Detrazioni fiscali e cessioni del credito: i limiti e una proposta per superarli

La possibilità di cessione del credito per gli interventi di efficienza energetica nei condomini prevista dall'ultima legge di stabilità ha varie criticità, che però potrebbero essere attenuate dall'imminente provvedimento attuativo delle Entrate. L'intervento di Virginio Trivella di Renovate Italy.

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I nuovi incentivi fiscali a favore degli interventi di riqualificazione dei condomini figurano tra le “Misure per la crescita” indicate nella legge di Bilancio per il 2017.

 La finalità del provvedimento è di introdurre uno strumento di forte e rapida attuazione, imprimendo un cambiamento nelle prassi manutentive degli edifici in linea con le esigenze di sviluppo dell’occupazione, riduzione dei consumi di energia e tutela ambientale.

I vantaggi aggiuntivi che i nuovi incentivi fiscali riservano ai beneficiari sono volti a incrementare la capacità di stimolo del provvedimento a favore delle attività di riqualificazione energetica delle parti comuni degli edifici condominiali.

Rispetto al vecchio ecobonus (65%), molti sono gli aspetti migliorativi.

  • La stabilizzazione del provvedimento: per la prima volta non vi è stata una proroga annuale, ma i nuovi incentivi saranno stabili per 5 anni, dimostrando la volontà del Governo di stimolare un processo strutturale di trasformazione degli edifici in cui l’incentivazione svolge un ruolo importante, ancorché non esclusivo. L’attenzione per il segmento condominiale testimonia la consapevolezza della necessità di disporre di strumenti specifici per superare le difficoltà che affliggono il settore.
  • L’incremento di intensità della detrazione al 70% (75% nei casi più virtuosi), rende molto più appetibile il nuovo incentivo rispetto a quello dedicato ai normali interventi edilizi (50% fino al 31.12.2017, poi 36%). Oggi si assiste a una preoccupante elusione dell’obbligo di riqualificazione energetica in occasione degli interventi di manutenzione straordinaria degli involucri. La concorrenza degli incentivi per gli interventi di ristrutturazione edilizia costituisce uno dei più gravi ostacoli alla diffusione delle attività di efficientamento energetico degli edifici. Una delle finalità del provvedimento di incentivazione è di contrastare efficacemente questi fenomeni deleteri.
  • La semplicità e certezza della procedura: i requisiti richiesti per accedere all’incentivo del 70% sono semplicissimi e non comportano alcun rischio applicativo. E’ sufficiente intervenire su una frazione significativa dell’involucro disperdente e rispettare le prescrizioni previste dalle norme vigenti, la cui applicazione è comunque obbligatoria. Il messaggio agli utenti è semplice e chiaro: bisogna intervenire sull’involucro per diminuire le dispersioni e il fabbisogno di energia.
  • La facoltà di cessione delle detrazioni fiscali: è la novità potenzialmente più rivoluzionaria del provvedimento, che trasforma un incentivo congenitamente incerto, legato alla mutevole condizione fiscale dei beneficiari, in una risorsa sicuramente disponibile per tutto il periodo di applicazione. Su questa novità, che riguarda anche gli interventi di miglioramento sismico degli edifici condominiali, si gioca l’efficacia del provvedimento ma, senza l’introduzione di alcuni accorgimenti, la potenzialità dell’innovazione rischia di trasformarsi in un boomerang.

La nuova cessione delle detrazioni

La nuova formulazione della facoltà di cessione della detrazione differisce notevolmente da quella già in vigore nel 2016.

La cessione disciplinata dal comma 2-ter, esercitabile dal 2016:

  • è applicabile alle detrazioni per le spese di cui al comma 1 dello stesso articolo, cioè tutte quelle relative agli interventi di riqualificazione energetica che consentono di fruire dell’incentivo del 65%;
  • è riservata ai soli contribuenti appartenenti alla no-tax area (semplificando, i contribuenti titolari di reddito annuo inferiore a circa 8 mila euro);
  • è esercitabile esclusivamente a favore dei fornitori che hanno effettuato gli interventi;
  • il credito è utilizzabile dal cessionario esclusivamente in compensazione di debiti tributari e contributivi.

