Riforma tariffe elettriche non domestici: le ipotesi peggiori per il FV lo sono anche per le PMI

Un'analisi di Confartigianato mostra come, tra le ipotesi delineate sulla riforma della tariffa elettrica per i non domestici, quelle più penalizzanti per l'autoproduzione da rinnovabili lo sarebbero anche per le imprese artigiane. Anche ANIE Energia e Italia Solare intervengono.

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Le ipotesi più radicali di riforma della tariffa elettrica degli utenti non domestici proposte dall’Autorità per l’Energia non taglierebbero solo le gambe a fotovoltaico, risparmio elettrico e cogenerazione: renderebbero anche più salata la bolletta per gran parte delle piccole e medie imprese.

A mostrarlo è un’analisi delle ipotesi proposte dall’Aeegsi svolta da Confartigianato. Per la micro e piccola impresa tipo dell’Indice Confartigianato nell’ipotesi più sfavorevole il costo dell’elettricità potrebbe salire di circa il 12%.

Anche ANIE Energia interviene su tema in un incontro con l’Autorità e, seppure per motivazioni diverse, concorda con Confartigianato: si scelga una delle due ipotesi che spostano in maniera minore i costi verso le parti fisse, le uniche che non comprometterebbero il mercato del fotovoltaico e delle altre tecnologie per risparmiare o autoprodurre elettricità (si veda analisi di QualEnergia.it). La stessa visione è di Italia Solare, che oggi pubblica la sua analisi sul dco (in allegato in basso).

Le 5 ipotesi

Come sappiamo, sono 5 le ipotesi di riforma delle tariffe dei non domestici proposte dall’Aeegsi in attuazione di quanto disposto dal Milleproroghe.

C’è l’ipotesi A, pienamente riflessiva della struttura tariffaria applicata ai servizi di rete; l’ipotesi B , in parte riflessiva della struttura attuale della tariffa di rete e in parte proporzionale all’energia elettrica prelevata, declinata in 3 versioni B1, B2 e B3 e l’ipotesi C (split) – che a differenza delle ipotesi A e B  prevede strutture differenziate per gli oneri derivanti degli incentivi alle fonti rinnovabili e gli altri oneri.

Per capire quali tra le ipotesi citate sono le più dannose per l’autoconsumo,  basta guardare al peso sul totale del costo in bolletta che ciascuna riserva alla parte variabile, cioè proporzionale all’energia prelevata: più questa quota è alta, maggiore è la convenienza a ridurre i prelievi dalla rete e, dunque, ad esempio, ad installare un impianto FV.

Attualmente il 92,89% dei costi dipende dalla quantità di energia consumata. L’ipotesi meno impattante per gli economics dell’autoproduzione è la B3 in cui la quota citata si ferma all’83,73%, seguita dalla C (73,74%) e dalla B2 (67,46%). L’ipotesi peggiore è invece la A, nella quale i prelievi di energia contano solamente per il 34,92% della spesa in bolletta.

A parità di consumi poi alcune proposte sono più favorevoli per gli utenti allacciati in alta e altissima tensione, altre per quelli in bassa e media: per gli utenti in alta e altissima tensione la tariffa più conveniente sarebbe la A, mentre per i clienti in bassa tensione le ipotesi migliori sarebbero la B3 e la C (vedi tabella).

I conti nelle diverse ipotesi poi cambiano a seconda di tipo di allaccio, potenza impegnata e consumi (si veda questa tabella).

L’analisi di Confartigianato

Per la micro e piccola impresa tipo dell’Indice Confartigianato, che presenta un rapporto tra consumo e potenza più basso della media – spiega in un intervento su Quotidiano Energia Enrico Quintavalle, responsabile Ufficio Studi Confartigianato – l’ipotesi A farebbe crescere i costi del 12,1%: “oltre il massimo del IV trimestre 2014, annullando di fatto l’effetto congiunto della riduzione del costo del ‘Taglia bollette’ e del ribasso del prezzo dell’elettricità.” Simile, spiega, sarebbe l’impatto della B1.

L’analisi della distribuzione del gettito degli oneri evidenzia che nella prima ipotesi la quota pagata dalle utenze in bassa tensione si alzerebbe di 10,9 punti percentuali, equivalente a 1,4 miliardi di euro su un gettito di 12,6 miliardi di euro, e nella seconda di 5,3 punti, che a parità di gettito vale circa 700 milioni di euro, ampliando ulteriormente il divario di costo unitario per oneri pagato da una bassa tensione rispetto ai grandi consumatori.

L’ipotesi B2, invece, “appare più neutrale per le imprese in bassa tensione”, mentre per Confartigianato risultano più favorevoli le rimanenti due ipotesi la B3 e la C.

La visione di ANIE Rinnovabili e di Italia Solare

B3 e C, per altri motivi, sono le ipotesi preferite anche dalle associazioni delle rinnovabili.

“Tra le opzioni presenti in consultazione – si legge in una nota diffusa da ANIE Rinnovabili dopo un incontro con l’Autorità – quella meno impattante sugli investimenti per l’autoproduzione da fonte rinnovabile e per l’efficienza energetica è la B3. Infatti si pone in continuità con la struttura tariffaria attualmente vigente, quindi dà maggiore stabilità al quadro regolatorio; inoltre potrebbe continuare a favorire la penetrazione delle tecnologie di decarbonizzazione, quindi generazione elettrica da fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento o mediante i sistemi di accumulo, tecnologia utile non solo ad ottimizzare l’impegno di potenza sulla rete elettrica, ma anche a favorire l’autoconsumo.”

“Tuttavia – prosegue la nota – l’opzione C risulta essere comunque accettabile, perché permetterebbe di tutelare anche gli investimenti già effettuati in efficienza energetica ed in autoconsumo.” L’associazione ritiene che le altre ipotesi (A, B1, B2) “non siano assolutamente in linea con lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e dell’autoconsumo.”

Analoghe le conclusioni di Italia Solare (vedi anche documento in allegato), che alla preferenza per B3 e C aggiunge una proposta: “si ritiene che debba essere eliminata (o al più mantenuta solo nei casi e nei limiti in cui è preesistente) la componente fissa per punto di connessione, spostando il relativo peso sulla quota per impegno di potenza o a consumo, perché la componente fissa per punto di connessione costituisce una forma di prelievo svincolata completamente dalle scelte dell’utente e quindi in chiara contraddizione con i principi dell’Energy Union per i quali l’elemento chiave della transizione energetica è la responsabilizzazione del consumatore.”

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