Obbligo contabilizzazione del calore, il nodo UNI 10200 e le incertezze sulla quota fissa

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La norma è ancora in fase di revisione, ed è attesa nella sua versione definitiva per i primi di novembre. Tra i punti da chiarire il calcolo della percentuale da assegnare alla quota fissa per i consumi involontari e lo stato dell'edificio da considerare. Ma c'è anche la possibilità di non applicare la UNI 10200.

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Sta per scattare, per tutte le Regioni d’Italia, il nuovo obbligo della contabilizzazione del calore, previsto dal decreto legge 102/2014 con cui è stata recepita la direttiva europea sull’efficienza energetica.

Per ridurre i consumi ed educare il cittadino a una gestione autonoma e più efficiente del riscaldamento, il decreto impone di installare valvole termostatiche e contabilizzatori di calore entro il 31 dicembre 2016 in tutti gli appartamenti serviti da un impianto di riscaldamento centralizzato.

Chi non lo fa rischia una multa da 500 a 2500 euro e, a scanso di equivoci, una recente sentenza della Corte d’Appello di Trento ha ribadito che nessun condomino può rifiutarsi di installare sui termosifoni di casa propria le valvole termostatiche e i sistemi di contabilizzazione del calore deliberati dall’assemblea condominiale.

Il tema è stato al centro di diversi incontri al Salone internazionale dell’edilizia di quest’anno, che si è svolto a Bologna dal 19 al 22 ottobre. L’attenzione è stata focalizzata soprattutto su un punto critico: a ridosso dall’obbligo siamo ancora in attesa dell’aggiornamento della norma UNI 10200, indicata dalla legge come criterio per la ripartizione delle spese tra i condomini.

Tale norma è stata già oggetto di diverse revisioni e ogni volta che viene pubblicata nella sua versione nuova ci si accorge che c’è qualcosa da rivedere (addirittura a marzo la Commissione Tecnica del Senato ha proposto di eliminare il riferimento alla norma UNI 10200 dal decreto).

Attualmente la norma è in fase di inchiesta pubblica e il 28 ottobre si chiude l’esame delle modifiche presentate. All’inizio di novembre dovrebbe quindi essere pubblicata la versione (si spera) definitiva.

Qual è l’oggetto del contendere? Con la nuova contabilizzazione individuale del calore, ogni inquilino pagherà una quota per i consumi volontari, calcolata direttamente dai contabilizzatori della sua abitazione, e una quota fissa a copertura delle dispersioni di calore, delle spese per il riscaldamento delle parti comuni e per la manutenzione e gestione dell’impianto.

La norma prevede che in fase di diagnosi venga determinata la percentuale da assegnare alla quota fissa per i consumi involontari (tra il 20 e il 40%): nel caso in cui risulti una quota fissa più bassa l’inquilino dell’ultimo piano sarà penalizzato perché la spesa si sposterà maggiormente verso la parte dei consumi volontari che nel suo caso saranno maggiori. Al contrario chi abita nei piani intermedi sarà premiato da una quota fissa più bassa, perché subisce minori dispersioni di calore.

Per evitare questa disparità di trattamento si è pensato di introdurre dei coefficienti di adeguamento nelle tabelle di ripartizione delle spese, come avviene già in alcuni Paesi. Ma questi coefficienti sono stati oggetto di infinite discussioni.

Il provvedimento correttivo approvato a luglio dal Consiglio dei Ministri ha cercato di porre rimedio a questa situazione di disparità prevedendo la possibilità di non applicare la norma UNI 10200 se le differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari sono superiori al 50%.

In questo caso il condominio è autorizzato a ripartire le spese secondo le tradizionali percentuali del 70% per il consumo volontario e del 30% per la quota fissa.

Alcuni condomìni, per evitare ulteriori discussioni, potrebbe essere tentati di non utilizzare la norma UNI 10200, attestando grosse differenze di fabbisogno termico tra gli appartamenti dello stabile. Ma bisognerà sostenere comunque una spesa perché occorre una relazione tecnica, stilata da un professionista, che dimostri tali differenze.

Infine, c’è un altro nodo ancora da sciogliere: quale deve essere lo stato dell’edificio su cui viene effettuato il calcolo del fabbisogno termico, da cui dipende la spesa della quota fissa dei singoli appartamenti? Le scelte sostanzialmente sono due: o si decide di far riferimento allo stato originario dell’edificio o si propende per lo stato attuale.

In questo secondo caso, chi stabilisce ogni quanto tempo va rinnovata la tabella dei millesimi termici? Il calcolo andrebbe modificato ogni volta che nell’edificio interviene un cambiamento, quindi ogni volta che qualcuno cambia anche semplicemente gli infissi del suo appartamento. E questo complica abbastanza la vita degli amministratori di condominio.

Se invece si propende per lo stato originario dell’edificio al momento della costruzione (dovrebbe essere questa la direzione verso cui si sta andando) si rischia di vanificare in parte l’obiettivo della nuova contabilizzazione, che è quello di spingere ogni condomino verso una migliore efficienza energetica della propria abitazione.

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