Nuovi edifici e auto elettriche, cosa prevedono gli obblighi del decreto DAFI

Entro il 31 dicembre 2017 i Comuni dovranno adeguare i regolamenti edilizi per rispettare i dettami del provvedimento sui carburanti alternativi. Gli immobili nuovi o sottoposti a ristrutturazioni importanti dovranno predisporre allacci per la possibile installazione di colonnine di ricarica.

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Le case del futuro dovranno essere più efficienti – consumare poca energia e autoprodurla con fonti rinnovabili secondo i principi NZEB, Near-zero energy buildings – e anche integrate con la mobilità elettrica.

Lo prevede il decreto legislativo 257/2016 pubblicato da qualche giorno in Gazzetta Ufficiale, che ha recepito la direttiva europea DAFI 2014/94 (Directive alternative fuel initiative).

Il provvedimento, come abbiamo osservato in questo articolo, fissa una serie di misure per favorire l’utilizzo di carburanti alternativi – elettricità, gas naturale, idrogeno – e ridurre così la dipendenza dal petrolio nei trasporti. Tra i requisiti minimi per la costruzione delle nuove infrastrutture, è particolarmente interessante la parte dedicata al comparto edile.

Vediamo più in dettaglio. L’articolo 15 “Misure per agevolare la realizzazione di punti di ricarica” modifica il testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001), perché stabilisce che entro il 31 dicembre 2017 i Comuni debbano adeguare i rispettivi regolamenti edilizi, prevedendo alcuni obblighi per la mobilità ecologica.

Ad essere interessati dalla norma sono due tipi di edifici:

  • Quelli di nuova costruzione non residenziali, con superficie utile superiore a 500 metri quadrati.
  • Quelli residenziali di nuova costruzione con almeno dieci unità abitative.

In entrambi i casi, le disposizioni si applicano anche per i relativi interventi di ristrutturazione edilizia di primo livello, cioè le ristrutturazioni definite “importanti” che interessano oltre il 50% della superficie disperdente lorda esterna e l’eventuale rifacimento dell’impianto termico.

Quindi, per ottenere il titolo abilitativo edilizio, questi immobili dovranno includere «la predisposizione all’allaccio per la possibile installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli idonee a permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità  alle disposizioni edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso e, relativamente ai soli edifici residenziali di nuova costruzione con almeno 10 unità abitative, per un numero di spazi a parcheggio e box auto non inferiore al 20 per cento di quelli totali».

Al decreto DAFI, più in generale, è affidato il compito di creare una rete capillare di punti di ricarica per le auto elettriche, sia pubblici sia privati. L’infrastruttura, come sappiamo, al momento è del tutto insufficiente, con appena 1.700 colonnine installate nel nostro paese e milioni di euro di fondi inutilizzati (Ricarica veicoli elettrici, la Corte dei Conti bacchetta i Trasporti).

Anche il mercato dei veicoli a zero emissioni langue in Italia: quelli immatricolati nel 2016 sono appena lo 0,1% del totale. Oltre agli obblighi per gli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni profonde, il decreto sui carburanti alternativi prevede che entro il 2020 ci sia un numero adeguato di punti in cui fare il pieno di elettricità sulle strade e autostrade.

Le stazioni di servizio – non solo quelle nuove, ma anche quelle esistenti soggette a ristrutturazioni totali o che si trovano nelle aree metropolitane più inquinate – dovranno installare colonnine per la ricarica almeno “veloce” da 22 kW.

Il decreto in GU

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