Mobilità sostenibile, ecco il decreto: ma la bici dov’è?

Il ministero dell’Ambiente ha trasmesso a Camera e Senato la bozza del programma nazionale per favorire gli spostamenti ecologici casa-lavoro e casa-scuola, con un finanziamento complessivo pari a 35 milioni di euro per attività di vario tipo proposte da uno o più enti locali. Progetti, iniziative e osservazioni sul testo.

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In Italia è ben nota la preferenza accordata dalle persone all’auto privata per gli spostamenti urbani, soprattutto quelli casa-lavoro e casa-scuola. È una tendenza che si rinnova da tanti anni, sospinta dai problemi che affliggono molte delle nostre città: mezzi pubblici inadeguati, pochi investimenti in nuove forme di mobilità ecologica (come car-sharing e bike-sharing, auto elettriche, piste ciclabili), con il risultato di avere strade sempre più congestionate e difficoltà a ridurre l’inquinamento atmosferico. La situazione potrebbe cambiare anche grazie al programma sperimentale di mobilità sostenibile, annunciato dal ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti.

Stiamo parlando dello schema di decreto ministeriale, previsto dalla legge 221/2015, cioè il Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità 2014,  recante disposizioni per promuovere misure di green economy, che è stato appena trasmesso alla Camera e al Senato (vedi allegato in basso).

Le misure previste

Il programma nazionale intende finanziare, con un totale di 35 milioni di euro, progetti di vario tipo presentati da uno o più enti locali (la popolazione interessata però deve essere di almeno 100.000 abitanti): possono concorrere le iniziative di piedibus e per la condivisione di auto/biciclette, laboratori didattici di educazione e sicurezza stradale, programmi per ridurre il traffico e la sosta dei veicoli presso scuole e uffici, creazione di percorsi protetti pedonali/ciclabili e di zone con velocità degli autoveicoli limitata a 30 km/h, “buoni mobilità” o agevolazioni tariffarie sui trasporti pubblici, da assegnare ai lavoratori che rinunciano all’auto privata per raggiungere le sedi di lavoro.

Una quota fino al 4% delle risorse complessive servirà a monitorare/verificare l’attuazione dei diversi progetti e i relativi vantaggi ambientali, in particolare l’abbattimento delle emissioni inquinanti e la riduzione del traffico veicolare cittadino. I progetti, una volta promossi dal ministero, riceveranno una prima somma pari al 30% del cofinanziamento attribuito; lo stesso ministero verserà gli importi successivi (in tranche del 25% del totale assegnato) dopo aver approvato una relazione dell’ente locale che attesti lo stato di avanzamento dell’iniziativa cofinanziata.

L’obiettivo insomma è incentivare servizi e infrastrutture per la mobilità collettiva o condivisa “a basse emissioni”, cioè in grado di sfruttare mezzi ecologici e contribuire così a migliorare la qualità dell’aria e la vivibilità dei centri urbani. 

La bicicletta scomparsa

Nella bozza alcuni punti sono migliorabili, come osserva Giulietta Pagliaccio, presidente FIAB (Federazione italiana amici della bicicletta). «Nel leggere il testo del decreto – spiega – ci siamo però accorti che c’è ancora molta confusione nell’affrontare il tema: non cita mai (o quasi) la parola bicicletta e si usa un linguaggio sconosciuto ai più, come ad esempio parlare di attività di bike pooling, per riferirsi alla pratica del bicibus già diffusa in moltissimi comuni.

«Un altro esempio? – continua Pagliaccio –  Si citano per il “bonus mobilità” incentivi per “lavoratori e studenti che usano mezzi di trasporto a basse emissioni”, lasciando intendere tutto, dal bonus per il trasporto pubblico a quello per l’utilizzo dell’auto elettrica o ibrida, e senza mai citare la bicicletta».

Le proposte di FIAB

Secondo la FIAB, infatti, per scoraggiare il più possibile l’utilizzo dell’auto privata occorre promuovere un “sistema multimodale” integrando a pieno titolo la bicicletta con una serie di iniziative, tra cui: trasporto bici al seguito su tutti i mezzi pubblici, servizi di bike-sharing supportati da adeguati parcheggi per chi proviene dalle cosiddette “zone a domanda debole” (aree urbanizzate dell’hinterland poco servite dai trasporti pubblici), realizzazione di corsie ciclabili e “zone 30” con velocità ridotta per gli autoveicoli.

Tra le proposte di modifica della bozza ministeriale, quindi, l’associazione ha pensato di «stabilire una scala quale criterio di punteggi che premi, in ordine decrescente, dapprima i progetti e interventi che favoriscono l’uso della bicicletta, il trasporto più ecologico e con minori costi, poi a seguire quelli basati sul trasporto pubblico, quindi su quello collettivo (car-pooling)». Inoltre, la FIAB propone di «limitare la quota di cofinanziamento destinabile all’incentivazione della motorizzazione privata, anche se a basse emissioni, con un tetto massimo del 30% dell’intero cofinanziamento».

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