi: 2.700 kWh l’anno di consumi elettrici con potenza impegnata 3 kW e 1.400 m3 di gas).

Per avere questa quantità di calore, con il gas, ipotizzando un’efficienza del 50%,  avremmo bisogno di 800 kWh, cioè circa 76 m3 di gas, cioè una spesa di 63 euro in un anno, nell’utenza ipotizzata.
Con un piano a induzione, invece, tenendo conto dell’efficienza al 90%, per cucinare servirebbero 450 kWh: una spesa di 92 euro in un anno nella bolletta della famiglia tipo.

Guardando solo ai consumi non c’è dunque una convenienza rispetto al metano. Ma installare un piano a induzione diventa interessante economicamente quando – magari in abbinamento ad una pompa di calore elettrica per il riscaldamento – permette di staccarsi completamente dal gas, dato che il servizio di fornitura ha comunque un costo fisso, e che, anche ipotizzando di consumare un solo metro cubo di metano all’anno, la bolletta non scenderebbe sotto ai 116 euro.

Il problema della potenza elettrica

Uno dei fattori che hanno limitato la diffusione dei piani cottura a induzione in Italia fino ad ora è la potenza elettrica assorbita dalle bobine.

La tabella qui sotto, presa dal libretto tecnico di un piano cottura, mostra quanta potenza serve per i vari usi.

Come si vede, utilizzando contemporaneamente più zone cottura è facile sforare i classici 3 kW, soprattutto se abbiamo acceso qualche altro elettrodomestico o un climatizzatore.

Molti piani cottura consentono di autolimitare l’assorbimento massimo per evitare distacchi della corrente, ma potrebbe essere necessario aumentare la potenza contrattuale a 4,5 o addirittura 6 kW con relativi costi una tantum per il passaggio e aumento dei costi fissi in bolletta.

Anche da questo punto di vista la riforma della bolletta ha portato una novità positiva, riducendo i costi necessari per la variazione di potenza (vedi QualEnergia.it, Cambiamo la potenza del contatore. Ma quanto costa?).

Le pentole

Un’altra eventuale spesa aggiuntiva da considerare se si decide di passare al piano a induzione è quella per nuove pentole. Il sistema infatti richiede che abbiano fondo perfettamente piatto e con uno strato inferiore di materiale ferroso, senza il quale non potrebbe attivarsi il campo magnetico.

Un metodo molto semplice per verificare se le pentole che abbiamo vanno bene anche con l’induzione è vedere se una calamita ci si attacca: da sostituire saranno tutte le pentole di rame, alluminio e terracotta, così come alcune padelle antiaderenti con il fondo di alluminio.

Esistono anche dei dischi adattatori (costo 10-15 euro all’uno) che permettono l’uso sul fornello ad induzione di tutti i tipi di pentole: sono però sconsigliati dagli esperti sentiti, in quanto allungano sensibilmente i tempi di cottura e aumentato i costi di gestione.

Sicurezza, qualità e tempi di cottura

Spese a parte, i vantaggi dell’induzione sono diversi. Innanzitutto il piano è tutto liscio, quindi facilissimo da pulire.

Poi c’è il fattore sicurezza: niente fiamme né rischi dovuti a eventuali fughe di gas. La superficie di vetroceramica, inoltre, rimane fredda intorno alle pentole, riducendo al minimo la possibilità di scottarsi.

La cottura, inoltre è più rapida e precisa, perché si possono impostare diversi livelli di temperatura e il calore si diffonde in modo uniforme sulla pentola, senza le tipiche dispersioni che avvengono con i fornelli a gas.

Molte le funzioni avanzate disponibili per i vari modelli: quasi tutti hanno la modalità booster per far bollire l’acqua in pochissimo tempo, permettono di impostare con precisione la temperatura e tempi di cottura, mentre alcuni permettono anche di associare più zone riscaldanti, formando un’unica estesa zona di cottura, per pentole di grandi dimensioni.

Costi e incentivi

Il costo d’acquisto di un piano a induzione è in media superiore a quello di uno a gas: se per i secondi i prezzi più bassi scendono fino a circa 100 euro, i piani a induzione più economici (sempre parlando di almeno 4 fuochi) non si trovano a meno di 180-200 euro, mentre i modelli più sofisticati arrivano oltre i 1.300 euro e per un piano cottura a induzione di fascia media la spesa è sui 4-500 euro.

I piani cottura a induzione sono tra gli elettrodomestici che, se acquistati dopo una ristrutturazione edilizia, hanno diritto al bonus mobili, cioè la detrazione fiscale del 50% della spesa.

Il bonus mobili è stato prorogato dall’ultima legge di bilancio anche per gli acquisti che si effettueranno nel 2017, ma per le spese fatte nell’anno appena iniziato vale solo per immobili oggetto di ristrutturazioni iniziate dopo il 1° gennaio 2016 (vedi QualEnergia.it, Bonus mobili ed elettrodomestici: quando si può chiedere? La guida per il 2017).

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