La nuova cessione disciplinata dal comma 2-sexies invece:

  • è applicabile alle detrazioni per le spese di cui al comma 2-quater, cioè solo quelle relative agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici condominiali che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda, che consentono di fruire degli incentivi del 70% e 75%;
  • è riservata a tutti i contribuenti, senza alcuna limitazione in relazione all’entità del reddito dichiarato;
  • è esercitabile a favore di tutti i soggetti privati, compresi i fornitori che hanno effettuato gli interventi; è però esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari;
  • il credito è utilizzabile dal cessionario in compensazione di debiti tributari e contributivi o, in alternativa, può essere a sua volta ceduto ad altri soggetti.

Da un lato, l’ampliamento della facoltà di cessione a tutti i contribuenti a prescindere dalla propria condizione fiscale, che finalmente è stato introdotto nell’ordinamento, costituisce un elemento necessario per fornire certezza, e quindi efficacia, al provvedimento.

Dall’altro, a dispetto della potenzialità della disposizione, la sua effettiva efficacia è fortemente menomata dal divieto di cessione agli istituti di credito e agli intermediari finanziari.

Tale divieto comporta una grave conseguenza che, di fatto, rischia di vanificare la portata della norma: si rende molto complicata e onerosa la soluzione dei due problemi, generalmente interconnessi, della capienza fiscale e dell’esigenza di finanziare la realizzazione degli interventi.

Impedendo di cedere le detrazioni ai soggetti finanziari, si preclude la soluzione più efficiente, escludendo il ricorso ad operatori che, disponendo delle competenze per la valutazione del rischio e di un ampio spettro di possibilità nella raccolta delle risorse finanziarie, sono maggiormente disposti ad anticipare le somme necessarie alle migliori condizioni economiche.

 Si rende di conseguenza necessario individuare altre categorie di soggetti capienti e in grado di assorbire le detrazioni. La cessione ai fornitori che eseguono gli interventi, già possibile dal 2016, non è risultata efficace. E’ possibile che i fornitori non siano soggetti adeguati a causa della loro struttura finanziaria, generalmente inadatta ad assorbire crediti a lungo termine per importi rilevanti e del loro assoggettamento a un particolare regime fiscale che limita fortemente la loro situazione debitoria nei confronti dell’erario.

E’ facilmente intuibile che il ricorso a soggetti non specializzati sarà motivo di incremento della complessità dei processi condominiali e dei costi e potrà anche alimentare fenomeni speculativi e distorsivi della concorrenza.

Non deve essere infatti sottovalutato il rischio che il meccanismo della cessione finisca per porre ai margini del mercato gli operatori specializzati e pregiudicare la qualità degli interventi.

L’aspettativa generata tra i cittadini di poter contare sulla disponibilità dei fornitori e delle ESCo ad acquistare in blocco le detrazioni di gruppi di condòmini o dell’intero condominio, finanziando l’intervento, è destinata a rimanere delusa, oppure a incontrare l’interesse di operatori spregiudicati o in condizioni disperate, disposti ad sottoscrivere condizioni finanziariamente insostenibili.

Un’altra possibile conseguenza dell’esclusione dell’intervento diretto degli operatori finanziari è che il provvedimento favorisca solo le iniziative promosse da soggetti interessati a realizzare interventi marginali, caratterizzati da una bassa intensità di investimento e dal minimo tempo di ritorno, minimizzando l’ambizione di riduzione dei consumi di energia che, al contrario, è il principio ispiratore di questa misura di incentivazione.

Due opzioni per la cessione

Stante l’esclusione dei soggetti finanziari, si possono prospettare due opzioni, entrambe insoddisfacenti, la cui fattibilità dipenderà dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate atteso entro la fine di febbraio.

