Trasformare la propria auto in ibrida, alimentata anche dal solare

È un progetto, Hy Solar Kit, su cui sta lavorando un gruppo di ingegneri dell’Università di Salerno, diretti dal professor Gianfranco Rizzo, con alcuni partner. Si tratta di modello ibrido con il motore termico affiancato da uno elettrico, alimentato da una batteria compatibile con l’energia solare ottenibile dalla carrozzeria.

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Da diversi anni QualEnergia.it pubblica articoli sulla conversione delle auto con motore a combustione interna in auto elettriche. L’ultimo di questi è uscito a gennaio scorso in occasione dell’emanazione del regolamento che dovrebbe rendere più facile questo tipo di modifiche.

Quel tipo di conversione richiede in realtà un lavoro non indifferente, fra rimozione del motore, aggiunta delle batterie, del propulsore elettrico e dell’elettronica, e costi parallelamente alti.

Ma c’è una strada “di compromesso”, meno radicale e meno costosa, che si potrà presto seguire, se si realizzeranno i progetti di un gruppo di ingegneri dell’Università di Salerno, diretti dal professor Gianfranco Rizzo: trasformare la propria auto in una ibrida, alimentata anche da energia solare.

«Abbiamo cominciato a pensare a questa possibilità dal 2005, quando abbiamo convertito in ibrido-solare un furgoncino elettrico, con un generatore Diesel e pannelli solari per la sua ricarica. L’idea piacque molto e ricevette anche finanziamenti e premi a livello nazionale ed europeo. Visto il successo, abbiamo deciso di estendere l’idea al bersaglio grosso: le auto», ci racconta Rizzo.

Passare dal furgoncino solare all’auto solare è un salto affascinante, ma la fisica non perdona: per muovere un veicolo pesante come un’auto l’energia solare raccoglibile dalla superficie della carrozzeria non è sufficiente. Basti considerare che le auto elettriche commerciali, per garantire una autonomia di 150-200 km, montano batterie di circa 25 kWh: se si tentasse di alimentarle con le poche centinaia di watt di potenza dati da pannelli sul tetto e cofano dell’auto, una loro ricarica richiederebbe, in condizioni reali di illuminazione, 100 o più ore.

Se si vuole fare un’auto (una vera, non un prototipo monoposto da competizione) almeno in parte solare, quindi bisogna pensare a un modello ibrido, in cui si conservi il motore termico, affiancato però da uno elettrico, alimentato da una batteria compatibile con l’energia solare ottenibile dalla carrozzeria, dalla frenata “rigenerativa” e, volendo, dalla rete elettrica, che riduca i consumi di carburante e le emissioni e possa, quando possibile, anche muovere l’auto da solo.

Ma come compiere questa aggiunta su veicoli già esistenti, così da raggiungere il massimo mercato potenziale?

A Salerno ci proveranno con il progetto Hy Solar Kit, basato su innovazioni brevettate, che ha già raccolto un gruppo di partner industriali e ottenuto riconoscimenti e finanziamenti nazionali ed europei, quali il “Seal of Excellence” del programma Horizon 2020.

«Alla base della nostra idea c’è la possibilità di trovare sul mercato cerchioni per le ruote non motrici delle auto, predisposti per accogliere un motore elettrico. Questo consente di inserire la propulsione elettrica nelle ruote posteriori di auto a trazione anteriore, semplificando di molto la “ibridizzazione” del mezzo. Con una semplice staffa di collegamento del motore nel cerchione al telaio, siamo così riusciti ad aggiungere due motori elettrici da 7 kW l’uno a una normale Punto Fiat, alimentati da una batteria al litio da 4 kWh», spiega il professor Rizzo.

Ma che fine fanno i freni posteriori, se nel cerchione ci vanno i motori?

«I motori elettrici possono agire da freno in modo più che adeguato, trasformandosi in generatori, che convertono in modo più o meno spinto l’energia del moto in elettricità, rallentando l’auto mentre ricaricano le batterie. La funzione del freno di stazionamento è invece assolta da un dispositivo, normalmente usato come antifurto, sull’impianto frenante che blocca tutte le ruote. Ma sono possibili anche altre soluzioni, come quella proposta e brevettata dai nostri partner Actua e Landi, che prevede l’integrazione del motore elettrico nel disco freno posteriore, già sperimentata su un prototipo».

E come fa il sole a ricaricare la batteria?

«Su tetto e cofano dell’auto abbiamo incollato pannelli solari sottili, flessibili e molto performanti, prodotti dalla Solbian, società del navigatore solitario Giovanni Soldini, che li ha ideati per le barche a vela, da 300 watt».

