Emissioni ed omissioni, le polveri sottili dalla combustione domestica di legna e pellet

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Sui consumi di legna e pellet in Italia e sulle emissioni di particolato prodotte dalla combustione domestica di biomasse ci sono lacune e discrepanze rispetto alla realtà. Inoltre, mettere sul banco degli imputati i generatori domestici più performanti è scorretto. Una risposta del direttore tecnico di AIEL ad alcuni recenti articoli.

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Abbiamo letto con interesse l’articolo originale di Gilardoni et al. Dell’Isac-CNR (Direct observation of aqueous secondary organic aerosol from biomass-burning emissions, PNAS 6/2016 vol. 113, no. 36).  

Il fatto che in Val Padana, caratterizzata da elevata umidità dell’aria e frequenti episodi nebbiosi – benché dimezzati dai primi anni ‘90 ad oggi, come rilevato dallo stesso Isac-CNR – si verifichi un incremento della formazione in atmosfera di aerosol secondario originato dalla combustione domestica del legno, incoraggia la nostra associazione a proseguire nelle attività di promozione delle più moderne tecnologie di combustione domestica.

Chi usa la legna per riscaldarsi deve farlo con consapevolezza e responsabilità. Apparecchi domestici caratterizzati da prestazioni tecnico-ambientali insufficienti, sia per età del generatore sia per il basso e superato livello della tecnica di combustione, non sono più compatibili con il miglioramento della qualità dell’aria del bacino padano.  

La scelta consapevole di un generatore a legna non deve pertanto concentrarsi solo sul fattore di emissione di polveri, ma anche sulle emissioni di Carbonio Organico Volatile (VOC). Questo perché la componente non metanica del VOC, (NMVOC) pari a circa il 60-70% del totale, in inverno a contatto con l’atmosfera fredda origina una serie di composti, tra i quali l’aerosol secondario organico (SOA), ovvero il particolato condensabile secondario.

Inoltre, la componente carboniosa organica delle emissioni – particolarmente elevata nelle tecnologie tradizionali di combustione e nell’uso non corretto dei generatori (legna umida, sovraccarico della stufa, errata regolazione, ecc.), determina il livello di tossicità del particolato per la salute umana.

Recenti studi dell’Università di Lucerna (Zotter, Richard, Egli, Nussbaumer, 2016) hanno dimostrato – sulla base di analisi cellulari in-vitro – che il livello di tossicità sulle cellule polmonari della componente carboniosa organica condensabile (COC), nel caso di generatori automatici domestici in ottimali condizioni di combustione, è nullo o trascurabile, anche nel caso di elevate concentrazione dei gas di scarico. Esiste quindi un divario tra le emissioni di VOC a seconda del tipo di generatore e del suo livello tecnologico.

Nonostante il notevole progresso delle stufe a legna, rimane ancora molto da fare. In un recente convegno dell’International Energy Agency (IEA Task 32, Berlino 2016) è stato dimostrato che l’innovazione tecnologica delle stufe a legna (misure primarie) può da sola portare ad una riduzione del 50% delle polveri primarie e dell’80% del carbonio organico volatile.

Quello che ci preme evidenziare, inoltre, è che negli attuali inventari della qualità dell’aria gli effetti “incrementali” delle emissioni di particolato primario dei generatori domestici a biomasse (condensabili, non corretta gestione generatore, ecc..) sono già ampiamente considerati nell’attribuzione del fattore di emissioni (FE) di PM10.  

Anzi, secondo nostre elaborazioni e stime e dai confronti con i FE applicati in altri paesi europei, gli effetti “incrementali” delle emissioni di particolato primario applicati nel nostro paese sono significativamente sovrastimati.

In un progetto europeo da poco concluso, grazie al quale abbiamo eseguito numerose misure in campo su stufe a legna e a pellet installate presso le abitazioni degli utenti, ipotizzando che il 70% dei VOC misurati origini particolato condensabile in atmosfera, abbiamo rilevato un fattore di emissioni di polveri di 225 g/GJ per le stufe a legna e di 35 g/GJ per le stufe a pellet.

Negli attuali inventari, per le stufe a legna tradizionali si utilizza un FE di 480 g/GJ (+113%) e per le stufe a legna “innovative” 380 g/GJ (+70%). Per le stufe a pellet negli inventari si usa 76 g/GJ (+117%).

Nell’articolo di Gilardoni et al. (2016) si evidenzia che in “Europa la combustione domestica delle biomasse è aumentata negli ultimi anni”. Ci preme sottolineare che dal 1999 al 2014 l’aumento dei consumi di legna e pellet in Italia è stato circa del 15-20% e negli “ultimi anni” i consumi sono in calo, a causa dell’abbassamento dei gradi giorno (inverni miti), del turnover tecnologico e quindi dell’aumento del consumo di pellet in sostituzione alla legna.

