Accumuli per il fotovoltaico: breve guida all’acquisto

Meglio le batterie al litio o quelle al piombo? Accumulo lato domanda o lato produzione? Vediamo gli aspetti da considerare per capire come scegliere un sistema di energy storage per il fotovoltaico. Una sintetica guida alle tecnologie sul mercato, ai prezzi e agli incentivi disponibili.

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Produrre da soli in modo pulito la propria energia grazie ai pannelli solari fotovoltaici montati sul tetto di casa è una scelta che molti hanno fatto negli anni passati e molti stanno continuando a fare anche adesso.

Anche se gli incentivi del Conto Energia sono finiti, grazie al calo dei prezzi degli impianti e alle detrazioni fiscali del 50%, prorogate per tutto il 2016, il fotovoltaico resta un buon affare e un intervento orientato anche all’efficienza energetica. Si riesce a rientrare dell’investimento in genere in tempi accettabili.

L’impianto fotovoltaico ovviamente produce solo quando il sole splende, mentre i consumi elettrici delle famiglie sono spesso concentrati nelle ore solari. Certo, si può scambiare energia con la rete, immettendola quando il sistema produce e in casa non si consuma, prelevandola poi quando il sole non c’è ma si richiede elettricità.

Per farlo esiste il meccanismo dello Scambio sul posto: ma in questa operazione di “scambio”, appunto, l’energia perde di valore economico rispetto a quando la si consuma “dietro al contatore”, cioè senza farla passare per la rete direttamente dai propri pannelli.

Per utilizzare quasi al 100% l’energia autoprodotta dall’impianto FV la strada più interessante, dopo un’attenta analisi della propria tipologia di consumo elettrico, è quella di dotarsi di un sistema di energy storage elettrochimico, ossia di un sistema di batterie.

L’opzione è sempre più popolare grazie agli incentivi che ci sono (vedi sotto) e anche all’ingresso sul mercato di prodotti che si stanno affermando come, per fare un esempio, SonnenBatterie o che hanno avuto un eco mediatico, come il Powerwall di Tesla.

Le soluzioni sono tantissime e molto interessanti: sotto trovate poi un po’ di consigli utili per scegliere il sistema di accumulo adatto alle vostre esigenze.

Le tecnologie: piombo o litio?

Le tecnologie su cui sono basati gli accumuli elettrochimici in commercio sono diverse: ioni di litio, piombo, sodio, sodio-nichel, sodio-zolfo. Le due tipologie di batteria più diffuse sono quelle al litio e quelle al piombo-acido.

Le batterie piombo-acido sono più economiche, ma hanno una vita utile minore. Inoltre sono ingombranti e devono essere posizionate obbligatoriamente in locali areati, perché durante la fase di carica producono gas idrogeno.

Garantiscono buone durate solo con una profondità di scarica (DOD) del 50%, cioè solo se non scaricate per oltre la metà della loro capacità di accumulo nominale. Quindi uno storage al piombo-acido da 10 kWh nominali garantisce un accumulo utile di 5 kWh. Tra quelle a piombo acido si distinguono la tecnologia AGM e OpzV; queste ultime, più care e concepite per l’uso ciclico, hanno durate più lunghe, garantendo fino a 2500 cicli di carica/scarica.

Le batterie agli ioni di litio sono meno ingombranti, hanno una vita utile molto più lunga, ma sono più costose. Possono essere usate con una profondità di scarica anche oltre l’80% della capacità nominale: basta dunque una batteria con capacità nominale più contenuta per lo stesso fabbisogno.

I costi

Quanto costano? La risposta non è facile da dare. I prezzi sono in continua evoluzione, per fortuna verso il basso, e le variabili in gioco sono molte: tecnologie usate, costi di installazione necessità di montare un nuovo inverter, spese burocratiche e offerte delle aziende.

Per avere un’idea indicativa, nella simulazione economica che abbiamo realizzato assieme ad RSE abbiamo ipotizzato che un utente con consumi di circa 4000 kWh/anno, che ha bisogno di una batteria da 5,5 kWh utili, dovrebbe investire, considerando tutte le spese, circa 5.800 € se sceglie la tecnologia al litio, e tra i 3.500 e i 4000 euro se opta per il piombo.

