Auto elettrica, nasce “l’Airbnb delle prese di ricarica”

La nuova piattaforma online, lanciata in Svezia, facilita l’incontro di domanda e offerta di postazioni in cui fare il pieno di energia, proprio come fa Airbnb per i brevi affitti di alloggi e stanze. Basta registrarsi e scaricare un’applicazione per trovare le colonnine domestiche più vicine e adatte alle proprie esigenze.

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Agli svedesi non manca certo l’inventiva, quando l’obiettivo è diffondere il più possibile la mobilità sostenibile. Sono loro, ad esempio, ad aver inaugurato il primo (brevissimo) tratto di autostrada elettrica per camion, dove i mezzi pesanti ibridi viaggiano come se fossero dei filobus, con i pantografi collegati a una linea ad alta tensione.

Gli svedesi hanno anche applicato lo stesso modello di sharing economy (o economia della condivisione per chi preferisce i termini italiani) che impiega Airbnb per gli affitti brevi di stanze o appartamenti, in questo caso per far incontrare domanda e offerta di punti di ricarica per le auto elettriche.

La nuova piattaforma, e qui hanno un po’ peccato di fantasia, si chiama Elbnb e si rivolge, da un lato, a chi possiede un veicolo a zero emissioni, dall’altro a chi vuole trasformare la propria abitazione o garage in una vera e propria stazione di rifornimento per automobilisti ecologici.

Come funziona la piattaforma

Il portale online, promosso da Renault, anche se chiaramente l’iniziativa è aperta a vetture di qualsiasi marchio, è facile da utilizzare. Basta registrarsi e poi accedere all’applicazione attraverso un dispositivo mobile, cercando la presa di corrente domestica più vicina.

Orari e tariffe sono stabiliti dai proprietari delle postazioni elettriche: l’utente può attaccare la spina dell’auto per un’ora soltanto, o per tutta una notte, dipende dalle proprie esigenze, dalle fasce di utilizzo fissate dai residenti e dalle caratteristiche di potenza e velocità dei singoli punti di ricarica.

La mappa di questa nuova sharing economy conta già oltre 1.200 colonnine di rifornimento private, perlopiù nelle aree urbane di Göteborg e Stoccolma.

Il problema dei rifornimenti

In Svezia come altrove, il principale ostacolo alla circolazione dei veicoli elettrici è l’assenza di una rete di stazioni in cui fare il pieno di energia. La Norvegia, come evidenziava il rapporto della IEA sul futuro dell’auto a zero emissioni, è il primo paese al mondo quanto a immatricolazioni di vetture elettriche e ibride plug-in, 20-30% delle vendite mensili complessive. E la Svezia, sempre secondo i dati della IEA, è uno dei pochissimi paesi dove la quota di mercato di tali veicoli è superiore all’uno per cento del totale.

A spingere in questa direzione sono i programmi governativi scandinavi, con incentivi e agevolazioni riservate agli acquirenti di mezzi “alternativi”. È chiaro che queste Nazioni si stanno impegnando molto per rivoluzionare il nostro concetto di mobilità privata, anche senza tirare in ballo i traguardi più difficili da raggiungere, tipo bandire la vendita di auto a benzina/gasolio entro una certa data, 2025 in Norvegia mentre la Svezia al 2030 vorrebbe avere una mobilità verde al 100%

Soluzioni vehicle-to-grid

Condividere le prese di ricarica può essere una buona soluzione, certo non definitiva, al problema dei rifornimenti. Attenzione poi a non confondere Elbnb con le applicazioni vehicle-to-grid, come quella che Enel e Nissan intendono sperimentare in Gran Bretagna: in questo caso, infatti, si tratta di far dialogare le batterie delle auto con la rete elettrica, tramite un software speciale che permette di decidere se, quando e quanto ricaricare la vettura o, invece, se cedere l’energia stoccata nella batteria alla rete per alimentare un’abitazione o ricaricare un altro veicolo.

Si otterrebbe così una rete intelligente, con una gestione in tempo reale dei vari flussi di energia tra automobili e utenze domestiche.

Dal dieselgate all’elettrico

Intanto sembra che il dieselgate di Volkswagen negli Stati Uniti possa trasformarsi in un’opportunità per promuovere l’auto elettrica. Secondo un recente articolo di Wired, infatti, la casa tedesca destinerà due miliardi di dollari per attività di ricerca e sviluppo nel campo della mobilità a zero emissioni.

VW ha da poco negoziato con le istituzioni americane, tra cui l’EPA (Environmental Protection Agency) la cifra complessiva che dovrà sborsare per risarcire i danni causati dal dieselgate: 15 miliardi di dollari, di cui la maggior parte per riparare o sostituire i veicoli “sporchi”, mentre un altro paio di miliardi per misure di mitigazione ambientale e riduzione delle emissioni inquinanti.

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