La svolta ecologica francese: nel 2017 arrivano i green bond statali

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Annunciate dai ministri Royal e Sapin, le obbligazioni verdi saranno emesse per favorire gli investimenti pubblici in efficienza energetica e rinnovabili. La misura rientra nella transizione energetica voluta dal presidente Hollande, che comprende un alleggerimento di nucleare e una carbon tax.

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Sulla scia della Cop21 dello scorso dicembre e della legge sulla transizione energetica, approvata nel 2015, Parigi continua a elevare il suo impegno per un’economia più sostenibile.

La Francia, infatti, sta per lanciare delle obbligazioni verdi sovrane che avranno un ruolo fondamentale per finanziare progetti nel campo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.

L’annuncio è dei due ministri competenti, Ségolène Royal (Ambiente) e Michel Sapin (Economia) che hanno spiegato che queste obbligazioni statali saranno emesse dal Tesoro francese dal 2017 in avanti.

L’idea dei due esponenti del Governo è fare di Parigi una delle piazze finanziarie più importanti nell’ambito della green economy internazionale. I dettagli delle future “obligations vertes” non sono ancora stati resi noti. Sul comunicato ministeriale (in allegato in basso) si parla di un’operazione da diversi miliardi di euro.

Le politiche francesi per l’energia verde

A parlare di green bond è stato il presidente francese François Hollande, lo scorso 25 aprile, durante la Conferenza sull’ambiente nella capitale transalpina. Il suo discorso, in realtà, ha ripreso diversi punti che riguardano molto da vicino l’economia verde.

Perfino l’atomo è diventato, di recente, un tema piuttosto dibattuto nell’agenda politica: Hollande ha confermato l’obiettivo di ridurre il peso del nucleare, dall’attuale 75 al 50% del mix elettrico francese entro il 2025.

Meno reattori per lasciare più spazio alle rinnovabili, eolico (anche offshore) e fotovoltaico in primis. Hollande ha anche citato il mercato europeo del carbonio, quel sistema EU-ETS che negli ultimi anni ha dimostrato tutte le sue lacune. Tanto che la Francia ha in mente di fissare unilateralmente una sorta di carbon tax, un prezzo base minimo per ogni tonnellata di CO2 emessa dalle centrali termoelettriche a carbone e gas naturale.

Inoltre, il Governo transalpino ha proposto di fissare un “corridoio di prezzo” europeo della CO2, per riportare in alto le quotazioni dei crediti di emissione e favorire così nuovi investimenti in efficienza energetica e riduzione dei gas-serra (vedi l’articolo di QualEnergia.it sull’argomento).

I green bond

Che cosa sono esattamente i green bond? A spiegarlo è proprio una nota ministeriale. L’obbligazione verde, in sintesi, è uno strumento finanziario che consente ad aziende private o enti pubblici di raccogliere fondi sul mercato, da utilizzare per costruire nuove infrastrutture che, ovviamente, devono avere un’impronta “verde”, cioè favorire la transizione ecologica dell’economia e della società.

Produzione di elettricità pulita, isolamento termico degli edifici per ridurre i consumi energetici, trasporti a zero emissioni, mitigazione dei rischi climatici: sono tutti settori aperti all’emissione di green bond, con la differenza che, rispetto alle obbligazioni tradizionali, chi ottiene il prestito dagli investitori deve anche stilare un rapporto dettagliato sulle opere finanziate.

Un mercato in espansione

Il mercato delle obbligazioni verdi, prosegue la nota governativa, è in costante crescita e alla fine del 2016 si stima che avrà raggiunto cento miliardi di dollari in tutto il mondo, grazie anche all’ingresso della Cina, che nel primo trimestre dell’anno ha accumulato quasi sette miliardi di green bond.

Già nel 2007-2008 due colossi come la BEI e la Banca mondiale emisero le loro prime obbligazioni di questo tipo, mobilitando svariati miliardi di finanziamenti per le fonti rinnovabili e la tutela ambientale.

Al momento, il 32% circa dei green bond è stato emesso da aziende private, il 28% da banche commerciali, il 26% dal settore pubblico e il restante 14% da realtà locali (città, regioni).

Il problema, termina il documento ministeriale, è che si tratta di un mercato ancora poco organizzato, nel senso che mancano regole chiare e procedure standard per valutare l’impronta ecologica dei vari progetti, non solo ex ante ma per tutta la vita utile delle infrastrutture realizzate.

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