Gli operatori ci raccontano il loro mercato degli accumuli

A differenza del 2015 il settore dello storage per il fotovoltaico residenziale sta vivendo quest'anno un piccolo boom. Aziende e operatori ci raccontano il notevole interesse di installatori e clienti finali, cosa li spinge all'acquisto di questo componente, e ci danno qualche consiglio utile su come e cosa installare.

ADV
image_pdfimage_print

«La situazione attuale del mercato degli accumulatori? Mi ricorda i primi anni duemila per quanto riguarda il fotovoltaico, quando si cominciava a parlare di energia solare per tutti, frotte di elettricisti affollavano i primi corsi di formazione e alcune regioni, come Liguria e Trentino, iniziarono a destinare fondi per l’installazione dei pannelli, che usammo per montare il nostro primo impianto collegato alla rete a Genova, a casa di Beppe Grillo», ricorda Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare e fondatore di Enerpoint, società di vendita di impianti e materiale per il solare.

«Oggi, per quanto riguarda gli accumuli, ha rotto il ghiaccio la regione Lombardia, mettendo a disposizione 2,4 milioni di euro a fondo perduto, che sono stati assegnati tutti in meno di un’ora, i nostri corsi di aggiornamento e conferenze sullo storage fanno il tutto esaurito, e moltissimi tecnici si informano presso di noi su costi e possibilità di aggiungere questi dispositivi ai loro impianti fotovoltaici esistenti o nuovi».

Già, ma quanti sono quelli che poi veramente li comprano?

Avere dati precisi in Italia è come al solito complicato, ma l’Energy & Strategy Group ha stimato che nel 2015 sono stati acquistati circa 2000 impianti di questo tipo. Non male, ma considerando che i piccoli impianti FV in Italia sono oltre 500mila e che in Germania di sistemi di accumulo ne hanno già installati quasi 40mila, sono ancora una goccia nel mare.

Per capire come stiano andando le cose nel 2016 abbiamo raccolto dati e impressioni da alcuni operatori grandi e piccoli, raccogliendo indicazioni abbastanza univoche di un “lento boom” in corso, che ha alla base motivazioni abbastanza particolari.

«Tanti sono stufi di essere connessi alla rete e vengono da noi chiedendo di potersi staccare del tutto», ci spiega Andrea Galvani, di FGS, che da molti anni installa impianti con accumulo in Italia e in Africa, soprattutto per utenze isolate, ma che da un po’ ha iniziato a fornirli anche come integrazione alla fornitura di rete.

«Le ragione: non vogliono più regalare elettricità, che quando immessa in rete con lo scambio sul posto viene pagata pochi centesimi, mentre quando l’utente l’acquista dalla rete la paga i soliti 20 o più. Sono così decisi a staccarsi che non sono neanche tanto interessati ai ragionamenti sui tempi di recupero dell’investimento, e devo frenarli sui loro progetti di indipendenza totale, facendogli notare come staccarsi dalla rete sarebbe costosissimo, per il sovradimensionamento di impianto solare e accumulo che ciò richiederebbe», ha spiegato.

Così ripiegano su sistemi meno estremi? «Di questi, in effetti, ne stiamo vendendo sempre di più: 240 in tutto il 2015, già 166 fino a maggio di quest’anno. Il prezzo va sui 5-6.000 euro con 3 kWh di batterie al litio della durata stimata di una decina di anni. Non nascondo che recuperare la spesa non è scontato: meglio pensarci se si hanno molti consumi di notte. Per esempio stiamo ora realizzando un grande impianto in un allevamento di polli, che alimenterà con elettricità solare i 20-30 kW assorbiti dall’accensione notturna delle lampade termiche per i pulcini. In casi come quelli l’accumulo è straconveniente».

Ma all’orizzonte Galvani segnala un problema.

«Noi vendiamo sistemi Ups, cioè a isola. In pratica sono quelli derivati dai gruppi di continuità per evitare i blackout; mantengono l’abitazione attaccata alla rete solamente quando batterie e fotovoltaico non bastano da soli ad alimentarla, in tutti gli altri casi la staccano. La norma CEI 21 che regola questi impianti viene continuamente cambiata, e leggendo la proposta dell’ultima versione, si intravede il rischio che obblighi chi supera la potenza del contatore, sommando potenza dei pannelli e quella degli accumuli, a passare alla corrente trifase. In poche parole se mantengono quella versione, diventerà impossibile usare l’accumulo UPS nelle abitazioni, caso unico in Europa. È una norma assurda e speriamo che nella versione definitiva questo rischio venga evitato».

C’è da dire che la stragrande maggioranza degli impianti di accumulo proposti oggi, che hanno le batterie poste prima dell’inverter dei pannelli FV, non vengono considerati “generatori” nel senso della CEI 21 e non rientrino quindi in queste limitazioni normative.

Ricordiamo che un sistema di accumulo, sia esso integrato o separato rispetto ad un impianto di generazione e utilizzato per gestire produzione o carico secondo logiche destinate, per esempio, alla massimizzazione dell’autoconsumo, o secondo altre logiche funzionali ad esempio a criteri di efficienza energetica, deve rispondere alle prescrizioni contenute nelle norme di connessione CEI 0-16 e 0-21 nell’attuale formulazione; infatti, esso non si separa dalla rete in caso di assenza o di anomalia della stessa (tipico del funzionamento da UPS) ma secondo altre logiche (Le regole per aggiungere un sistema di accumulo ad un impianto fotovoltaico).

