Fotovoltaico, cosa farà la Cina nel 2017 tra incentivi ridotti e oversupply

Pechino taglierà fino al 19% le tariffe feed-in per i nuovi impianti solari FV. Nel 2018 diminuzioni anche per i sussidi all’eolico. Grande incertezza sulle previsioni della potenza fotovoltaica installata, mentre prosegue il braccio di ferro con Bruxelles sulle misure antidumping.

ADV
image_pdfimage_print

La notizia era nell’aria da diverse settimane e alla fine è stata confermata dalle autorità cinesi: Pechino ridurrà ancora gli incentivi feed-in per fotovoltaico ed eolico, sulla scia dei continui ribassi registrati nei costi di queste due fonti rinnovabili.

Come riportato da diverse agenzie di stampa internazionali, che a loro volta citano la nota ufficiale della National Development and Reform Commission (NDRC), i tagli riguarderanno tutti i nuovi impianti costruiti in Cina, anche se con alcune differenze secondo le zone geografiche.

Nel 2017, quindi, scatteranno diminuzioni fino al 19% – in confronto ai valori del 2016 – delle tariffe pagate dallo Stato per l’energia prodotta dai grandi parchi solari. Per l’eolico gli incentivi “corretti”, con decurtazioni fino al 15% rispetto all’attuale meccanismo di supporto, saranno invece applicati dal 2018.

Secondo le stime governative, questo ribasso dei sussidi alle rinnovabili permetterà al Paese del Dragone di risparmiare circa sei miliardi di yuan (863 milioni di dollari).

La riduzione degli incentivi è la conseguenza di una serie di fattori: innanzitutto, come osservato da diverse società di analisi e consulenza, tra cui Bloomberg, i prezzi medi dei moduli fotovoltaici sono calati del 30% circa quest’anno, anche a causa della generale sovraccapacità produttiva degli stabilimenti.

Per questo motivo, nelle aste organizzate dalle autorità cinesi per assegnare nuova capacità rinnovabile, diversi operatori del fotovoltaico hanno lanciato offerte sempre più concorrenziali per realizzare i loro progetti. In altre parole, hanno accettato di vendere l’energia elettrica solare a prezzi molto competitivi rispetto alle altre fonti di generazione.

Eccessi di offerta e produzione

La Cina, tra l’altro, di recente ha abbassato l’obiettivo della potenza cumulativa fotovoltaica per il 2020: non più 150 GW bensì 110 (Il solare FV in Cina tra boom e obiettivi al ribasso). Anche questa decisione, osservano gli analisti di Bloomberg, può essere interpretata come una delle contromisure che Pechino sta adottando per fronteggiare due eccessi che caratterizzano lo sviluppo del solare in Cina.

Da un lato, l’offerta di moduli fotovoltaici è superiore alla domanda (oversupply), perché le fabbriche producono più di quanto il mercato sia in grado di assorbire; dall’altro lato, c’è il surplus di produzione degli impianti solari in alcune regioni, con relativi sprechi di energia, perché la rete non riesce a gestire l’output elettrico rinnovabile con linee di trasmissione obsolete.

Quanto installato nel 2017?

La Cina, com’è noto, è centrale per l’evoluzione mondiale del fotovoltaico. Le stesse previsioni per il 2017 di IHS Markit sono tuttora molto incerte, proprio a causa dei segnali contrastanti che arrivano da Pechino (vedi l’articolo di QualEnergia.it con tutti i dati).

Il 2016, se le stime preliminari saranno confermate, si chiuderà con 77 GW di nuova potenza installata, +34% rispetto ai dodici mesi precedenti, di cui oltre metà in Asia, grazie soprattutto al boom cinese per chiudere i progetti prima delle sforbiciate alle tariffe. Per il 2017 sono attesi 79 GW a livello globale, quindi una modestissima crescita del 3% in confronto a quest’anno.

Secondo diversi analisti, però, tra cui IHS, il fotovoltaico nel Paese del Dragone crescerà ben oltre quei 110 GW indicati nell’ultimo piano per il settore elettrico; tra l’altro, la prossima riduzione degli incentivi potrebbe stimolare una nuova corsa alla realizzazione dei progetti entro la prima metà del 2017.

Prezzi e concorrenza

Poiché la Cina è sempre più il termometro del fotovoltaico mondiale, saranno decisive anche le azioni della Commissione UE riguardo alle misure antidumping su celle e moduli importati da Pechino. Come abbiamo visto in questo articolo, Bruxelles sembra intenzionata a prorogare di altri due anni i dazi introdotti nel 2013, per proteggere l’industria europea dai prodotti a basso costo made in China.

Allo stesso tempo, l’esecutivo europeo dovrebbe ridurre il prezzo minimo d’importazione (MIP, minimum import price) sui pannelli fabbricati in Asia, portandolo da 0,56 a 0,46 €/watt, quindi molto più aderente alle attuali condizioni di mercato.

Ricordiamo, infatti, che molte aziende cinesi ormai preferiscono pagare i dazi piuttosto che sottostare al regime del MIP: già lo scorso ottobre il prezzo medio sul mercato europeo dei moduli FV mainstream, tasse-dazi inclusi, era sceso a 0,46 €/watt (-2,1% rispetto al mese precedente).

Gli stessi operatori del solare europeo – tutti quelli rappresentati da Solar Power Europe, ex EPIA – continuano a chiedere all’Europa di abolire le iniziative protezioniste, perché a loro avviso rappresentano solo un freno allo sviluppo del settore, contribuendo a mantenere più alti i prezzi e soffocando la filiera downstream europea della progettazione-installazione-assistenza.

ADV
×