Ad esempio, in Veneto negli ultimi 7 anni è stato rilevato un calo dei consumi del 12% (circa 260.000 t di legna). La riduzione dei consumi (per gli stessi motivi) è stata registrata anche in altri paesi europei.

In Germania, ad esempio, tra il 2010 e il 2014 c’è stato un calo del 10-16% del consumo di legna a scala domestica (Döring et al. 2016) e in Baviera – la regione con i maggiori consumi di legna – nello stesso periodo, il calo è stato del 22% (Borchert et al. 2016).

In Italia, soprattutto a scala nazionale, i dati ufficiali sui consumi e le emissioni di PM10 prodotte dalla combustione domestica di legna e pellet mostrano evidenti lacune e discrepanze rispetto alla realtà.

Mentre in altri paesi europei (Austria, Germania e Svizzera in primis), grazie a un consolidato sistema di rilevazione statistica trentennale dei dati di questo settore, si rileva un coerente calcolo delle serie storiche dei consumi e delle emissioni nel settore della combustione domestica di legna e pellet, in Italia – secondo i dati ufficiali – il consumo domestico di legna e pellet sarebbe aumentato di 5 volte in 8 anni e quindi le emissioni di PM10 di questo settore sarebbero 5 volte superiori a quelle del traffico stradale.

Queste tendenze sono in netto contrasto con quelle rilevate recentemente a scala regionale. In Veneto, ad esempio, i dati rilevati e correttamente confrontati con le stime precedenti, evidenziano per il settore della combustione domestica un calo delle emissioni di PM10 del 20% dal 2006 al 2013.

Su scala nazionale si calcola per il settore della combustione domestica un FE medio ponderato di 407 g/GJ (2014), in Germania è 96 g/GJ (2013), in Austria 137 g/GJ (2013). La Svizzera nel 2014 ha calcolato per i soli apparecchi domestici, con un consumo di 10,2 PJ (0,7 Mt di legna), una produzione di 1.670 t/anno di PM10, includendo la componente condensabile non metanica del carbonio organico volatile (NMVOC).

Quindi la Svizzera (2014) utilizza un FE di PM10 di 164 g/GJ (BAFU, 2016), due volte e mezza più basso di quello utilizzato dall’Italia.

Quanto riportato in questo articolo non ha come obiettivo quello di scagionare il settore dalle oggettive responsabilità rispetto all’ancora rilevante contributo alle emissioni di PM10. Tuttavia, i dati ufficiali nazionali restituiscono serie storiche di consumo ed emissioni di PM10 molto distanti dalla realtà.

Tutto questo riporta all’opinione pubblica e alla politica una lettura distorta rispetto alla realistica evoluzione che, negli ultimi vent’anni, ha caratterizzato sia i consumi sia le emissioni di PM10, favorendo una pericolosa escalation di allarmismo contro il nostro settore.

Un esempio a tale proposito è rappresentato dai due articoli pubblicati su Il Sole 24 Ore, di Jacopo Giliberto, il primo il 15 giugno e il secondo il 20 ottobre 2016. In entrambi i casi, oltre ad usare i dati ufficiali senza alcuna analisi critica e un eventuale confronto con altri paesi europei, che ci si aspetterebbe da chi fa informazione e inchieste giornalistiche, si mettono di proposito sul banco degli imputati le stufe a pellet, proprio i generatori domestici più performanti, che rappresentano il 20% del parco installato, producono ben il 17% dell’energia primaria del settore domestico e contribuiscono solo al 5% delle emissioni di PM10 della combustione domestica.

La problematica delle stime dei consumi e le emissioni della combustione domestica è stata analizzata nel dettaglio dalla nostra associazione attraverso uno studio specifico (pdf) di cui è stata pubblicata una sintesi a febbraio 2016.

Nonostante la disinformazione speculativa, alcune delle misure che AIEL ha proposto al Governo e alle Regioni per dimezzare in pochi anni il PM10 prodotto della combustione domestica di legna e pellet si concretizzano.

Ci riferiamo in particolare alla pubblicazione della d.G.R 5656/2016 della Regione Lombardia che similmente agli autoveicoli, orienta i provvedimenti di limitazione all’esercizio dei generatori a biomasse alle classi prestazionali peggiori, e allo sviluppo da parte della nostra associazione del nuovo sistema di certificazione volontaria delle prestazioni ambientali dei generatori a biomasse “Aria Pulita”, sostenuto dalle industrie di costruzione di apparecchi domestici che aderiscono ad AIEL, e che vede la presenza di ENAMA, ENEA, ETIFOR, Legambiente e dell’Unione Nazionale Consumatori nei Comitati tecnico e di certificazione.

L’auspicio è di poter replicare a questi due articoli de Il Sole 24 Ore, per riportare alla pubblica opinione e ai decisori politici un’informazione più coerente e vicina alla realtà, senza la quale è impossibile mettere in campo efficaci politiche ambientali ed energetiche per l’Italia.

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