1. La cessione dovrà essere operata esclusivamente “in blocco”, con riferimento a tutte le dieci rate in cui si articola la detrazione fiscale; in tal caso il cessionario dovrà necessariamente acquistare il credito decennale e, di conseguenza, si impedirà il ricorso ai normali canali di finanziamento.

E’ molto probabile che i cessionari disponibili a fornire le risorse finanziarie, non essendo soggetti finanziari istituzionali, applicheranno condizioni economiche molto più gravose e meno trasparenti rispetto a quelle che ci si può attendere in un mercato regolamentato.

Il meccanismo rischia di generare fenomeni quanto meno speculativi e non si può escludere che questa attività possa raccogliere l’interesse di soggetti – e realizzarsi con pratiche – al limite o oltre il limite della legalità. Dovrebbe essere valutato il trattamento fiscale dei proventi realizzati dai cessionari, resi tanto più sfuggenti quanto più estemporaneo e deregolamentato sarà l’esercizio della cessione.

Un altro grave inconveniente è che, dovendo optare per la cessione per l’intero decennio, non si fornirebbe una risposta a chi inizialmente non necessita di cedere le detrazioni (e non desidera farlo, stanti le condizioni finanziarie che probabilmente saranno gravose), ma non può escludere di diventare incapiente in futuro.

Quel che è certo è che, rispetto alla situazione attuale, con questa opzione sarà reso assai più difficoltoso il ricorso ai canali ufficiali di finanziamento dei condomìni (che oggi offrono le migliori condizioni presenti sul mercato), la cui operatività sarà incompatibile con le esigenze dei condòmini che, dovendo fare ricorso alla cessione, saranno costretti a farsi finanziare dai cessionari.

In funzione della variabilità, incertezza e scarsa trasparenza delle condizioni applicate dai cessionari e delle difficoltà di individuazione di soggetti privati disponibili a finanziare i singoli condòmini, il processo di costruzione del consenso condominiale sui progetti di finanziamento sarà penalizzato. E’ improbabile che un simile meccanismo, nato per agevolare i condòmini in difficoltà, possa risultare efficace.

2. La cessione potrà essere operata anche di anno in anno, a scelta del beneficiario cedente. Sarebbe in tal modo consentita un’applicazione molto più elastica della facoltà di cessione, non ostacolando il ricorso agli strumenti di finanziamento canonici e permettendo ai singoli contribuenti di scegliere le soluzioni più convenienti, anche in funzione della loro mutevole condizione fiscale.

In questo caso il corrispettivo della cessione potrebbe essere gravato della sola commissione richiesta dal cessionario e non anche dello sconto per l’anticipazione finanziaria, e potrebbe essere utilizzato per far fronte alla restituzione dell’eventuale prestito contratto, anche dal condominio, a condizioni più vantaggiose.

Non si rimuoverebbero però, anche in questo caso, le gravi difficoltà legate alla necessità di individuare soggetti cessionari capienti interessati ad acquistare crediti di piccola entità in cambio di un vantaggio che si suppone modesto (altrimenti l’incentivo perderà in efficacia) e di metterli in relazione con un gran numero di singoli cittadini.

Si può concludere che, in ogni caso, si tratterebbe di soluzioni palliative e potenzialmente in grado di perturbare in modo grave la sana concorrenza e la qualità degli interventi.

Sotto un profilo politico, l’incapacità dello strumento di incentivazione di fornire una risposta adeguata alle esigenze dei cittadini fornirebbe i migliori argomenti a coloro che, con insistenza, intravvedono nel provvedimento finalità diverse da quelle ufficiali, orientate a soddisfare motivazioni più mediatiche che di sostanza.

Ciò sarebbe tanto più grave quanto più elevata è l’aspettativa che lo strumento di incentivazione possa essere risolutivo per innescare quei processi di trasformazione – del parco immobiliare e dei comportamenti dei cittadini – essenziali per la risoluzione dei gravi problemi ambientali che, in ogni caso, non potranno essere elusi.

Perché escludere i soggetti finanziari?