In questo modo, considerando che un’auto passa oltre il 90% del suo tempo parcheggiata da qualche parte, il pannello riesce, in un giorno soleggiato, a ridare alla batteria gran parte della sua carica.

«L’accumulatore, comunque, può essere ricaricato anche da una presa esterna, oltre che dal veicolo stesso durante la marcia: quando il motore tradizionale è costretto a lavorare in condizioni di basso rendimento, per esempio nel traffico cittadino, è possibile, tramite il controllo elettronico, fargli erogare una potenza maggiore a parità di consumo, facendo assorbire l’eccesso dai motori nelle ruote posteriori, usandoli come generatori per ricaricare la batteria».

In effetti il vero punto di forza di Hy Solar kit è l’elettronica di controllo e soprattutto la semplice soluzione trovata per gestire il rapporto fra motore a scoppio e quelli elettrici.

«Per pilotare un veicolo ibridizzato, in teoria o si dispongono numerosi e costosi sensori per rilevare il funzionamento del motore originale e l’andamento dell’auto, oppure si usano i dati provenienti dalla centralina. Ma mettere le mani in questo cuore elettronico può far decadere la garanzia dell’auto, mentre i dati che fornisce sono quasi tutti criptati e occorre il permesso della casa costruttrice per utilizzarli. La centralina, però, fornisce in chiaro alcuni dati quali numero di giri, velocità e posizione del pedale dell’acceleratore. Ebbene, da queste minime informazioni, ottenibili accedendo esternamente alla centralina, come fanno i meccanici durante le revisioni, e senza sensori aggiuntivi, noi riusciamo a dedurre ogni decimo di secondo, grazie a specifici algoritmi, quale debba essere l’accoppiamento ideale fra le due propulsioni, in modo da tenere il motore tradizionale sempre al regime ottimale per ottenere i consumi più ridotti. Oltre a ciò gli algoritmi gestiscono “il traffico” fra pannelli, batterie, alternatore e motori elettrici, in modo da massimizzare il funzionamento di tutti. Naturalmente si può anche usare la sola propulsione elettrica, che può spingere, con una carica completa, l’auto per una quindicina di chilometri, ma, vista la ridotta potenza dei motori, a non più di 40 km/h».

Non si potrebbe mettere dei motori elettrici più grandi?

«Si, ma visto che la loro potenza va ad aggiungersi a quella del motore termico, non si può esagerare, essendo il resto dell’auto progettato per potenze inferiori. Pensiamo non ci si possa spingere oltre un aumento del 20-30% della potenza di listino. Questa aggiunta è comunque più che sufficiente a aumentare sensibilmente le prestazioni dell’auto, per esempio riduce i tempi di accelerazione da 0 a 100 km/h del 25%».

Dotare la macchina di quattro ruote motrici, oltre ad aiutare in caso di fondo stradale sconnesso o scivoloso, consente altri interessanti sviluppi.

«Stiamo studiando sensori e algoritmi che percepiscano eventuali sbandate dell’auto e le correggano variando in modo indipendente i giri dei due motori elettrici posteriori»

Ma, tutto sommato, che effetti ha questa ibridizzazione sui consumi dell’auto?

«Le prove che abbiamo condotto con la nostra Punto indicano una riduzione fino al 20% dei consumi e delle emissioni, per tipiche condizioni di utilizzo in città, performance comparabili a quelle di una ibrida di serie, che creano le premesse perché un’auto così convertita possa accedere alle zone a traffico limitato».

E i costi della conversione?

«Stimiamo un costo del kit e relativo montaggio sui 3-4.000 euro, passando a una produzione industriale del kit e considerati gli attuali trend di riduzione dei costi di batterie, pannelli solari e ruote motorizzate»

A proposito, ma questo kit chi lo realizzerà?

«Per la fase di industrializzazione metteremo insieme le nostre competenze con le capacità industriali gli altri partner Actua,  Solbian, CiaoTech e Landi, che è leader europeo dei kit di conversione per auto a Gpl e metano. Intanto abbiamo fondato una start-up, eProInn, spin-off dell’Università di Salerno, e con i nostri partner abbiamo candidato questo progetto al programma europeo Horizon 2020, per ottenere fondi di sviluppo. Un’altra parte importante del lavoro sarà rivolta alle procedure di omologazione, con l’obiettivo di ottenere l’emanazione di normative analoghe a quelle che consentono la conversione di auto normali in auto elettriche. Se tutto procede come previsto, tra un paio di anni potremmo produrre Hy Solar Kit su grande scala».

Un video di presentazione di HySolarKit

 

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