Pendolari delle ferrovie regionali, figli di un dio minore

In attesa di conoscere le cause del disastro in Puglia sulla tratta ferroviaria Andria-Corato, grazie al rapporto "Pendolaria" raccontiamo con i numeri e con i tagli di risorse pubbliche di questi anni perché è così dura per quasi 3 milioni di persone spostarsi ogni giorno con i treni locali.

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Mentre si sta ricercando la causa del disastro ferroviario sulla tratta Andria-Corato in Puglia, che ieri ha causato la morte di 23 persone con decine di feriti, è balzato nuovamente alla cronaca un tema solitamente trascurato dalla politica e dalla stampa nostrana, il pendolarismo ferroviario.

Evitiamo di fare ipotesi azzardate sull’incidente, anche se potrebbe presto risultare che in base agli standard imposti dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, i treni su quel tratto di ferrovia pugliese circolassero solo per una deroga, che peraltro durava da anni.

Forse è bene parlare con i numeri, anche se i racconti dei passeggeri che ogni giorno affrontano un viaggio sui treni locali sarebbero molto più efficaci. Veri eroi di tutti i giorni.

In Italia il pendolarismo è un fenomeno rilevante. Sono quasi 3 milioni le persone che ogni giorno si spostano con il servizio ferroviario regionale. Passeggeri che spesso sopportano quotidiani ritardi, annullamenti di corse, affollamento, carrozze vetuste, sporche e non (o mal) climatizzate, guasti tecnici, furti di rame sulle linee, stop alle corse prima delle 22 e molti altri disagi.

Nelle città italiane si concentra l’80% della domanda di spostamento delle persone, per non parlare del trasporto merci dominato, con oltre il 90%, da quello su gomma. Quindi le politiche della mobilità dovrebbero avere come priorità proprio le ferrovie regionali. Ma i governi che si sono succeduti in quest’ultimo decennio hanno preferito investire in grandi opere, spesso poco utili ai cittadini, e in strade, cemento e asfalto ad uso e consumo dell’automobile privata e del trasporto merci su camion.

Il tema è sotto il continuo monitoraggio di Legambiente che con il suo rapporto “Pendolaria” (pdf) fa il punto annuale di questa che potremmo definire un’emergenza nazionale che però nel sud del paese diventa una sciagura.

Pensiamo ad esempio che ogni giorno i treni regionali che circolano in Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono meno di quelli della sola Lombardia (1.738 contro 2.300) e che i treni in circolazione nel meridione sono mediamente più vecchi di 4 anni rispetti a quelli circolanti al nord: 20,4 anni la media di età al sud contro i 16,6 di quelli a nord.

Molte delle linee nel sud sono più lente, spesso a binario unico, alcune non elettrificate e con sistemi di sicurezza meno tecnologici e aggiornati. Ma non è che in altre aree, come ad esempio il Lazio, seconda regione per numeri di pendolari, le cose vadano meglio.

Dal 2001 la competenza sul servizio ferroviario pendolare è passata alle Regioni che devono stabilire contratti di servizio con i concessionari (fino ad oggi soprattutto Trenitalia, e in futuro scelti con gare). Per il funzionamento del servizio le risorse sono garantite da finanziamenti Statali e regionali.

I tagli statali al servizio ferroviario regionale

L’ultimo rapporto “Pendolaria” ci dice che complessivamente dal 2010 i tagli al servizio ferroviario regionale sono stati pari al 6,5%, con punte del 18,9% in Basilicata, del 26,4% in Calabria, del 15,1% in Campania e del 13,8% in Liguria.

Ma al contempo si è assistito un po’ ovunque all’aumento del costo dei biglietti, con punte record in Piemonte (+47%), Liguria (+41%) e in Abruzzo e Umbria (+25%). In questo periodo sono poi state chiuse 1.189 km di linee ferroviarie.

In Puglia, dove si è verificato il disastro del 12 luglio, i tagli ai servizi sono stati del 3,6%, mentre le tariffe sono aumentate dell’11,3%.

A livello statale la riduzione dei finanziamenti è stata costante in questi anni, con una diminuzione delle risorse nazionali stanziate tra il 2009 e il 2015 pari al -20,5%.

Il rapporto di Legambiente spiega che il crollo nei trasferimenti è avvenuto con la Finanziaria 2010 e i tagli di Tremonti che introdusse una riduzione a regime del 50,7% delle risorse per il servizio. Si aprì così uno scenario di incertezza nella gestione di Contratti di Servizio che è ancora oggi una delle cause principali del degrado che vivono ogni giorno i pendolari.

In seguito il Governo Monti a fine 2011 intervenne per coprire una parte del deficit relativo al 2011 e al 2012, e poi introdusse un nuovo sistema di finanziamento del servizio legato in parte all’accisa su gasolio e benzina da trasporto e in parte attraverso un fondo unico per il trasporto pubblico locale per il ferro e la gomma che è in vigore ancora oggi. Dunque, atttualmente le risorse per il trasporto ferroviario pendolare sono in un’unica voce di spesa con il trasporto su gomma. Quando si dice la visione!

Anche se per il 2016 le risorse a disposizione saranno di poco superiori a quelle dello scorso anno (si passa da 4.819 a 4.925 milioni di €), queste restano inadeguate per i servizi necessari per i quali si stima, invece, una spesa annua di circa 6,5 miliardi di euro.

Ruolo delle Regioni

Visti i risultati del trasporto locale ferroviario in 15 anni si può affermare che il trasferimento dei poteri alle Regioni non ha funzionato. Nel rapporto di Legambiente si spiega come le Regioni abbiano certamente pagato il prezzo della disattenzione dello Stato e del taglio dei trasferimenti.

Oggi però le Regioni nel definire il Contratto di Servizio con i gestori dei treni, devono individuare i capitoli di spesa nel proprio bilancio per aggiungere risorse a quelle statali per potenziare il servizio (più treni in circolazione) e per il materiale rotabile (treni nuovi o riqualificati).

Una tabella riporta dati “imbarazzanti”. La quota degli stanziamenti per il servizio pendolare (dato 2014) sul bilancio regionale è ovunque molto bassa, ma tocca punte infime in alcune Regione del meridione, come la Puglia con appena lo 0,05% del totale.

Investire nel trasporto ferroviario regionale per i pendolari sarebbe un segno di una politica finalmente indirizzata ai veri e quotidiani bisogni dei cittadini e darebbe al contempo benefici all’ambiente, quindi per tutti, facendo abbandonare le auto private e riducendo la congestione del traffico.

Questa tragedia in Puglia sarà l’occasione per cambiare rotta o sarà dimenticata dalla politica? Comunque, va detto, molti politici e decisori pubblici che hanno gestito il servizio ferroviario regionale in questi anni sono moralmente colpevoli di aver reso la vita delle persone faticosa e, a volte, persino a rischio.

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