Per le rinnovabili europee post-2020 servono almeno 25 miliardi l’anno

Nuovi scenari sulla penetrazione delle tecnologie pulite nel mercato energetico al 2030 e al 2050. Tra le raccomandazioni: puntare su aste competitive e abbandonare le tariffe feed-in, oltre alla priorità di dispacciamento. Vediamo come potrà evolvere il mix elettrico.

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A quanto ammonteranno gli investimenti in fonti rinnovabili in Europa dopo il 2020? Quali saranno gli incentivi più convenienti da applicare e le tecnologie più mature?

Sono queste le domande principali cui cerca di rispondere il nuovo studio pubblicato dalla Commissione UE, Supporting investments in renewable electricity (allegato in basso), redatto dal CEPA (Cambridge Economic Policy Associates) e dall’Imperial College londinese.

Secondo gli autori dello studio, gli Stati membri dovranno abbandonare del tutto alcuni meccanismi che hanno consentito lo sviluppo delle rinnovabili fino a questo momento, tra cui tariffe fisse feed-in, priorità di dispacciamento e mercati delle capacità.

Il sistema elettrico europeo, sostengono i ricercatori inglesi, dovrà basarsi sui prezzi dell’energia generata dalle diverse fonti in competizione tra loro (EOM, energy-only market) senza altre sorgenti di profitto per gli operatori.

La tabella sotto riassume gli scenari elaborati per la Commissione europea. Come si vede, quello di riferimento (baseline scenario) è il WeSIM RES27/EE27, che presuppone di raggiungere il 27% di fonti rinnovabili nel 2030, con il 48% circa di tecnologie verdi in campo elettrico, oltre al 27% di efficienza energetica alla medesima data.

Nel decennio 2020-2030, osservano gli analisti del CEPA e dell’Imperial College, i vari paesi dovranno investire complessivamente circa 25 miliardi di euro l’anno in nuova potenza rinnovabile, per poi raddoppiare e triplicare questo flusso di denaro, rispettivamente nel 2035 e 2045, toccando il livello massimo di 90 miliardi entro il 2050.

L’andamento di tali investimenti è mostrato nel grafico sotto.

Per conseguire gli obiettivi richiesti nel modo più efficiente e al minor costo possibile, lo studio raccomanda innanzitutto di supportare le energie rinnovabili con un singolo meccanismo, orientato al mercato e “neutrale” sotto il profilo tecnologico: le aste competitive.

Per quanto riguarda gli aiuti da concedere a determinate tecnologie dopo il 2020, come l’eolico offshore e le centrali mareomotrici, è preferibile scegliere sistemi più flessibili delle tradizionali tariffe fisse, quindi ad esempio uno schema FIP variabile (Floating feed-in premium) o i certificati RO (Renewable Obligation).

Il terzo grafico che proponiamo, evidenzia la probabile evoluzione del mix elettrico in Europa nei prossimi decenni nello scenario di riferimento.

La transizione energetica si svilupperà grazie soprattutto alla penetrazione di impianti eolici e solari, con un contemporaneo declino del carbone e un ruolo sempre molto rilevante per il gas, mentre il nucleare rimarrà pressoché stabile.

Gli stessi ricercatori, però, avvertono che è molto difficile stimare quanta sarà effettivamente la nuova potenza installata nelle rinnovabili da qui al 2050, perché entreranno in gioco molti fattori, come l’andamento dei prezzi elettrici, i segnali di prezzo del mercato EU-ETS (emissions trading scheme), che come abbiamo osservato più volte sono troppo deboli per favorire gli investimenti in tecnologie pulite.

E poi a condizionare il mercato ci sarà il reale quadro tecnico-economico che regolerà le aste, oltre alla fiducia degli investitori.

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