BP Statistical Review 2016: “stop emissioni è cambiamento strutturale”

L'annuale rapporto statistico della compagnia petrolifera conferma che nel 2015 l'aumento delle emissioni di gas serra si è fermato: c'entra il rallentamento economico, ma il peso maggiore è della decarbonizzazione del sistema energetico. I dati e i grafici più significativi del nuovo report.

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Come si intuisce dai vari report sul clima e dalle notizie che arrivano dall’Artico, evidentemente non sta accadendo abbastanza in fretta, ma il cambiamento del sistema energetico mondiale procede. Lo mostra il dato sulle emissioni 2015 rilanciato dalla nuova edizione dello “Statistical Review of World Energy” di BP, un report zeppo di dati sull’energia mondiale che ogni anno pubblica la multinazionale petrolifera (vedi allegati in basso).

BP corregge lievemente il dato diffuso nei mesi precedenti dalla IEA, ma lo conferma nella sostanza: nel 2015 abbiamo emesso più o meno la stessa quantità di CO2 del 2014 e poco più che nel 2013.

Escludendo il 2009 anno culmine della recessione globale, la crescita della CO2 dello 0,1% dell’anno scorso è la più bassa dal 1992. Un deciso cambio di rotta rispetto agli ultimi 10 anni che hanno visto un aumento medio annuo dell’1,5%.

Ma da cosa è dipeso questo calo? Congiuntura o cambiamento strutturale. Secondo il report entrambe le cose: è in parte la “naturale conseguenza della bassa crescita dell’economia”, ma soprattutto “riflette i miglioramenti in termini di efficienza e la variazione del fuel mix”. Il grafico qui sotto rende bene l’idea di quanto hanno contribuito i diversi fattori e le diverse economie a frenare le emissioni:

Come si vede dal grafico a sinistra, il rallentamento dell’economia (GDP, cioè Pil nel grafico) ha avuto un suo ruolo, ma il grosso della riduzione dei gas serra avutasi nel 2015, rispetto alla media degli ultimi dieci anni, è stato merito del calo dell’intensità energetica (cioè del fatto che produciamo la stessa ricchezza consumando meno energia) e del cambiamento del mix energetico, cioè del fatto che usiamo meno combustibili climalteranti come il carbone e più fonti pulite come le rinnovabili.

Centrale, come si nota dal grafico sopra (parte destra), il ruolo della Cina, dove nel 2015 le emissioni sono diminuite per la prima volta in vent’anni (-0,1%). Questo da un lato riflette una minore intensità energetica nell’economia del gigante asiatico e una riduzione della dipendenza dal carbone, dall’altro può essere causato anche da elementi meno strutturali, come la contrazione registrata in alcuni settori energivori.

A livello globale, l’analisi rileva che la domanda di energia è cresciuta lo scorso anno dell’1%, valore appena più basso del 2014 (+1,1%) ma ben al di sotto della media dell’ultimo decennio (+1,9%). Come si vede dal grafico qui sotto però è calata molto l’intensità energetica, cioè il rapporto consumi energetici/Pil:

Escludendo anche in questo caso il 2009, anno della crisi economica globale, il tasso di crescita dei consumi del 2015 è il più basso dal 1998, ed è quasi totalmente ad appannaggio dei Paesi emergenti, dove si concentra ormai il 58,1% della domanda.

Interessante poi l’evoluzione delle varie fonti, riassunta nel grafico qui sotto. Come si vede crescono petrolio, gas e rinnovabili e cala il consumo di carbone.

Per la prima volta dal 1999 la quota del petrolio sui consumi totali sale, al 32,9%, grazie al crollo dei prezzi (vedi grafico sotto).

Salgono, anche se meno rispetto alla media dei 10 anni (+2,3%), i consumi di gas (+1,7%), con la quota che si attesta al 23,8% della domanda complessiva, mentre il carbone evidenzia una flessione della richiesta dell’1,8% e la quota più bassa dal 2005 sul mix (29,2%). In discesa anche il nucleare (4,4% della domanda).

Sempre in crescita, infine, le rinnovabili (al 2,8% della domanda di energia totale), che hanno messo a segno un progresso record nella produzione elettrica: un aumento del 15%, +213 TWh.

La produzione da eolico, si segnala è cresciuta del 17,4% nel 2015 e quella da solare del 32,6%. Le due fonti nel 2015 hanno dato rispettivamente 125 e 62 TWh. Nel fotovoltaico (grafico qui sopra a destra) la Cina e i mercati extraeuropei guadagnano sempre più spazio.

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