Eolico nostrano: quanti e quali benefici dal rinnovamento degli impianti

  • 15 Giugno 2016

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In occasione della Giornata del Vento, l'ANEV, l’associazione nazionale energia dal vento, ha organizzato una serie di eventi, tra i quali un appuntamento nella sede del GSE, dove è stato presentato lo studio Althesys “Il rinnovamento del parco eolico italiano”. Alcuni dati.

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“L’energia eolica sta vivendo nel mondo una fase di grande sviluppo, che potrebbe coinvolgere maggiormente anche l’Italia, se si decidesse di avviare un’operazione di rinnovamento degli impianti più obsoleti, che permetterebbe di aumentare la potenza “green”, ridurre il costo del kWh e creare nuovi posti di lavoro”. Lo ha sottolineato Alessandro Marangoni, CEO di Althesys, oggi, 15 giugno, data in cui si è celebrata la Giornata mondiale del Vento.

Per l’occasione ANEV, l’associazione nazionale energia dal vento, ha organizzato una serie di eventi, tra i quali un appuntamento istituzionale nella sede del GSE, dove è stato presentato lo studio Althesys “Il rinnovamento del parco eolico italiano”.

Tra i benefici derivanti dall’operazione di rinnovamento, che vale complessivamente 2,1 miliardi di euro tra minori costi e ricadute economiche – ha sottolineato Alessandro Marangoni di Althesys – vi sarebbe la riduzione del prezzo all’ingrosso dell’elettricità fino a 1,3 miliardi di euro grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico con merit order effect sul prezzo dell’energia in Borsa. 

Gli ulteriori benefici, per circa 800 milioni, deriverebbero principalmente dalle ricadute economiche sull’indotto e dalla riduzione degli incentivi. Interessanti, infine, anche i dati occupazionali: lo studio considera infatti la creazione di più di 7.000 nuovi posti di lavoro.

Sul versante tecnologico, la ricerca stima un potenziale di rinnovamento complessivo da 7,9 GW lordi, dei quali 3,9 GW per un contributo netto alla potenza installata di 2,3 GW entro il 2020, più 4 GW di nuova potenza da rinnovamento, per un contributo netto alla potenza eolica installata compreso tra 0,8 GW e 2,2 GW dopo il 2020.

“Approfondire un tema come quello del rinnovamento eolico oggi è fondamentale per consentire al settore di esprimere il suo potenziale in termini di produzione e di benefici ambientali – commenta il Presidente dell’ANEV Simone Togni – È emerso da recenti studi infatti che l’Italia ha aumentato nel 2015 le proprie emissioni di gas climalteranti con un incremento del 2,5% a causa principalmente del blocco delle rinnovabili”.

Togni si è lamentato del fatto che “partendo da questi presupposti e considerata la fase di stallo normativo è difficile ipotizzare che al 2020 si riesca a traguardare l’obiettivo dei 12.680 MW eolici installati previsti dal PAN, che tradotto sarebbero oltre 750 MW di nuove installazioni nei prossimi cinque anni”.

Il rinnovamento del parco eolico esistente, insieme alle nuove realizzazioni, consentirebbe invece di non perdere quegli impianti che sono ormai giunti a fine vita e che presentano le caratteristiche migliori per qualità del vento e accessibilità, dando la possibilità di migliorare il sito dal punto di vista paesaggistico (riducendo il numero di aerogeneratori), dal punto di vista tecnologico e della produzione.

Un altro tema caldo e spesso controverso per le rinnovabili e in particolare per l’eolico è quello dell’integrazione degli impianti nel paesaggio. Su questo si è espresso Roberto Banchini, Direttore del Servizio “Tutela del Paesaggio” della Direzione Generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

“L’eolico non è necessariamente in contrasto con il paesaggio e va assolutamente respinto l’assioma secondo cui le istanze di tutela dell’ambiente e di tutela del paesaggio sarebbero, in questo settore, divergenti e antinomiche”, ha detto Banchini.

“Non si può non rilevare tuttavia il sussistere di criticità significative, derivanti fondamentalmente dalla disordinata disseminazione di impianti sul territorio senza idonei e coordinati criteri di localizzazione a cui spesso assistiamo, con modalità che rendono assai difficoltosa la necessaria considerazione degli effetti cumulativi, e pressoché inapplicabile qualsiasi criterio di inserimento paesaggistico; occorre sicuramente aggiornare e integrare le ‘Linee guida’ di cui al DM 10 settembre 2010, ma anche riflettere sui limiti del più generale quadro normativo che regola il settore; l’assenza di adeguati indirizzi di programmazione appare tanto più eclatante nel caso degli impianti eolici off-shore, atteso che essi incidano sul demanio marittimo, e dunque in ambiti in cui sicuramente sarebbe più agevole introdurre nell’ordinamento procedure di pianificazione e di valutazione a carattere generale collocate ‘a monte’ di quelle di autorizzazione dei singoli impianti”, ha aggiunto (si vedano sul tema alcuni articoli di QualEnergia.it).

A livello internazionale le operazioni di crescita interna – installazioni di nuova potenza onshore o offshore – registrano un forte aumento nell’eolico, sia in termini di operazioni censite sia per capacità. Infatti, il 67,6% di potenza autorizzata e installata nel 2015 (1.624 MW) è eolica (+58% rispetto al 2014), con 2,4 miliardi di euro di investimenti e il 59% delle operazioni. Di questi, solo il 25% sono avvenuti però in Italia, con una taglia media degli impianti di 20 MW.

Il dato è dell’IREX Annual report 2016 pubblicato da Althesys, che analizza gli investimenti utility scale avvenuti nel 2015 nel settore delle rinnovabili da parte di aziende italiane ed estere in Italia e delle sole italiane all’estero, registrano un forte aumento nell’eolico, sia in termini di operazioni censite sia per capacità, (si veda anche QualEnergia.it – IREX 2016: 10 mld di investimenti nelle rinnovabili, soprattutto all’estero).

In Italia “in soli dieci anni l’eolico ha superato i 9.000 MW di potenza già installata e oggi l’energia dal vento è pari a un quarto del consumo delle famiglie italiane una crescita che ha richiesto ingenti interventi di sviluppo sulle reti di trasmissione, per integrare e sfruttare pienamente le diverse fonti e gestirne in sicurezza i flussi – ha spiegato Stefano Conti di Terna – Terna ha già investito 10 miliardi di euro in infrastrutture e continuerà a lavorare anche in futuro, con soluzioni e tecnologie sempre più innovative, per far sì che la rete elettrica rappresenti un vettore di crescita delle fonti rinnovabili”.

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