Efficienza energetica, storie di successo dai paesi emergenti

La IEA ha presentato alcuni esempi di buone pratiche di energy-efficient prosperity in varie parti del mondo, dalle piccole e medie imprese alle singole abitazioni. L’importanza dell’efficienza energetiche nelle micro reti rinnovabili e per l’accesso universale all’elettricità.

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Come tradurre in pratica l’efficienza energetica? Dopo aver pubblicato dati e tendenze generali nel suo ultimo rapporto sull’argomento, l’International Energy Agency ha voluto raccontare alcuni esempi di soluzioni e misure realizzate in vari paesi emergenti (La IEA e i trend dell’efficienza energetica spiegati in sei grafici).

Che siano abitazioni, piccole o grandi industrie, interi edifici, in Europa come in Africa e Asia, sono tantissime le opportunità di ridurre i consumi di elettricità e calore e di conseguenza le bollette, tagliare le emissioni inquinanti, aumentare il benessere delle comunità locali.

La IEA ha già evidenziato che le iniziative di efficienza stanno contribuendo a disaccoppiare la crescita economica mondiale dall’incremento dei gas serra, come ha confermato la diminuzione complessiva dell’intensità energetica (cioè la quantità di energia impiegata per unità di PIL).

Sappiamo che il contributo della Cina è fondamentale in questo progresso, grazie anche al ruolo delle ESCo, le società di servizi energetici che in Cina sono oltre 5.000 e danno lavoro a più di 600.000 persone.

Buone pratiche nelle industrie

Vediamo allora qualche buona pratica di efficienza in diversi continenti, partendo dal comparto industriale/commerciale.

Un primo esempio arriva dall’India, dove la Confederation of Indian Industry ha promosso una serie di programmi: il più importante è “Perform, Achieve and Trade” che coinvolge quasi 500 aziende in otto settori manifatturieri a elevata intensità energetica.

Questo programma fissa obiettivi e incentivi di risparmio energetico, con un sistema di premi e penalità per le imprese che riescono, o non riescono, a conseguire i miglioramenti richiesti. Secondo le stime, ciò si traduce in minori spese annuali pari a un miliardo di dollari.

Altrettanto essenziali sono le misure di efficienza nelle piccole e medie imprese, prosegue la IEA citando la storia di Ivan Stojakovic, un produttore di pekmez, una sorta di marmellata a base di prugne molto popolare nei Balcani. Il processo produttivo assorbe molta energia per riscaldare i mastelli contenenti la marmellata.

Stojakovic ha così deciso di far installare un nuovo boiler a biomasse, in grado di sfruttare come combustibile quello che prima era uno scarto della lavorazione: i noccioli delle prugne.

Storie come questa possono sembrare poco rilevanti, ma è proprio dal loro moltiplicarsi in tutto il mondo, soprattutto nelle economie in via di sviluppo, che l’efficienza può guadagnare rapidamente terreno.

Qui ci colleghiamo anche alle considerazioni sulla povertà energetica e la sotto-elettrificazione di vaste aree geografiche (Mini-grid rinnovabili, costi in discesa e tecnologie sempre più evolute).

Efficienza e accesso all’energia

La IEA, infatti, ricorda il cosiddetto “paradosso del 66%” nell’Africa subsahariana, dove il 66% circa della popolazione – oltre 620 milioni di persone – vive senza accesso all’elettricità e dove, allo stesso tempo, il 66% degli investimenti nell’energia è destinato a esportare quella stessa energia, anziché utilizzarla a livello locale.

Una contraddizione ancora più stridente, osserva l’agenzia, quando si ricorda che quasi un terzo delle scoperte globali di petrolio e gas dal 2009 al 2014 è avvenuto proprio nell’Africa subsahariana

Non basta, insomma, la sovrabbondanza di risorse fossili e naturali per garantire un accesso equo e universale all’energia. Spesso accade il contrario.

Le micro reti alimentate con fonti rinnovabili e le iniziative di efficienza, quindi, sono indispensabili per rispondere al fabbisogno energetico di città e villaggi in cui le infrastrutture di rete sono insufficienti e i servizi elettrici discontinui e di pessima qualità.

Un’altra buona pratica citata dalla IEA riguarda il Ghana, che è stato il primo paese africano, nel 2007, a lanciare un piano nazionale per sostituire le vecchie lampadine a incandescenza con lampade fluorescenti.

Così nel corso degli anni i nuovi bulbi, installati in milioni di abitazioni, hanno consentito di ottenere un’illuminazione molto più stabile e sicura, con minori rischi di blackout. Inoltre, hanno ridotto la potenza di picco richiesta nell’ordine di 124 MW, che non è poco nel paese africano.

La IEA termina il suo viaggio raccontando la storia della famiglia Ngewana, in Sudafrica, che è riuscita a tagliare del 50% circa i consumi energetici della sua casa a Città del Capo con un mix di piccoli investimenti low cost e cambiamenti delle abitudini, grazie anche al supporto di Green Building Council South Africa.

Lampadine a basso consumo, ventilatori a soffitto, isolamento delle pareti, un pannello solare termico, una stufa a pellet: ecco le principali modifiche introdotte nell’appartamento di due piani. Il risultato è stato duplice: bollette molto più leggere e maggiore benessere per gli occupanti.

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