Va da sé che la soluzione migliore consiste nell’agevolare l’operatività dei soggetti finanziari, utilizzando le detrazioni fiscali come strumento a garanzia del rimborso dei prestiti.

Il legislatore ha però ritenuto di escludere dal meccanismo della cessione gli operatori finanziari. A quanto ci è dato di sapere, il motivo risiederebbe nel timore di un incremento del deficit pubblico che potrebbe essere generato dalle operazioni di cartolarizzazione dei crediti corrispondenti alle detrazioni fiscali acquistate, che necessiterebbe di trovare copertura per l’intero periodo decennale.

Si può eccepire che la relazione tecnica della legge di Bilancio 2017 già ora estende la previsione degli effetti del provvedimento sull’intero periodo di quindici anni (i cinque anni di validità del provvedimento, dal 2017 al 2021, sommati ai dieci anni in cui la detrazione viene operata).

 Di conseguenza il vero problema non sarebbe la copertura delle minori imposte previste, che dovrà comunque essere assicurata anche in assenza di cessione alle banche, ma la preoccupazione che il meccanismo possa funzionare talmente bene da sfuggire di mano.

Sarebbe allora sufficiente fissare un contingente periodico agli incentivi e attivare una procedura di prenotazione simile a quella introdotta per il Conto Termico. Si darebbe un ulteriore stimolo ai cittadini a fare presto e bene.

Si può anche eccepire che i conteggi riportati nella relazione di accompagnamento della Legge di Bilancio sottostimano ampiamente gli effetti positivi correlati alla spesa in attività di riqualificazione energetica indotta dagli incentivi, sovrastimando di conseguenza il costo della politica di incentivazione.

I conteggi riportati nella relazione tecnica della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, che adottano criteri e percentuali impiegati nelle stime degli anni precedenti, tengono conto degli “effetti correlati” in relazione solo al 25% della spesa indotta dal sistema di incentivi. In altri termini, solo il 25% degli investimenti incentivati costituirebbe maggiore base imponibile per imposte dirette e indirette aggiuntive, in grado di compensare quelle a cui lo Stato rinuncia con le detrazioni.

Si può invece ragionevolmente sostenere che l’effetto indotto sulla base imponibile dalla stimolazione delle riqualificazioni profonde sia di gran lunga superiore, prossimo al 100%, perché la deep renovation è attività che oggi si realizza solo se incentivata.

Se poi si considera che il moltiplicatore degli investimenti generato dall’edilizia è tra i più alti, se non il più alto, tra i settori produttivi del nostro Paese, si può sostenere che le minori entrate fiscali dovute alle detrazioni possano essere completamente coperte con le maggiori entrate generate nel medio periodo dagli investimenti indotti dagli incentivi. Quest’ultimo effetto correlato è del tutto ignorato nelle previsioni della legge di Bilancio.

Oltre agli effetti strettamente fiscali, dovrebbero inoltre essere adeguatamente considerati gli altri benefici per il bilancio pubblico derivanti da un sistematico programma di trasformazione energetica del patrimonio edilizio, sia sul piano del contributo all’occupazione, con evidente beneficio per la spesa assistenziale dello Stato, che su quello della riduzione delle emissioni inquinanti e del miglioramento delle condizioni di salute della popolazione, con vantaggi sotto i profili della produttività del lavoro e della spesa pubblica sanitaria.

E’ bizzarro che le conclusioni del rapporto periodico del Servizio Studi della Camera dei deputati, secondo il quale il saldo per il sistema economico del Paese degli investimenti effettuati con gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica nel periodo 1998-2016 risulterebbe positivo per quasi 20 miliardi di euro, siano in così stridente contrasto con i conteggi adottati nei bilanci di previsione.

Una soluzione di minima

In ogni caso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate non potrà fare altro che rispettare i limiti posti dalla legge. E tuttavia, l’unica possibilità di generare sviluppo è connessa, secondo la nostra analisi, alla possibilità di promuovere modelli di offerta che coinvolgano strumenti finanziari al minor costo possibile, trasformando la detrazione decennale in “moneta sonante” per i cittadini.

