Transizione energetica in Europa: c’è il rischio che resti incompiuta

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Secondo le tendenze osservate nel rapporto EU Reference Scenario 2016, le attuali politiche su energia e clima porteranno sempre più in alto le rinnovabili, ma le fonti fossili continueranno a dominare il fuel-mix complessivo. Servono misure più decise soprattutto nel campo dei trasporti.

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Quale sarà il mix energetico nel 2050? A questa domanda ha tentato di rispondere un numero crescente di studi e ricerche delle più svariate organizzazioni puntando essenzialmente sulle previsioni. Diverso è l’approccio seguito nel rapporto EU Reference Scenario 2016 (allegato in basso) sull’energia, i trasporti e le emissioni di gas-serra nei 28 Stati membri.

Questa pubblicazione della Commissione UE, infatti, descrive delle tendenze: come sarà l’Europa di domani, assumendo che gli obiettivi clima-energia stabiliti finora da Bruxelles saranno raggiunti. Si tratta, insomma, di una proiezione verso “uno dei possibili stati futuri” del Vecchio continente, si legge nell’introduzione del documento, secondo determinate condizioni di partenza e utilizzando una serie di modelli economici e matematici.

Vediamo allora i principali risultati delle simulazioni.

La prima tendenza osservata (vedi grafico sotto) è il calo dei consumi finali di energia, grazie soprattutto alle misure di efficienza in tutti i settori. La discesa sarà abbastanza costante fino al 2035 circa, mentre poi i valori rimarranno pressoché stabili negli anni successivi.

Un dato interessante è la maggiore elettrificazione dei consumi, in particolare in campo residenziale e nelle attività legate ai servizi-terziario.

Per quanto riguarda la produzione netta di energia elettrica (vedi grafico sotto), il rapporto evidenzia la crescita delle tecnologie rinnovabili, dal 37% circa del mix complessivo nel 2020 al 56% nel 2050.

Le fonti non programmabili, eolico e solare, contribuiranno in misura più contenuta: 19% della generazione elettrica totale nel 2020, per poi salire al 36% trent’anni più tardi. Le fonti convenzionali, fossili più nucleare, di conseguenza, incideranno ancora per il 44%, mentre il 20% arriverà da biomasse e idroelettrico.

Il dato positivo è la crisi dei combustibili solidi, carbone e lignite, dal 22% tra cinque anni al 5% appena nel 2050.

L’eolico sarà la fonte pulita più produttiva in assoluto, grazie a più di 360 GW di potenza installata alla fine del periodo considerato nel rapporto e a una fetta molto consistente nella torta di generazione elettrica, pari al 25% circa.

Il quadro cambia spostandosi dal solo settore elettrico alla domanda totale di energia primaria (vedi grafico sotto).

È vero che le rinnovabili passeranno dal 10% del fuel-mix nel 2010 al 25% nel 2050, ma è altrettanto vero che le quote di gas, nucleare e petrolio rimarranno pressoché inalterate, rispettivamente intorno al 25%, 11% e 33% con l’oro nero al primo posto assoluto, a causa soprattutto della difficoltà di eliminare i combustibili tradizionali nei trasporti.

Anche in questo caso, il dato positivo è il crollo del carbone. In definitiva, però, la dipendenza energetica europea dalle importazioni resterà elevata, nell’ordine del 58% circa nel 2050, con un costo sempre più salato, destinato a superare 570 miliardi di euro tra poco più di trent’anni.

La chiave di lettura allora è chiara: senza un cambio di rotta più incisivo nella politica energetica comunitaria, l’Europa rischia di non cogliere appieno tutte le opportunità della transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili.

Guardando, infine, alle emissioni di CO2, le proiezioni non nascono con i migliori auspici, perché dopo il 2020 la riduzione dei gas-serra avverrà a un ritmo più lento di quello che la stessa Europa vorrebbe seguire. Il calo delle emissioni, sempre calcolato rispetto ai livelli del 1990, dovrebbe essere del 35% nel 2030 e del 47% nel 2050, quindi consistente ma ugualmente inferiore agli obiettivi già concordati per i prossimi anni.

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