Efficienza, rinnovabili e importazioni elettriche: scenari al 2030

Alla luce del "Pacchetto Energia" presentato dalla Commissione europea e dei trend energetici vediamo cosa potrebbe accadere nell'ambito della produzione e dei consumi interni di elettricità entro il 2030. Il ruolo delle fonti rinnovabili e del termoelettrico. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

ADV
image_pdfimage_print

La proposta della Commissione UE di alzare dal 27 al 30% il taglio dei consumi energetici rispetto allo scenario tendenziale al 2030 contenuta nel “Pacchetto Energia” presentato il 30 novembre rappresenta un adeguamento necessario dopo l’Accordo di Parigi, anche se assolutamente insufficiente rispetto al percorso di decarbonizzazione.

Affinché essa venga formalmente adottata dovranno pronunciarsi sia il Parlamento europeo, che voleva un impegno del 40%, che i paesi europei divisi tra i sostenitori di target più ambiziosi e quelli che, viceversa, non vorrebbero alcun innalzamento. In conclusione, è probabile che si convergerà sulla riduzione del 30% proposta dalla Commissione.

Quali saranno le implicazioni di questa decisione per l’Italia? Chiaramente dovrà aumentare l’impegno per ridurre i consumi sia del comparto dei trasporti che di quello civile. Quindi occorre puntare sulla diffusione di veicoli più efficienti, trasporto pubblico, car sharing, piste ciclabili e sul passaggio alla riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri.

Una spinta in questa direzione verrà dalla elettrificazione, che consentirà anche una decisa riduzione delle emissioni climalteranti, considerato che nel 2030 la metà dei chilowattora proverranno da fonti rinnovabili.

In questo quadro, la produzione interna di energia elettrica è destinata ad aumentare, malgrado gli interventi di efficientamento di elettrodomestici e dell’illuminazione. Oltre alla diffusione delle pompe di calore e al prevedibile boom della mobilità elettrica, si deve infatti considerare anche la probabile riduzione delle importazioni che oggi coprono il 13% della domanda.

Come è noto noi acquistiamo 45 TWh/anno generati a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli offerti dalle nostre centrali, in larga parte da impianti nucleari ammortizzati da tempo. 

Sul medio periodo si assisterà però alla riduzione della potenza termoelettrica europea e all’aumento dei prezzi di generazione.

Da un lato, infatti, nei prossimi anni assisteremo alla chiusura di diversi impianti nucleari (Germania, Svizzera, Belgio, Francia, ecc.) e di molte centrali carbone (Francia, Olanda, Regno Unito e Finlandia vanno verso un phase-out completo, mentre la Germania intende dimezzare l’uso di questo combustibile entro il 2030).

Non solo. La differenza di competitività è destinata a ridursi fino a ribaltarsi, visto che gli impianti a carbone verranno penalizzati dal valore crescente della CO2 e da controlli più rigidi alle emissioni inquinanti, mentre i prezzi dell’elettricità da nucleare aumenteranno per la necessità di adeguare la sicurezza di un parco sempre più obsoleto, come la situazione “molto preoccupante” (dichiarazione dell’Autorità di Sicurezza francese) dei reattori d’oltralpe ci ricorda proprio in questi giorni.

L’annullamento delle importazioni al 2025 equivarrebbe ad un aumento annuo della domanda elettrica dell’1,5% (dell’1% se l’azzeramento dell’import avvenisse al 2030). 

Ipotizzando poi che anche solo un 10% delle auto nel 2030 sia a trazione elettrica si avrebbe un’ulteriore domanda di 5 TWh/anno a cui si dovrà sommare quella connessa con la diffusione delle pompe di calore.

La nuova richiesta verrà coperta in larga parte dalle rinnovabili, che dovranno soddisfare alla fine del prossimo decennio circa la metà della domanda con un incremento di 55-60 TWh/anno, e per una quota dalla produzione delle nostre centrali termoelettriche.

Tutto questo se le regole del gioco non penalizzeranno le energie rinnovabili che saranno caratterizzate da prezzi calanti a fronte di un produzione termoelettrica più costosa sia a livello nazionale che su scala europea.

E qui torniamo al “Pacchetto energia” dell Commissione. Se i contenuti erano modesti sul versante dell’efficienza, come abbiamo visto, questi sono decisamente punitivi verso le rinnovabili, visto che prevedono l’eliminazione della priorità di dispacciamento per i nuovi impianti e sopra una determinata taglia.

Il quadro che si delinea non è dunque dei più semplici e occorrerà mobilitarsi a livello nazionale e su scala europea per modificare queste proposte e far riprendere con decisione la corsa dell’energia pulita e della decarbonizzazione.

ADV
×