Un mix di soluzioni per ridurre le emissioni del traffico aereo

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Il traffico aereo è responsabile di oltre il 2% della CO2 globale e si stima che la sua produzione di emissioni di gas serra possa aumentare al 2020 del 70% rispetto ai livelli del 2005. Non saranno sufficienti singole soluzioni per risolvere il problema, ma un’azione congiunta e organica su più fronti.

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Il traffico aereo è responsabile per il 2% delle emissioni globali di anidride carbonica: 690 milioni di tonnellate solo nel 2012, circa il 30% in più del totale delle emissioni di un Paese come l’Italia.

Il contributo sale ulteriormente se si tengono in considerazione tutti i gas serra prodotti dal settore, NOx in testa, gas ad alto potenziale climalterante (GWP).

Le emissioni prodotte in alta quota, inoltre, aumentano ulteriormente il contributo schermante per via della condensa di vapore delle contrails – scie create solo ad alta quota dai gas di scarico dei propulsori jet – e del conseguente contributo alla creazione di cirri.

Ad esempio per il governo britannico, particolarmente impegnato sul fronte della riduzione delle emissioni del settore, il contributo del traffico aereo sul territorio di competenza influisce per il 13% sul totale delle emissioni del Regno Unito.

Il traffico planetario è in continua crescita e le sue emissioni, nonostante un previsto aumento dell’efficienza del parco velivoli del 2% annuo, si stima possano aumentare nel 2020 del 70% rispetto ai livelli del 2005, con picchi fino al 700% al 2050.

Gli impegni volontari e internazionali

In un mercato ricco di sussidi pubblici e con un budget in costante crescita, ci si aspetterebbe un intervento massiccio sulla regolamentazione in materia di emissioni inquinanti, climalteranti e acustiche.

Tuttavia la teoria si scontra con la presenza delle stesse compagnie nelle assemblee direttive delle organizzazioni e istituzioni titolate ad intervenire direttamente sull’argomento. Non stupisce, quindi, che lo stesso Airport Carbon Accreditation (ACA) – schema di certificazione volontaria per aeroporti – venga regolato dai medesimi soggetti e non preveda alcun target di riduzione, permettendo pertanto il raggiungimento del massimo livello con misure labili e spesso solo di facciata.

Lo schema prevede la compensazione dell’offset emissivo attraverso crediti di carbonio, mentre non impone alcuna misura efficace di riduzione preventiva.

La International Air Transport Association (IATA) ha recentemente dichiarato l’impegno a ridurre del 50% le emissioni assolute al 2050, rispetto ai livelli del 2005. L’obiettivo, ritenuto insufficiente dalla Commissione Europea, si concentra principalmente sul consumo di jet fuel in crociera e ben poco sulle operazioni aeroportuali, il cui impatto grava in maniera inversamente proporzionale alla lunghezza della tratta. I motori aeronautici, infatti, sono progettati per lavorare a regimi ottimali solo in alta quota e il loro impatto a terra, anche in termini acustici, aumenta esponenzialmente. Un’attesa media di 20 minuti prima del decollo corrisponde, in un anno, alle emissioni di circa 6.500 km in volo.

Le soluzioni

Le scelte per un futuro sostenibile non sono sempre semplici e vanno pianificate valutando anche il continuo incremento della popolazione, principale moltiplicatore delle emissioni a livello planetario. Non sono sufficienti singole soluzioni per risolvere il problema, ma un’azione congiunta e organica su più fronti. Vediamone alcune.

Definire target di riduzione a livello internazionale. La sola inclusione dei voli interni nel sistema cap & trade europeo è un primo passo, ma inefficace se non esteso ai voli internazionali e a livello globale. Gli strumenti di calcolo, la tecnologia e le soluzioni logistiche esistono; occorre un accordo vincolante che inneschi il dovuto turnover.

Imporre politiche di decarbonizzazione del traffico a terra. L’esempio virtuoso dell’aeroporto di Francoforte, che ha adottato dei mezzi elettrici per trainare gli aerei da e verso i terminal nella fase di taxi, dovrebbe essere modello di riferimento. L’impatto del ciclo di atterraggio e decollo può essere ridotto con misure di ottimizzazione del traffico a terra attraverso sistemi collaborativi e in volo con il tracciamento satellitare per il raggiungimento più rapido delle quote di crociera. Seppure i velivoli più moderni ne siano già predisposti, manca la volontà governativa internazionale e degli stessi enti di controllo del traffico aereo di renderlo obbligatorio a breve scadenza.

Spostare gli ingenti sussidi del traffico aereo verso quello su rotaia. L’avvento delle linee low cost ha di fatto reso il viaggio in treno molto meno conveniente, contravvenendo al principio del “chi inquina paga”. Pertanto, la misura andrebbe adottata almeno sulle tratte nazionali e transfrontaliere in grado di competere e sostituire il traffico aereo con linee veloci e tratte dirette. Viaggiare in treno produce impatti 10 volte inferiori a un viaggio aereo.

Eliminare progressivamente i voli a breve tratta. Le emissioni del ciclo di atterraggio e decollo vengono così ammortizzate sulla distanza (a partire dai 1.500 km) e il conseguente impatto ambientale per passeggero e per km è ridotto drasticamente. Su tratte fino a 1.000 km, il treno è già competitivo, calcolando il risparmio sui tempi di imbarco e di collegamento con i centri urbani.

Accelerare il rinnovamento dell’infrastruttura aeroportuale e il parco velivoli. Adottare jet biofuel da catena sostenibile, sostituire il parco circolante con modelli più leggeri, efficienti e in grado di alimentare le fasi di terra con motori elettrici alimentati con celle a idrogeno e ricaricati da pannelli fotovoltaici sul velivolo e sistemi di recupero cinetico in frenata.

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