Alcune riflessioni possono essere utili per individuare una modalità applicativa più efficace che potrebbe forse essere considerata compatibile con l’attuale assetto legislativo ed essere adottata nel provvedimento dell’Agenzia delle entrate, o comunque potrebbe indurre una modifica legislativa.

Se, come ipotizzato, il divieto di cessione ai soggetti finanziari è motivato dalla volontà del legislatore di escludere eventuali effetti incrementativi del deficit pubblico in conseguenza della cartolarizzazione delle detrazioni cedute, potrebbe essere sufficiente considerare l’esclusione di tale possibilità.

Se le detrazioni cedute agli operatori finanziari fossero utilizzabili esclusivamente in compensazione di debiti tributari e contributivi, come previsto per gli altri “soggetti privati”, si escluderebbe ogni possibilità di espansione del deficit e dovrebbero cadere i motivi di preclusione della cessione alle banche.

Molte istituzioni finanziarie sono assoggettate al pagamento di contributi previdenziali per importi rilevanti e non presentano stringenti problemi di capienza. Dato che gli istituti bancari nell’esercizio della propria attività potrebbero essere in grado di acquisire grandi quantità di detrazioni, sarebbe opportuno rimuovere, limitatamente ai tali soggetti, il limite di 700 mila euro annui fissato per le compensazioni (cfr. Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 34.1).

Questa soluzione potrebbe costituire un primo passo verso un organico coinvolgimento dei soggetti finanziari nel meccanismo delle detrazioni fiscali. Doterebbe il provvedimento di un’efficacia di gran lunga maggiore, unificando i ruoli del cessionario e del finanziatore in capo a soggetti adeguati, in grado di concedere prestiti a condizioni favorevoli, e rendendo molto snella la simultanea soluzione dei problemi di capienza e di finanziamento.

Sfruttare la potenzialità espansiva degli incentivi

Un’opzione ancora più auspicabile e ben più incisiva è che ai soggetti finanziari sia consentita una libera gestione dei crediti fiscali, attraverso operazioni di cartolarizzazione in grado di raccogliere risorse finanziarie da destinare alle operazioni di efficienza energetica (e di miglioramento sismico).

In presenza di un mercato finanziario regolamentato, flussi consistenti di risorse potrebbero essere canalizzati verso progetti meritevoli, in cui il rischio finanziario sarebbe minimizzato dalla sicura disponibilità degli incentivi, consentendo l’applicazione di tassi adeguatamente contenuti. In tali condizioni non è difficile ipotizzare una maturazione del sistema dell’offerta, capace di mettere in evidenza le soluzioni tecnologiche e gli operatori in grado di distinguersi per efficacia e affidabilità.

Una più adeguata contabilizzazione degli effetti correlati positivi per il bilancio pubblico consentirebbe di far risaltare i vantaggi dell’attivazione di un vasto piano di trasformazione energetica del patrimonio edilizio nazionale, dando finalmente sostanza a uno dei pilastri della strategia energetica e climatica che il nostro Paese non può tardare ad adottare.

A fronte di tali molteplici vantaggi risulta davvero incomprensibile la titubanza mostrata in passato dal Governo nel cogliere pienamente la potenzialità espansiva di un meccanismo di incentivazione ben congegnato. Auspichiamo che il prossimo aggiornamento del Documento di programmazione economica finanziaria sappia sfruttare questa opportunità.

Anche in ambito europeo si sta facendo strada la consapevolezza della necessità di nuove modalità per migliorare il finanziamento degli investimenti in efficienza energetica, compresa una revisione delle norme sulla contabilità pubblica che hanno un impatto sul mercato dei contratti di prestazione energetica. E’ chiaro che l’investimento pubblico in attività in grado di avere conseguenze multiformi e strutturali in diversi ambiti (anche non stettamente economici) non può essere valutato con riferimentro esclusivo a indicatori settoriali e di breve periodo.

Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate

Il comma 2-sexies esclude esplicitamente la cessione delle detrazioni agli istituti di credito e agli intermediari finanziari, privando il provvedimento della capacità di integrare in modo organico i soggetti finanziari nei processi di finanziamento degli interventi di riqualificazione energetica ammessi agli incentivi.

D’altra parte, l’agevole praticabilità della cessione delle detrazioni è un requisito essenziale per dotare la misura di incentivazione dell’appeal necessario per convincere i proprietari degli edifici condominiali a impegnarsi in interventi onerosi di riqualificazione energetica. Occorre quindi evitare che il provvedimento dell’Agenzia delle entrate introduca restrizioni e ostacoli ulteriori rispetto ai tanti che già rendono ardua l’adozione delle delibere di investimento delle assemblee condominiali.

Al contrario, la proposta sopra illustrata, se ritenuta compatibile con la legge e adottata nel provvedimento, potrebbe costituire un primo passo per restituire alla misura di incentivazione la sua forte capacità di stimolo.

Suggeriamo pertanto che nel provvedimento in emanazione siano adottate procedure il più possibile semplificate e che, in generale, siano consentite modalità applicative differenziate e adeguate alle diverse possibili situazioni. Ad esempio:

  • sia consentito ai contribuenti di scegliere tra la cessione dell’intero ammontare delle detrazioni oppure, in alternativa, delle detrazioni spettanti per singole annualità;
  • non sia posta alcuna limitazione all’ambito soggettivo dei beneficiari che possono optare per la cessione, in stretta aderenza alla formulazione dell’art. 2-sexies dell’art. 14 e del comma 1-quinquies dell’art. 16 del DL 63/2013; qualunque limitazione renderebbe più difficili le decisioni delle assemblee condominiali, privando di sostanziale efficacia i nuovi incentivi introdotti dalla legge 232/2016;
  • nella definizione di “soggetti privati” di cui al comma 2-sexies dell’art. 14 e del comma 1-quinquies dell’art. 16 del DL 63/2013 non siano introdotte restrizioni, consentendo agli operatori privati, anche imprenditoriali, di individuare le modalità più adatte per anticipare, a costi accettabili, il valore attualizzato degli incentivi decennali e quinquennali;
  • sia consentita la cessione della detrazione anche agli istituti di credito e agli intermediari finanziari, con la precisazione che il credito ceduto sia utilizzato dal cessionario esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni;
  • sia rimosso, limitatamente ai suddetti soggetti finanziari che acquisiscono le detrazioni, il limite di 700 mila euro annui fissato per le compensazioni;
  • sia ammessa l’operatività di soggetti gestori di “Albi dei soggetti cessionari” che svolgano un ruolo di raccordo tra beneficiari cedenti e soggetti cessionari (senza per questo essere qualificati come intermediari finanziari), e di gestione degli obblighi di comunicazione, con modalità conformi a un regolamento improntato a criteri di trasparenza, economicità e protezione della privacy;
  • sia precisato che le conseguenze di eventuali errori che pregiudichino il diritto a fruire degli incentivi restano a esclusivo carico del contribuente cedente, escludendo ogni responsabilità o conseguenza per i soggetti cessionari;
  • la cospicua entità delle somme anticipate dai cessionari possa trovare capienza nella più ampia gamma possibile di imposte e contributi a loro carico, sui quali operare la compensazione (IRPEF, IRES, IRAP, IVA e contributi previdenziali e assistenziali);
  • sia precisato che le detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica sono riconosciute a condizione che le opere eseguite rispettino le norme urbanistiche ed edilizie comunali, nonché le disposizioni sulla prestazione energetica degli edifici e le altre disposizioni obbligatorie.

(Virginio Trivella è membro del comitato promotore di Renovate Italy, l’articolo è stato pubblicato anche sul sito dell’associazione ed è stato riprodotto su QualEnergia.it con il consenso dell’autore. Qui la versione in pdf con le note.)

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