Usa, le rinnovabili impongono nuove regole per le utility

Negli Stati Uniti la rivoluzione delle energie rinnovabili in atto mostra quanto siano inadeguate e obsolete le regole attuali sulle utility elettriche. Dovrebbero essere riviste per accelerare la transizione verso un sistema energetico decentrato. Un estratto dalla nuova edizione del libro di Gianni Silvestrini, “2 °C".

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L’impatto delle rinnovabili sta rimettendo in discussione le regole stesse del funzionamento del sistema elettrico. Infatti sono in molti ormai a pensare che per favorire gli interventi di efficienza e la generazione delle energie verdi vada rivisto il suo stesso funzionamento.

Questo vale particolarmente negli Stati Uniti, dove le utility sono regolamentate, e nelle aree geografiche di loro competenza, in particolare nella distribuzione, agiscono in condizioni di monopolio. Il loro ritorno economico deriva dalle tariffe definite da apposite Commissioni degli Stati in funzione degli investimenti che vengono fatti, per esempio nuove centrali e reti. Un’impostazione di questo tipo, che aveva senso nei decenni nei quali l’obiettivo era di elettrificare gli Stati Uniti, risulta oggi controproducente.

Tanto più in considerazione dell’onda solare che, partita in ritardo oltreoceano, va acquistando una forza sempre maggiore. Tra il 2010 e il 2014 le installazioni annue si sono decuplicate. Lo scorso anno sono stati connessi alla rete 8 GW e nel 2016 si prevede un ulteriore raddoppio a 15 GW/a.

Ma proprio la “protezione” garantita dall’operare in un contesto regolato di monopolio rischia di frenare la capacità delle utility di reinventarsi.

Per intervenire su questo assetto anacronistico, la psc (Public Service Commission) dello stato di New York ha proposto un cambio drastico delle regole.

Considerato il sovradimensionamento delle centrali, che devono soddisfare la domanda di punta per poche ore l’anno, le perdite del sistema di trasmissione e distribuzione che raggiungono il 9% e l’insufficiente capacità di accumulo, la psc intende trasformare le società di distribuzione in “piattaforme” adatte a favorire gli interventi di efficienza, l’impiego delle rinnovabili e dei sistemi di accumulo cioè diventare acquirenti e aggregatori delle risorse distribuite e facilitare, anziché contrastare, la diffusione del fotovoltaico.

“Reforming the Energy Vision”, pur con qualche osservazione, è stata accolta positivamente dalle utility coinvolte e dovrebbe diventare operativa nel corso del 2016. Si tratta, come si vede, di un’impostazione di avanguardia tendente a sbloccare le inerzie del passato.

Ma c’è chi propone altre soluzioni. Jon Wellinghoff, già presidente della Federal Energy Regulatory Commission, l’Autorità dell’energia degli Stati Uniti, partendo dalla convinzione che “… non possiamo accettare che la torre di controllo di un aeroporto in grado di gestire i voli di centinaia di compagnie venga operata da una specifica compagnia aerea”, ha avanzato un’idea ancora più radicale: mantenere la proprietà del sistema di distribuzione nelle mani delle società elettriche, ma delegare la gestione a una società indipendente.

In questo modo si accelererebbe la transizione verso un sistema elettrico decentrato, con migliaia di attori in campo. Le utility, in un quadro di regole chiaro, non solo potrebbero effettuare interventi su rinnovabili, efficienza e accumuli, ma sarebbero incentivate ad assumere un ruolo attivo.

 

Questo articolo è un estratto dalla nuova edizione del libro di Gianni Silvestrini, “2 °C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia”, Edizioni Ambiente, marzo 2016.

www.duegradi.it è il sito dedicato al libro. L’estratto è stato pubblicato con il consenso della casa editrice.

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