Lampade fluorescenti a induzione, una tecnologia trascurata?

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Una tecnologia interessante soprattutto per l’illuminazione di grandi aree. Molto usata in certi Paesi, ma quasi sconosciuta da noi. Per alcune applicazioni le lampade fluorescenti a induzione sembrano molto competitive anche rispetto ai LED. Vediamo come funzionano e quali vantaggi danno.

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Fiat Lux! Sembra facile fare la luce, ma, se non sei un Dio, da qualche anno illuminare edifici e strade è diventato sempre più complicato, fra uscita di scena di vecchie e affidabili tecnologie, considerazioni ambientali, di costo e di consumi energetici, e nuove tecnologie che si susseguono senza lasciare il tempo di capire quale sia veramente la migliore.

Adesso si scopre che, nella fretta di cambiare, abbiamo forse trascurato una tecnologia molto interessante, soprattutto per l’illuminazione di grandi aree, che è molto usata in certi Paesi, ma quasi sconosciuta da noi: l’illuminazione fluorescente a induzione.

La rivoluzione moderna dell’illuminazione, com’è noto, in Europa è cominciata nel 2012, quando le lampade a incandescenza inventate da Edison nel 1878, sono state messe al bando.

Peccato perché la loro semplicità di funzionamento, l’immediatezza di accensione, l’economicità e il caldo colore della luce, le rendeva ideali. Sarebbero ancora fra noi se solo non fosse che durano solo 1000 ore, in media, e che durante quel periodo il 90% dell’elettricità che consumano se ne va in calore, non in luce: un rendimento insopportabilmente basso in tempi di cambiamento climatico e spinta per la riduzione dei consumi di materiali e di energia.

I punti deboli delle LFC

Al loro posto delle lampadine a incandescenza sono arrivate le lampade a fluorescenza compatte (LFC): in queste del mercurio gassoso viene eccitato da una forte corrente elettrica che passa fra due elettrodi immersi nel gas. Il mercurio emette luce ultravioletta che viene convertita in visibile da una polvere di composti di fosforo attaccata all’interno del tubo.

Le Lfc hanno un rendimento energetico circa cinque volte superiore alle precedenti, ma una serie di difetti (latenza di accensione, uso di materiali tossici che le rende complicate da smaltire, colore della luce spesso non ottimale), che non le ha rese molto simpatiche a tanti. A peggiorare ulteriormente le cose, la scoperta che la loro vantata lunga vita, in teoria sulle 8000 ore, in realtà spesso si rivela illusoria.

«La ragione del fatto che le LFC si guastano spesso prima del previsto risiede in due loro punti deboli: il fatto che gli elettrodi metallici devono attraversare il tubo che contiene il gas, creando un punto di possibile rottura, e l’elettronica che per farle funzionare deve stabilire fra gli elettrodi una forte tensione, il che aumenta lo stress e il surriscaldamento dei componenti elettronici, fortemente miniaturizzati per entrare nella base della lampadina» ci spiega Piero Pieracci gestore di una EsCo e quindi sempre alla ricerca delle soluzioni più efficienti per l’illuminazione.

L’avvento dei LED

A questa mezza defaillance delle Lfc, si sta ora ponendo rimedio con le lampade a LED, di efficienza circa 10 volte maggiore di quelle a incandescenza, immediata accensione ed estrema compattezza. Hanno anche una durata enorme, sulle 50mila ore.

Per contro i Led costano ancora cari, sono puntiformi, per cui devono essere riuniti in gruppi per produrre forti illuminazioni, complicando i dispositivi che li ospitano, e la loro luce spesso risulta meno gradevole di quella a cui ci avevano abituato le vecchie lampadine.

E c’è anche chi mette in dubbio la “vita quasi eterna” dei LED: l’associazione inglese di consumatori Which ne ha testati alcuni tipi, trovando anche 5 modelli che si rompevano prima di 6000 ore di funzionamento, e altri 5 prima di 10.000 ore.

Nonostante queste limitazioni i LED stanno saltando fuori come funghi intorno a noi: nelle luci domestiche, nelle insegne, nei fari delle auto, nei semafori e ora anche nell’illuminazione stradale.

