Con fotovoltaico e storage la Svezia punta alla generazione distribuita

Annunciate dal governo svedese due misure molto importanti per favorire l’autoconsumo energetico e lo sviluppo di reti elettriche intelligenti: un quasi-azzeramento della tassa sul fotovoltaico e un sussidio per acquistare batterie di accumulo in ambito residenziale.

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La Svezia non è certo il paese più citato quando l’argomento è il fotovoltaico, ma ci sono alcuni sviluppi della politica energetica scandinava che meritano la nostra attenzione, perché strettamente legati alla generazione distribuita e allo storage elettrico.

Va ricordato, per prima cosa, che la Svezia ha un piano veramente ambizioso di transizione verso le fonti rinnovabili, con l’obiettivo di produrre il 100% di elettricità a zero emissioni di carbonio nel 2040. Per ora, il mix è dominato da idroelettrico e nucleare (75-80% del totale), ma eolico e fotovoltaico dovranno crescere moltissimo nei prossimi anni, anche per compensare la chiusura dei reattori più vecchi.

Così il ministro delle Finanze, Magdalena Andersson, ha annunciato di voler abbattere la tassa sull’energia solare, che grava su tutti gli impianti di potenza superiore a 255 kW e, quindi, non colpisce le installazioni residenziali che normalmente sono di taglia più piccola. La riduzione dovrebbe essere del 98% rispetto al livello attuale: chi produce energia con il fotovoltaico, se la proposta passerà in parlamento – e sembra scontato dalle reazioni politiche viste finora – pagherà 500 corone (53 euro) per ogni MWh.

Il quasi-azzeramento della tassa, secondo il governo, dovrebbe favorire nuovi investimenti nel fotovoltaico, soprattutto in campo commerciale e industriale.

D’altronde, le stime della Swedish Solar Association dicono che il solare dovrà valere il 5-10% della produzione elettrica nazionale nel 2040 – ora è 0,1% con 128 MW circa di capacità installata – se il paese vorrà davvero rispettare l’obiettivo di energia totalmente carbon free a quella data.

La generazione distribuita dei piccoli impianti solari è solo una parte di una strategia più ampia, che assegna un ruolo fondamentale all’efficienza energetica, all’accumulo elettrochimico e ai sistemi per gestire l’energia sul lato della domanda (demand side management).

Difatti, il governo ha appena annunciato anche un sussidio che coprirà il 60% del costo complessivo per installare una batteria domestica al servizio di un impianto FV, fino a un massimo di 50.000 corone (5.300 euro circa). Il finanziamento coprirà non solo l’accumulatore vero e proprio, ma anche gli altri dispositivi tra cui cavi e apparecchi di controllo.

L’obiettivo di questo programma è duplice: da un lato, promuovere l’autoconsumo dell’elettricità generata con i pannelli fotovoltaici, anziché immettere l’output eccedente in rete. Dall’altro, porre le fondamenta di un’infrastruttura elettrica sempre più smart, flessibile e sicura.

Flessibile perché le batterie permettono di creare delle centrali virtuali, una sorta di storage diffuso con zero sprechi di energia e un bilanciamento molto più preciso tra domanda e offerta; pensiamo, ad esempio, alla possibilità di ridurre i picchi di domanda (vedi anche Storage distribuito: in Olanda si mettono in rete le batterie domestiche).

Sicura perché l’accumulo contribuisce a stabilizzare la rete dalle tipiche fluttuazioni di voltaggio-frequenza, provocate dalle fonti rinnovabili intermittenti.

La Svezia spera così d’imitare i risultati ottenuti dalla Germania con i suoi incentivi per l’inserimento delle batterie negli impianti solari domestici.

La prima tornata del programma tedesco ha sussidiato circa 19.000 sistemi di accumulo in tutto il paese; all’inizio dell’anno, lo schema degli aiuti federali è stato esteso fino al 2018 con un budget pari a 30 milioni di euro. Per ora, la Svezia ha messo a disposizione 175 milioni di corone (quasi 18 milioni di euro) fino al 2019.

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