Ricarica veicoli elettrici, la Corte dei Conti bacchetta i Trasporti

Su 50 milioni di euro stanziati dal 2013 al 2015 per realizzare l'infrastruttura di ricarica, usati solo 6mila euro. Anche per questo abbiamo solo 1.700 punti di ricarica. Intanto i dati sulle immatricolazioni mostrano che le autovetture full-electric sono ferme, mentre crescono quelle ibride elettrico-benzina.

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Solo lo 0,1% delle auto immatricolate in Italia nel 2016 sono elettriche.

Parliamo di 1.403 veicoli venduti in un anno: un calo del 5,5% sui 1.484 del 2015 e un volume da confrontare con il milione abbondante di mezzi diesel messi sulle strade e con i circa 600mila nuovi veicoli a benzina.

Eppure la voglia di auto che consumano e inquinano meno c’è, visto che le immatricolazioni di mezzi ibridi elettrico-benzina in un anno sono cresciute di circa il 50%, passando da circa 25.600 a circa 38.400, come mostrano i dati forniti dall’associazione di categoria Unrae (in allegato in basso).

Una risposta al perché l’auto full-electric stenti a prendere piede in Italia sta nel fatto che il Belpaese è ancora molto carente in quanto a colonnine di ricarica.

Spesi 6mila euro su 50 milioni disponibili

Nell’attesa che il decreto DAFI per promuovere le infrastrutture per i carburanti alternativi, elettricità compresa sblocchi la situazione – è infatti prossimo alla pubblicazione in Gazzettauna fotografia impietosa al riguardo arriva da una relazione della Corte dei Conti.

In questi anni – è la sintesi del documento – nonostante le risorse disponibili non si è fatto praticamente nulla e i soli 1.700 punti di ricarica che abbiamo nel Paese sono stati tutti realizzati al di fuori dei finanziamenti statali dedicati.

Dei “20 milioni di euro per l’anno 2013 e 15 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015″– si legge – risultano spesi solo “6.286,28 euro, occorsi per la pubblicazione del bando indetto dal Mit per il finanziamento di progetti di più immediata realizzazione” (vedi tabella sotto).

“Gli altri interventi previsti dal Piano non sono neppure alla stato iniziale, mancando gli accordi di programma con le Regioni, che il Mit prevede di stipulare entro l’anno corrente”.

Il piano di realizzazione della rete infrastrutturale “risulta gravemente in ritardo, la Corte non può che esprimere la raccomandazione al Mit che ad esso sia data la massima accelerazione”.

Storia travagliata

La delibera della Corte è interessante anche per ricostruire l’inconcludente storia dell’infrastruttura che ancora non c’è.

La disposizione che ha previsto la redazione del Piano nazionale, introdotta dalla l. n. 134/2012, di conversione del d.l. n. 83/2012, è entrata in vigore nell’agosto del 2012.

Il Mit ha riferito di aver iniziato l’istruttoria per la redazione del Piano nell’ottobre del 2012. Una volta redatto (l’approvazione del Mit è datata 2 agosto 2013), il Piano è stato inviato alla Conferenza unificata, dove è stata raggiunta l’intesa in data 17 ottobre 2013.

Il 14 febbraio 2014 è intervenuta la delibera del Cipe. Il Piano è stato infine approvato con d.p.c.m. 26 settembre 2014 e pubblicato sulla G.U. del 2 dicembre 2014.

Nel frattempo, era già stata avviata la procedura per l’aggiornamento del piano, anch’essa caratterizzata da tempi molto lunghi: la delibera del Cipe è intervenuta il 23 dicembre 2015 e l’approvazione finale con d.p.c.m. 18 aprile 2016.

Il primo bando per i finanziamenti per i punti i ricarica invece è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 22 luglio 2013.

A conclusione del procedimento sono stati selezionati 19 progetti di regioni e province autonome per un importo complessivo di euro 4.542.130,59 ma al momento non erogati.

Solo dal maggio 2016 hanno avuto corso le convenzioni con le regioni che in alcuni casi non risultano ancora stipulate.

“Gli impianti di ricarica finora esistenti nel territorio – sottolinea la Corte – sono in numero di circa 1.700 realizzati ad iniziativa di privati e comunque al di fuori dei finanziamenti statali” dello stanziamento citato.

Speranze nel DAFI

Insomma tutto deve ancora partire, non resta che sperare che con il nuovo decreto DAFI qualcosa si muova.

Il decreto sulle infrastrutture per i carburanti alternativi, ricariche per i veicoli elettrici comprese, che recepisce la direttiva europea DAFI, ossia Directive alternative fuel initiative, ricordiamo ha già avuto il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri (il secondo del governo Gentiloni) e ora dovrebbe andare in Gazzetta.

Tra le altre cose, il decreto, per agevolare la realizzazione di punti di ricarica negli edifici, prevede che dal 1° giugno 2017 i Comuni potranno rilasciare il titolo abilitativo edilizio per gli edifici di nuova costruzione ad uso non residenziale con superficie superiore a 500 mq e per gli edifici residenziali di nuova costruzione con almeno 50 unità abitative (per un numero di spazi a parcheggio e box auto non inferiore al 20% di quelli totali), solo se sarà contemplata la predisposizione degli allacci, ovvero, se gli edifici potranno essere dotati di prese elettriche per ricaricare le auto a batteria.

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