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L’era dell’auto Condivisa, Elettrica e Autonoma: “CEA”, la mobilità del futuro

La metamorfosi dell'auto avrà due rilevanti innovazioni: quelli gestionali della condivisione delle auto e quelli tecnologici legati alla trazione elettrica. Su questi si innescherà la rivoluzione digitale. Orientamenti, strategie e problematiche nell'editoriale di Silvestrini per la rivista QualEnergia.

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Prepariamoci alla rivoluzione del trasporto, alla metamorfosi dell’auto. I margini di miglioramento sono enormi.

Parliamo di un oggetto utilizzato solo per il 5-10% del tempo, spesso da una sola persona, con rendimenti energetici modesti e impatti ambientali notevoli. Fortunatamente esistono le condizioni per una modifica radicale dei veicoli e del loro impiego. Ci stiamo infatti avviando verso l’era dell’auto Condivisa, Elettrica e Autonoma: “CEA”, la mobilità del futuro.

Decolla l’auto condivisa e quella elettrica

Il mondo dell’auto sta cambiando sotto i nostri occhi. Una prima modifica riguarda il rapporto con i veicoli. Parliamo del passaggio dal concetto di proprietà a quello di condivisione attraverso le varie forme di car sharing e car pooling: un mutamento culturale significativo dopo un secolo di motorizzazione che sta prendendo piede grazie a servizi in espansione in diverse parti del mondo.

Questi modelli di mobilità, in competizione/sinergia con proposte alternative come quelle di Uber, lasciano intravvedere le prime incrinature del dominio dell’auto privata.

Gli attuali sei milioni di utilizzatori del car sharing sono destinati a crescere. E aumenteranno anche i servizi come Uber e Lyft, che vedono impegnati un milione e mezzo di autisti.

Il secondo anello della rivoluzione riguarda il passaggio alla trazione elettrica, favorito dall’attenzione di alcuni governi e dalla rapida evoluzione tecnologica. Un abbinamento, questo, indispensabile.

Nel 1990 la California decise che il 10% delle auto vendute nel 2003 doveva essere a zero emissioni: fu una falsa partenza dovuta soprattutto all’assenza di modelli a basso costo.

Le condizioni per un’evoluzione “dirompente” si ottengono infatti solo grazie alla combinazione di scelte strategiche di diversi paesi (come sarebbe utile un obiettivo europeo al 2025!), associate alla disponibilità di tecnologie sempre più economiche.

Pensiamo alla corsa del fotovoltaico. Nel decennio 2006-2015 la potenza annua installata nel mondo è aumentata di 25 volte contribuendo a rimettere in discussione gli equilibri energetici mondiali e obbligando molte compagnie elettriche a cambiare le proprie strategie per sopravvivere.

Anche il comparto dei trasporti vedrà trasformazioni rapide e irreversibili che metteranno fuori gioco i veicoli a benzina e diesel. Vengono introdotti, infatti, obiettivi sempre più ambiziosi, sollecitati dalla minaccia climatica e dalle preoccupazioni per l’inquinamento urbano.

Norvegia e Olanda stanno, ad esempio, discutendo l’abolizione della vendita di auto convenzionali dal 2025. Sul fronte dell’offerta, accanto ad agguerriti nuovi entranti, da Tesla a BYD, cresce l’attenzione da parte dei grandi costruttori.  

Nel 2018 verranno commercializzati modelli elettrici, come la Tesla 3 e la Chevrolet Bolt, con un’autonomia superiore ai 300 km. Anche se i prezzi saranno ancora superiori a quelli dei veicoli convenzionali, i minori costi di alimentazione garantiranno risparmi annui di mille dollari. E nel prossimo decennio questo vantaggio tenderà a crescere arrivando nel 2030 a quattromila dollari l’anno.

Significativamente, le valutazioni sulla diffusione dei veicoli elettrici diventano sempre più aggressive. Nell’ultimo rapporto McKinsey si stima che la metà delle auto vendute nel 2030 negli Usa, Ue e Cina potrebbero essere a zero emissioni.  

E gli impegni climatici rappresentano un potente stimolo ad accelerare la loro diffusione.

Per non superare l’incremento di 2 °C la metà del parco mondiale dovrà infatti essere elettrico entro il 2050, mentre con l’asticella abbassata a 1,5 °C non si dovrebbero più vendere veicoli a combustione interna a partire dal 2035.

La rapidità del cambiamento sarà strettamente legata alla riduzione dei costi delle batterie. Nel prossimo quinquennio si dovrebbe replicare il calo del 65% registrato negli ultimi cinque anni.

Mentre gli occhi sono puntati sulla Gigafactory Tesla in costruzione nel Nevada, con una capacità produttiva di accumuli a ioni di litio pari a quella mondiale nel 2014, gli investimenti in altri paesi dovrebbero quintuplicare la capacità all’inizio del prossimo decennio. 

Insomma, questa tecnologia sembra al momento essere la soluzione vincente, tanto che Goldman Sachs ha definito il litio la “benzina del futuro”. Anche se è probabile che sul lungo periodo si troveranno materiali diversi e soluzioni ancora più interessanti.

Abbiamo visto dunque come stiano emergendo due rilevanti innovazioni, quella gestionale della condivisione delle auto e quella tecnologica della trazione elettrica, destinate ad innovare il settore.

Le sinergie che si potrebbero determinare con la loro interazione sono incredibili. In effetti, in diverse esperienze il car sharing già si incrocia con l’utilizzo di veicoli elettrici, come nel caso di Autolib a Parigi. Uno dei limiti di questa soluzione deriva però dalla necessità di rilasciare i veicoli presso le infrastrutture di ricarica, vincolo che impedisce l’estrema flessibilità offerta dal servizio “free floating”.