Gli incentivi disponibili

Al momento in Italia per installare le batterie su un impianto solare FV esistente o acquistare un sistema fotovoltaico con accumulatore ci sono due incentivi, uno disponibile per tutto lo Stivale e uno riservato a chi vive in Lombardia.

Chi installa un impianto fotovoltaico e/o un sistema di accumulo ha diritto alle detrazioni fiscali del 50% per le ristrutturazioni edilizie, che coprono metà della spesa e la rimborsano in rate spalmate su 10 anni.

Il contributo della Regione Lombardia è invece erogato all’acquisto ed è pari al 45-50% della spesa (a seconda della tecnologia, si veda qui per i dettagli).

I due incentivi, come chiarito a QualEnergia.it dall’Agenzia delle Entrate, sono tra loro cumulabili, ma la detrazione fiscale si applica solo sulla parte di spesa lasciata scoperta dall’incentivo regionale.

Ad esempio, se su una spesa di 5.800 euro l’incentivo lombardo eroga subito 2.900 euro, la detrazione fiscale verrà applicata solo sui 2.900 euro restanti, con un contributo di 1.450 euro, erogati in 10 rate annuali da 145 euro, scalate dalle tasse.

In pratica su un investimento di 5.800 euro i due incentivi cumulati rimborsano complessivamente 4.350 euro. Per chi non vive in Lombardia e deve accontentarsi solo delle detrazioni fiscali del 50%; qui l’incentivo scende a 2.900 euro (erogate in 10 rate annuali da 290 euro).

Come si installano le batterie: lato produzione, post produzione, contatori

I sistemi di accumulo possono essere “lato produzione”, cioè installati tra l’impianto fotovoltaico e l’inverter, che “post-produzione”, cioè installati a valle dell’inverter per i pannelli solari FV. Nel primo caso, quello dello storage lato DC, non ci sarà bisogno di installare un inverter aggiuntivo, ma si potrà usare quello dell’impianto fotovoltaico, se compatibile.

Lo storage può essere sia monodirezionale – cioè le batterie si caricano solo dal fotovoltaico – che bi-direzionale, cioè le batterie si caricano anche dalla rete. Una cosa diversa dai sistemi di accumulo sono i gruppi di continuità o UPS: l’installazione di un UPS utilizzato poi come sistema di accumulo non è conforme alla normativa vigente.

Per installare un sistema di accumulo “lato produzione bidirezionale”, se il contatore dell’energia prodotta è monodirezionale (cosa rara), questo va sostituito con uno bi-direzionale.

Un nuovo contatore bidirezionale va montato (secondo la normativa), anche se è sul lato post-produzione, solo se l’impianto è incentivato con il quinto conto energia FV: accede alle tariffe omnicomprensive e/o beneficia dei prezzi minimi garantiti; contemporaneamente lo storage è bidirezionale, cioè si ricarica anche con la rete.

Le batterie più diffuse al momento sono comunque quelle monodirezionali, cioè che si possono caricare solo lato fotovoltaico, e in questi casi si può aggiungere l’accumulo anche senza installare alcun contatore aggiuntivo.

Come aggiungere un impianto l’accumulo al fotovoltaico senza perdere gli incentivi

Gli impianti FV incentivati collegati alle reti di distribuzione in bassa o media tensione, come il classico fotovoltaico su tetto da 3 kW, possono sempre essere abbinati a un dispositivo di storage elettrico mantenendo gli incentivi, con una sola eccezione: quelli di potenza inferiore a 20 kWp regolamentati dal primo conto energia.

È però indispensabile scegliere un sistema conforme alle norme di connessione, che sono la CEI 0-21 e la CEI 0-16, rispettivamente per gli impianti in bassa e media tensione e rispettare quanto stabilito dall’Autorità per l’Energia nelle delibere 574/2014 e 642/2014 e dal GSE nelle regole tecniche pubblicate in seguito (si veda QualEnergia.it, Le regole per aggiungere un sistema di accumulo ad un impianto fotovoltaico).

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