Sussidi alle fossili, in Italia sono 14,8 miliardi di € all’anno

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Tra i G7 l’Italia ha i maggiori sussidi alle fonti sporche in rapporto al PIL. Un paradosso, dato che importiamo quasi tutti combustibili fossili e che senza aiuti a gas, carbone e petrolio le rinnovabili sarebbero competitive con minor spesa. La denuncia di Legambiente nel dossier "Stop sussidi alle fonti fossili".

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L’Italia spende ogni anno 14,8 miliardi di euro pubblici per aiutare direttamente o indirettamente la produzione e il consumo di gas, carbone e petrolio.

Lo denuncia Legambiente nel suo dossier Stop sussidi alle fonti fossili, presentato in occasione della Cop22 (in allegato in basso).

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2015 i sussidi alle fonti fossili a livello mondiale sono stati pari a 5.300 miliardi di dollari (10 milioni di $ al minuto), pari al 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. L’aumento rispetto al 2013 è del 10,4%.

Questa crescita in Europa è stata superiore alla media globale e si prevede un ulteriore incremento del sostegno alle fonti fossili dell’11,6% con 231 miliardi di dollari di investimento.

Tra chi aiuta di più le fossili – mostrano i dati FMI –  la Cina con 2.272 miliardi di $ (+22%), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14%) e Russia con 335 miliardi (5.7%). In Europa, la maggior sostenitrice delle fonti fossili è la Germania con 55,6 miliardi di $ (+10.5%), seguita da Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2%), Francia con 30,1 miliardi (+13.2%), Spagna (24,1 miliardi), Repubblica Ceca (17,5 miliardi) e Italia (13,2 miliardi, dato questo dal FMI leggermente inferiore a quanto stimato da Legambiente, appunto 14,8 miliardi).

Fermare gli incentivi alle fossili consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, cioè il 5,8% delle emissioni globali al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di 2 °C.

Questo il quadro mondiale dei sussidi alle fonti fossili, realizzato da Legambiente in collaborazione con InfluenceMap.

Il report poi contiene anche un’analisi originale della situazione italiana. Compito non facile considerata la scarsa trasparenza relativa al tema.

L’associazione, come anticipato, ha individuato 14,8 miliardi di euro all’anno di sussidi diretti o indiretti alle fonti fossili, al consumo o alla produzione, da esoneri dall’accisa a sconti e finanziamenti per opere, distribuiti tra autotrasportatori, centrali per fonti fossili e imprese energivore e aziende petrolifere (vedi quadro riassuntivo). “Tutte attività che inquinano l’aria, danneggiano la salute e sono la principale causa dei cambiamenti climatici”, si denuncia.

Nella nebbia del bilancio dello Stato vi sono altri sussidi indiretti che non sono stati inseriti nel computo, perché ancora di incerta applicazione o perché difficilmente paragonabili con gli altri, come le risorse investite dallo Stato in strade e autostrade.

Secondo InfluenceMap, tra i paesi del G7 l’Italia è quello con i maggiori sussidi alle fonti fossili in rapporto al PIL. Siamo allo 0,63% a fronte di una media europea dello 0,17% e molto oltre lo 0,20% degli Stati Uniti e lo 0,23% della Germania.

E nelle raccomandazioni che la Commissione Europea ha inviato nel 2015 al governo italiano (Country Specific Reccomendations) si bacchetta il nostro Paese proprio per il ritardo nell’introdurre tasse modulate secondo il principio del “chi inquina paga”, come la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l’ambiente, come quelli alle fossili.

Eppure, pochi paesi al mondo avrebbero più interesse a ridurre i consumi energetici: l’Italia dipende dall’estero per l’approvvigionamento e nel 2015 ha speso 34,4 miliardi di euro, calcolando il saldo fra l’esborso per le importazioni e gli introiti derivanti dalle esportazioni.

“Il nostro Paese – dice il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – continua a comportarsi come se il problema dei sussidi alle fonti fossili semplicemente non esistesse, quando tutte le istituzioni internazionali hanno messo in evidenza come siano una barriera per lo sviluppo di un economia decarbonizzata. Anche la legge di Stabilità 2017 ignora l’argomento e prevede ancora sussidi diretti e indiretti alle fossili. Eppure, oggi le energie pulite sono competitive da un punto di vista dei costi. Cancellando questi sussidi potrebbero crescere anche senza incentivi. Né si comprende perché il nostro Paese debba continuare a dare miliardi di euro all’autotrasporto, come ai grandi consumatori, senza alcun vincolo di investimento in riduzione dei consumi di combustibili fossili”.

In Italia, secondo l’analisi di Legambiente, continua a prevalere una sorta di negazionismo, per cui in nessun atto del ministero dello Sviluppo economico o dell’Autorità per l’Energia il tema viene nominato, mentre troviamo sempre accuse sui costi in bolletta legati alle fonti rinnovabili.

“La ragione – prosegue Zanchini – è molto semplice da spiegare: in questo modo si tutelano direttamente alcuni interessi che beneficiano di questi sussidi, tra cui lo stesso Stato italiano attraverso l’Eni che paga royalties ridicole alle Regioni e che può dedurre dalle tasse. Ma in questo modo si bloccano innovazioni nel sistema energetico che oggi permetterebbero di creare nuovi e più numerosi posti di lavoro e di dare una risposta strutturale al tema del costo dell’energia, attraverso le fonti rinnovabili e l’efficienza”.

Al governo Renzi, Legambiente chiede coerenza rispetto agli annunci e alle promesse fatte alle Nazioni Unite e alla Conferenza sul Clima di Parigi, e avanza alcune proposte su come lanciare un grande programma di investimenti nella green economy con un intervento a “costo zero” per le casse dello Stato. Basterebbe infatti porre uno stop ai miliardi di sussidi alle fonti fossili, e spostare risorse e investimenti verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica.

“Cancellare i sussidi alle fonti fossili – conclude Zanchini – è infatti la strada più semplice e lungimirante per aprire nel nostro paese uno scenario d’innovazione, con maggiori opportunità e lavoro perché si allarga lo sguardo dalla bolletta energetica a un uso più efficiente dell’energia in edilizia, nell’artigianato e nei servizi, nelle piccole e medie imprese e nei trasporti. Chiediamo a Renzi di vincere le pressioni delle lobby e di cancellare rendite e sussidi di cui beneficiano le fonti fossili. Dopo la vittoria negli Stati Uniti di Trump, il mondo ha bisogno di scelte chiare per fermare i cambiamenti climatici. Prendere questa decisione prima della chiusura del vertice di Marrakech, può essere una straordinaria occasione per far assumere all’Italia un ruolo da protagonista nell’impegno contro i cambiamenti climatici in Europa e nel mondo”.

Con il trend attuale delle emissioni globali già nei prossimi 5-9 anni si consumerà il carbon budget, la quota di emissioni complessive rimanenti che consentirebbero di stare entro 1.5 °C. Per questo a Marrakech è fondamentale avviare un processo di revisione degli attuali impegni, in coerenza con l’obiettivo di lungo termine dell’Accordo di Parigi da sottoscrivere nel 2018 alla COP24.

Anche l’Europa è chiamata a fare la sua parte: il processo legislativo avviato a livello comunitario sul “Pacchetto Clima-Energia 2030” deve essere l’occasione per adeguare gli obiettivi agli impegni europei assunti a Parigi, in tempo per la revisione del 2018.

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