Ma qui entra in gioco la terza innovazione, legata al digitale, che potrà innescare la vera rivoluzione della mobilità. 

La rivoluzione dell’auto autonoma è vicina

Parliamo dell’auto senza guidatore che nel prossimo decennio farà la sua comparsa aprendo scenari nuovi nell’uso dello spazio urbano e delle infrastrutture stradali, che trasformerà il trasporto dei passeggeri e delle merci e farà evolvere il trasporto pubblico.

Una delle prospettive più interessanti riguarda proprio la possibilità di condividere veicoli elettrici, superando le problematiche legate alle ricariche grazie ad un gestore di veicoli a guida autonoma in grado di ottimizzarne l’uso. 

Si arriverà così a fondere l’offerta del car sharing con quella di servizi come Uber e Lyft , società che non a caso sono in prima fila nella corsa dell’auto autonoma.

Ma quali possono essere gli impatti di una sua diffusione su larga scala? I risultati di uno studio su Singapore indicano la possibilità di tagliare di due terzi il numero di auto con costi di spostamento dimezzati. E proprio a Singapore si è avviato un test per iniziativa di NuTonomy, una start-up Usa con competenze anche italiane.

L’obiettivo è quello di offrire un servizio di taxi senza guidatore nel 2018, una scelta fortemente supportata dalla città Stato asiatica.

In parallelo Uber ha lanciato a Pittsburgh una sperimentazione che arriverà a coinvolgere a fine 2016 un centinaio di vetture Volvo con la presenza di un guidatore e di un informatico per valutare i risultati.

Ford ha annunciato per il 2021 la produzione in serie del suo primo modello per servizi di sharing e per il 2025 la vendita al pubblico.

Negli Usa, oltre all’attivismo di una molteplicità di attori, il governo sostiene decisamente questa evoluzione. Quattro miliardi di dollari sono stati destinati alle ricerche per lo sviluppo dei veicoli senza guidatore e a settembre sono state pubblicate norme nazionali per evitare la disomogeneità di regolamenti proposti dai singoli Stati.

All’inizio del prossimo decennio dunque si avranno i primi esemplari acquistati da appassionati, come è successo con Tesla, e in parallelo verrà proposto un modello di trasporto a chiamata.

Sono molti gli attori che ambiscono a svolgere un ruolo attivo, ad iniziare da Uber che considera strategico il passaggio all’auto senza guidatore per dimezzare i costi. 

Possiamo immaginare che anche le aziende di trasporto pubblico tenteranno di ricavarsi un proprio spazio. In effetti, la gestione di una flotta urbana autonoma potrebbe sostituire le linee meno utilizzate e migliorare il servizio, per esempio garantendo l’arrivo ad una fermata di metro o tram “just in time”.

È probabile che sul lungo termine conviveranno mezzi di proprietà individuale, servizi di sharing per singoli utenti e robo-taxi per uso collettivo, essenziali per arrivare ad una drastica riduzione del numero di veicoli circolanti.

L’offerta di trasporto sarà dunque molto diversificata con una quota di auto autonome, un trasporto pubblico molto flessibile e uno spazio per le biciclette, che potranno circolare più sicure.

Questo futuro verrà favorito dall’adozione da parte di un numero crescente di città di misure per scoraggiare o proibire (vedi Oslo) l’uso delle auto convenzionali.

Ma vedremo veicoli autonomi anche nelle autostrade che potrebbero così triplicare la loro capacità, con implicazioni facilmente intuibili sui nuovi investimenti infrastrutturali.

Naturalmente la rapidità di diffusione delle auto CAE dipenderà da un grande numero di variabili. Per dare un riferimento, citiamo la valutazione di McKinsey, secondo cui nel 2030 il 15% delle nuove auto potrebbe essere senza guidatore.

E il RMI di Amory Lovins stima che nel 2035 i consumi di benzina negli Usa potrebbero ridursi del 60%, a fronte di un aumento del 10% della domanda elettrica.

Una diffusione su larga scala di veicoli autonomi presenta evidenti vantaggi: numero dimezzato di auto, drastica riduzione degli incidenti, minori emissioni nelle città e taglio della CO2 da trasporti, liberazione di spazi adibiti a parcheggi, eliminazione della congestione, servizio più efficiente a minor costo …

Ma ci saranno anche dei contraccolpi da considerare: taglio di posti di lavoro nell’industria dell’auto, del petrolio e delle assicurazioni; ricadute pesanti anche per autisti di camion, taxisti, meccanici, distributori di benzina, ecc..

Se non gestita con attenzione, la rivoluzione CEA potrebbe inoltre portare ad un aumento dei km percorsi e favorire la scelta di abitazioni lontane dal centro (effetto sprawl). E non mancano aspetti etici da affrontare: in caso di scelta tra un incidente potenzialmente mortale per dei passanti e un rischio per le persone a bordo dell’auto autonoma cosa dovrà scegliere il software?

Per finire, va considerata la riduzione di qualche punto percentuale delle entrate dello Stato legata alla riduzione dell’uso di carburanti, e non stupirebbe il tentativo di recuperare queste risorse tassando l’alimentazione elettrica dei veicoli.

Insomma, gli sconvolgimenti saranno notevoli e la partita andrà gestita con intelligenza e con largo anticipo. Di fronte ad un’innovazione dagli effetti così “dirompenti”, è importante immaginare le possibili evoluzioni per orientare investimenti, individuare linee di ricerca, definire strategie.

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