Le lampade fluorescenti a induzione: come funzionano

Hanno insomma vinto loro la battaglia finale del Fiat Lux? Non è ancora detto, almeno per alcune applicazioni ci potrebbe essere di meglio. «I led, in effetti, sono al momento imbattibili per l’illuminazione domestica, essendo punti di luce, fra l’altro, permettono anche di creare soluzioni creative, impossibili prima», dice Pieracci «Ma queste fonti puntiformi si prestano meno bene a illuminare grandi superfici, soprattutto quando serve della luce diffusa, senza ombre troppo nette, come per esempio nelle strade o nelle fabbriche».

Per questi scopi Pieracci ha scoperto che in paesi come la Cina o gli Usa si usa moltissimo un tipo di lampada da noi poco conosciuta: quella fluorescente a induzione (FI).

Il principio di funzionamento è lo stesso delle LFC, ma qui a ionizzare il gas di mercurio è una corrente indotta da una o due bobine elettriche, poste all’esterno del tubo sigillato.

La corrente indotta è molto più debole di quella delle LFC, e il gas si ionizza lentamente, circolando all’interno del tubo, che deve quindi essere di dimensioni maggiori che nelle lampadine fluorescenti domestiche, quindi le FI partono al 90% della luminosità e raggiungono il massimo in pochi minuti.

«In compenso – spiega l’esperto – sono praticamente eterne: grazie alla mancanza di elettrodi e all’elettronica meno spinta, durano intorno a 100mila ore, o 20 anni di uso medio, consumando un po’ meno dei led, a parità di luce visibile. Il colore della loro luce può essere anche deciso a volontà, usando diverse miscele di polveri fluorescenti».

Per strade e grandi spazi

Purtroppo l’uso domestico delle lampade fluorescenti a induzione è escluso a priori.

«A causa della necessità di far circolare liberamente il gas, non possono essere miniaturizzate: tentativi di renderle compatte come le LFC sono per ora falliti, portando a lampade che si accendevano solo in parte. La minima potenza delle FI in commercio è di 80 watt, che corrisponde a circa 300 watt a incandescenza».

Ma queste lampade sarebbero la soluzione ideale per illuminare strade e grandi edifici, visto che arrivano fino a potenze di 400 watt, pari a una lampadina a incandescenza da 1500 watt.

Il confronto con lampade al sodio, al mercurio e LED

Per quegli usi oggi si impiegano da noi soprattutto lampade al sodio o al mercurio.

Le prime, spiega Pieracci, «durano sulle 24mila ore, hanno una efficienza che è la metà di quelle delle FI e producono una sgradevole luce gialla

Le seconde «hanno una luce più naturale, anche se sul bluastro, ma durano solo 6000 ore e hanno una efficienza che è solo un terzo delle FI.»

Quindi – conclude l’esperto – utilizzando le FI per questi scopi, si avrebbe una illuminazione che in pratica rimanda il cambio delle lampadine alla prossima generazione, e offre da subito risparmi energetici notevoli e una luce più gradevole. Per esempio una lampada da 100 watt al mercurio costa 40 euro, una Fi 200 euro: ma la seconda fa tre volte più luce e dura almeno 10 volte tanto».

Però, al momento, tutti sembrano puntare sui led anche per le grandi superfici, creando lampioni unendo decine o centinaia di punti luce.

«Sì, ma più che altro perché non si conoscono alternative. In realtà la necessità di unire in un unico punto luce decine o centinaia di Led rende quei dispositivi più soggetti a guasti e fa si che i costi di quelle lampade siano simili a quelli di una singola lampada FI di pari potenza, che però dura il doppio e la cui la luce è anche più diffusa e avvolgente, meno spiacevole di quella dei led quando usata in luoghi dove le ombre nette danno fastidio, come strade o luoghi di lavoro», conclude Pieracci.

Aspettando gli OLED

Insomma, almeno per certi usi, non è detto che i LED siano la scelta migliore.

E attenzione che in futuro a insidiare il primato dei LED, arriveranno anche i loro cugini OLED, led prodotti con speciali polimeri organici, oggi usati solo negli schermi tv di alta gamma, che producono luce bianca senza bisogno degli elementi rari usati dai LED e usando ancora meno elettricità a parità di luce.

Quando la loro produzione di massa per gli schermi, avrà fatto scendere abbastanza il loro prezzo, anche loro entreranno nel settore dell’illuminazione, offrendo una alternativa ai LED dalle caratteristiche quasi opposte: gli OLED emettono infatti luce da superfici grandi a piacere, anche intere pareti in teoria, producendo una illuminazione diffusa che è l’esatto contrario dei loro cugini inorganici. Gli architetti dell’illuminazione del futuro avranno insomma un bel po’ di alternative fra le quali scegliere.

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