In Cina meno carbone per tre anni di fila: il punto sulla transizione energetica

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Il consumo della fonte fossile più “sporca” è diminuito del 4,7% nel 2016 rispetto all’anno precedente, secondo i dati statistici preliminari. Aumenta il peso delle tecnologie pulite, che però includono gas e nucleare. Emissioni di CO2 in leggero calo secondo le stime di Greenpeace.

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Per il terzo anno consecutivo in Cina è diminuito il consumo di carbone.

Nel 2016, secondo le stime preliminari fornite dal National Bureau of Statistics of China (documento completo allegato in basso) l’utilizzo di questa fonte fossile è stato inferiore del 4,7% rispetto al 2015. Segno positivo, invece, per l’impiego di gas naturale (+8%) e greggio (+5,5%).

Il carbone, sempre secondo i dati dell’ufficio statistico cinese, lo scorso anno ha soddisfatto il 62% della domanda totale di energia primaria, in calo del 2% in confronto ai dodici mesi precedenti.

Le risorse pulite, che nell’accezione molto ampia del comunicato ufficiale includono le fonti rinnovabili come l’eolico, il fotovoltaico e l’idroelettrico, oltre al nucleare e al gas naturale, sono salite al 19,7% del mix energetico complessivo (erano al 18% nel 2015).

Questo passo indietro del carbone è il più marcato da tre anni a questa parte, perché nel 2014 la riduzione percentuale del suo consumo era stata del 2,9% rispetto al 2013, mentre nel 2015 il calo aveva sfiorato il 4% nel paragone con l’anno precedente.

Buone notizie, quindi, nell’ambito della transizione energetica cinese verso le fonti verdi, anche se come abbiamo osservato in più occasioni, restano molti ostacoli da superare, in primis una dipendenza dalla fonte fossile più “sporca” che resta ancora molto elevata. La Cina, è bene ricordare, è la nazione che emette nell’atmosfera la quantità maggiore di CO2 legata alle attività umane.

Tuttavia, negli ultimi anni, con il rallentamento della crescita economica e le misure per promuovere l’efficienza energetica e la produzione di elettricità rinnovabile, Pechino è riuscita a invertire un po’ la tendenza. La diminuzione delle emissioni di CO2 nel 2016 dovrebbe attestarsi intorno all’uno per cento, secondo una stima di Greenpeace, a sua volta basata sui dati della National Energy Administration.

Tornando ai numeri statistici, vediamo che il consumo totale di energia è aumentato leggermente, +1,4% in confronto al 2015, attestandosi a 4,36 miliardi di tonnellate equivalenti di carbone. Intanto l’estrazione di questo combustibile fossile in Cina è crollata del 9% a 3,4 miliardi di tonnellate lo scorso anno, grazie anche alla continua chiusura delle miniere più piccole e meno efficienti.

Considerando che il PIL cinese è cresciuto del 6,7% rispetto al 2015, se sarà confermato il calo di un punto percentuale per le emissioni di CO2, avremo un altro esempio dell’effetto-decoupling (disaccoppiamento) tra sviluppo economico e intensità energetica (vedi QualEnergia.it con un approfondimento globale sul tema).

Ricordiamo, tra l’altro, che a gennaio la National Energy Administration aveva annunciato la cancellazione di un centinaio di progetti per nuove centrali a carbone in tutto il paese, che ammontavano a circa 120 GW di potenza.

Pochi mesi prima, la stessa amministrazione aveva deciso di contenere a 1.100 GW la capacità complessiva di questa fonte fossile nel 2020 (vedi QualEnergia.it).

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