Anzi le regole per la loro installazione, sia in impianti nuovi che vecchi e incentivati, sono ormai chiare e non penalizzanti. Questa chiarezza normativa sta favorendo le installazioni dello storage, anche in forma originali, come quella proposta da SolarEclipse.

«Il nostro sistema di accumulo, brevettato e tutto Made in Italy – spiega il responsabile della società – si pone fra i moduli e il loro inverter: funziona quindi sempre in corrente continua, senza necessità di conversioni con l’alternata, aumentando il rendimento. Una sonda posta sull’impianto di casa segnala i consumi istantanei e regola il “traffico” della corrente fra pannelli, batterie e inverter: se i pannelli producono più del necessario, l’eccesso finisce nelle batterie, se producono meno, le batterie si aggiungono alla produzione dei pannelli, minimizzando così il traffico con la rete. Il sistema è utilizzabile senza problemi per gli impianti già esistenti dal secondo conto energia in avanti, e costa, con 3 kWh effettivi di batterie al piombo, 4.500 euro».

«Di questi sistemi – ci dice – ne abbiamo già installati oltre un migliaio, con una crescita che ci ha portato ora a venderne circa 100 al mese. Adesso, però, importeremo dagli Usa un prodotto innovativo: le batterie saline all’ossido di manganese della Aquion Energy, che sono sostenibili, robuste, durevoli e sicure, Non abbiamo ancora stabilito a quanto le venderemo, ma dovrebbero essere competitive con quelle al litio, a parità di prestazioni».

E un’altra importazione dagli States, quella del Powerwall della Tesla, sta provocando un boom di vendite anche per un’altra società, Coenergia, che distribuisce i suoi prodotti in tutta Italia.

«Mentre il 2015, dopo tutte le sue promesse, era stato un anno abbastanza grigio per gli accumuli, abbiamo venduto in tutto batterie per 590 kWh (considerando una media di 5 kWh a impianto, vuol dire circa 120 impianti, ndr); ora con il 2016 stiamo assistendo a un piccolo boom: nei primi cinque mesi ne abbiamo già consegnati per 1360 kWh», ci dice Cinzia Bardiani.

«Il nuovo sistema di accumulo made in Usa, di cui siamo distributori, ha acceso l’attenzione di tutti. Interessati dopo aver letto articoli in merito, molti ci chiedono informazioni, e poi procedono all’acquisto, altri invece optano per batterie meno capienti, inferiori ai 6,4 kWh del prodotto americano e quindi più economiche, come il REACT di ABB da 2 e 4 kWh. Siamo sicuri che con la discesa del prezzo delle batterie al litio dei prossimi anni, il trend continuerà. Già oggi se un kWh effettivo di accumulo con batterie al piombo gel Fiamm, di alta qualità e specifiche per la rete, costa circa 480 €/kWh, con le batterie al litio siamo sui 900 €/kWh. Il litio ha però una vita più che doppia e prezzi in continua discesa, il sorpasso di convenienza è insomma già qui».

E veniamo infine a un piccolo installatore che ci può dare il polso di cosa veramente accade “sul terreno”, la società Ipersolar di Lecce, che vende prodotti online e installa impianti nel Salento.

«L’interesse sta in effetti crescendo, e oggi installiamo circa un impianto al mese», ci dice Alessandro Pellegrino. «I nostri clienti sono persone che hanno il cruccio di autoconsumare troppo poco, infastidite dall’idea di “regalare” elettricità alla rete, per cui sono disposte anche a fare un investimento sugli accumuli, pur sapendo che richiederà poi 7-8 anni per essere recuperato. Noi gli proponiamo sia sistemi al litio che al piombo, ma devo dire che i primi scoraggiano molti. Se per un impianto fotovoltaico da 3 kW con accumulo al piombo si spende infatti sui 10mila euro, con il litio si arriva a 15mila, e la soglia psicologica dei 10mila per molti è dura da superare. Gli incentivi fiscali del 50%, diluiti come sono in 10 anni, non aiutano molto: sono visti un po’ come una elemosina».

Ma nella scelta tra piombo o litio ci sono altri fattori che andrebbero considerati.

«Mentre i sistemi al litio sono molto robusti, quelli al piombo hanno dei punti deboli che bisogna conoscere. Prima di tutto evitare la tentazione di rincorrere il prezzo più basso, acquistare solo batterie piombo-gel progettate per la rete e confrontare anche il loro peso, a parità di capacità più metallo c’è e meglio è. Attenti anche alle etichette, verificate a che temperatura sia stata calcolata la capacità, e scegliete quelle con le misure fatte a temperature più basse, perché misurarla ad alta temperatura è un po’ un imbroglio, visto che la batteria non deve operare al caldo. A questo proposito attenzione a dove sistemate gli accumulatori: spendete magari qualcosa di più di cavo elettrico, ma metteteli in locali a temperatura fresca e costante, come una cantina, Infine, occhio al software di gestione: deve evitare cariche troppo violente e scariche oltre il 30-40%. Per questo, per avere 3 kWh di accumulo effettivo, sufficienti quasi sempre per passare la notte con l’energia solare accumulata con il piombo servono almeno 10 kWh di batterie».

Fatto ciò, godetevi anche di notte il vostro sole privato.

ADV
×