La sostenibilità e le sue declinazioni, una sfida epocale

Politica ed economia verso i cambiamenti climatici e la gestione delle risorse hanno un approccio culturale obsoleto e di breve periodo. Serve un grande sforzo collettivo, nella politica, ma anche nelle abitudini dei singoli, per un effettivo cambio di rotta. Un articolo di Gianfranco Bologna.

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L’articolo è stato pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia

Per l’umanità riorientare la gestione del mondo verso la sostenibilità è una sfida epocale e senza precedenti, una sfida che dovrebbe essere al primo posto delle agende internazionali.

Negli ambiti politici ed economici sono mantenuti un approccio culturale e operativo obsoleto nei confronti dei problemi del mondo e una visione pesantemente condizionata dalla cultura “a breve termine” legata a scadenze elettorali, a performance trimestrali di aziende per i CEO e gli AD e ai risultati degli andamenti dei mercati finanziari, distaccati dal valore concreto dei capitali naturale e umano senza i quali non esisterebbe la possibilità di progresso.

L’Agenda 2030 con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvata a settembre 2015 da tutti i Paesi del mondo presso le Nazioni Unite, e l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi per i cambiamenti climatici, siglato in occasione della Cop 21, rappresentano strumenti molto importanti per immettersi nel sentiero giusto per il futuro dell’umanità.

Sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e il ruolo dell’Italia, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), coordinata da Enrico Giovannini, ha da poco prodotto un importante documento che fa il punto sulla situazione italiana rispetto alle politiche e alle azioni di sostenibilità in ottemperanza all’Agenda 2030, elaborando una serie di proposte operative alle autorità politiche e private.

Riuscire a garantire agli oltre 7,3 miliardi di esseri umani (che, secondo la variante media dell’ultimo rapporto sulla popolazione delle Nazioni Unite, saranno 9,7 nel 2050), energia, materie prime, cibo, acqua, abitazioni, infrastrutture, lavoro, equità e giustizia, mantenendo i delicati equilibri dinamici della biosfera richiede capacità innovative, creative, anticipative che mai abbiamo sperimentato sinora nella storia dell’umanità.

D’altra parte, gli ultimi decenni di ricerca su questi temi confermano che è impossibile avviare percorsi di sostenibilità dei nostri modelli di sviluppo se non manteniamo sani, vitali e resilienti i sistemi naturali che ci consentono di respirare, di alimentarci, di bere, di utilizzare tutte le risorse di cui abbiamo bisogno per vivere. È perciò indispensabile collocarsi in uno “spazio sicuro” di utilizzo delle risorse che si mantenga nei limiti biofisici del nostro Pianeta, garantendo i bisogni fondamentali per ogni essere umano, rispettando i princìpi di equità e giustizia sociale.

Non a caso, il framework dei cosidetti Planetary Boundaries, “confini planetari”, elaborati da autorevoli studiosi che si occupano di scienze del sistema Terra e di Global Sustainability, dovrebbe diventare una sorta di bussola per tutti, governi, imprese, società civile.

Il WWF nel suo “Living Planet Report 2016“, giunto all’undicesima edizione, adotta questo framework nell’analisi della situazione mondiale, affidando la sua compilazione a Johan Rockstrom, uno degli scienziati protagonisti di questa proposta scientifica e direttore dello Stockholm Resilience Centre.

Il “Living Planet Report 2016” indica proposte operative per il nostro futuro dal punto di vista della One Planet Perspective, la prospettiva di un solo Pianeta, verso la quale iniziano a muoversi molte realtà in tante parti del mondo con iniziative concrete provenienti dalla società civile, da diverse realtà locali e da una parte del mondo privato. Questa prospettiva diventa praticabile soltanto se iniziamo concretamente a muoverci mantenendoci entro lo spazio operativo sicuro per tutti gli esseri umani, occorre un grande sforzo collettivo per giungere ad una sorta di Trattato sullo spazio sicuro per l’umanità (si veda il volume “SOS Treaty“).

L’articolo è stato originariamente pubblicato sul n. 5/2016 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “Garantire il futuro”.

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