Come integrare il solare nella rete: nuovi modelli di previsione per le utility

Molte società elettriche non hanno ancora fatto i conti con lo sviluppo della generazione distribuita. Uno studio del Berkeley Lab esamina diversi casi negli Usa: l’obiettivo è prevedere quanti nuovi impianti fotovoltaici nasceranno e dove, cercando così di sfruttarli attivamente nelle smart grid.

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La generazione distribuita delle fonti rinnovabili cambierà profondamente il modo di operare delle utility: la maggior parte degli analisti è pronta a scommettere su tale affermazione. Si tratta di capire la velocità e l’intensità con cui avverranno tali trasformazioni (vedi QualEnergia.it).

Un nuovo studio coordinato dallo statunitense Berkely Lab si è concentrato proprio sull’impatto che potranno avere gli impianti fotovoltaici su tetto per le compagnie energetiche.

Con la diffusione costante dei piccoli impianti solari residenziali/commerciali (DPV, Distributed Solar Photovoltaics), questa è la premessa del rapporto di oltre 100 pagine (allegato in basso), le utility dovranno prendere decisioni critiche al momento di pianificare se, quali e quante nuove infrastrutture realizzare, come centrali termoelettriche, linee ad alta tensione e sistemi di distribuzione.

La sfida, allora, è prevedere con la massima precisione possibile quale sarà il “peso” della generazione distribuita sul sistema elettrico, costruendo così una rete più smart, cioè flessibile, sicura e al minor costo complessivo sia per gli utenti che per le utility.

Quante persone decideranno di installare i pannelli fotovoltaici sul tetto di casa? La risposta a questa domanda è molto complessa, avverte il documento di Berkeley Lab, perché condizionata da una serie di fattori a volte contrastanti: politiche federali, incentivi locali, evoluzione dei prezzi delle installazioni, costo medio delle bollette, propensione all’autoconsumo di energia elettrica, caratteristiche delle singole abitazioni (soprattutto l’esposizione del tetto) e via dicendo.

L’importante, secondo gli analisti, è che le utilities siano consapevoli della transizione energetica in atto e comincino a pianificare con maggiore attenzione gli investimenti. Lo studio americano così ha esaminato circa trenta piani di sviluppo di società elettriche negli Stati Uniti, individuando alcune aree-chiave in cui intervenire.

Un punto essenziale è definire nuovi modelli di previsione sulla potenza fotovoltaica, cercando di combinare una serie di parametri come i dati storici, il potenziale tecnico delle installazioni nelle varie località, proiezioni sui costi/benefici del solare, tempi di ritorno stimati dell’investimento per gli utenti finali.

Il passo successivo, quindi, è identificare i possibili scenari futuri e le relative misure da adottare: il problema è che pochissime utility già considerano il fotovoltaico distribuito come una risorsa da sfruttare in modo proattivo.

Significa, in sintesi, incorporare la generazione dei piccoli impianti rinnovabili nelle reti del futuro, facendo partecipare quegli stessi impianti ad alcuni servizi, come la regolazione di frequenza e il bilanciamento di domanda/offerta, grazie anche all’introduzione di sistemi di energy storage.

Ci saranno problemi inediti da affrontare e gestire. Ad esempio come comportarsi quando il fotovoltaico produrrà molta più elettricità di quella necessaria al momento? Qui entrerà in gioco l’accumulo elettrochimico, o anche la possibilità di ricaricare veicoli a zero emissioni nelle ore diurne.

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