ETS in Italia, come i soldi tornano a chi inquina

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Troppi permessi gratuiti distribuiti in passato hanno portato profitti indebiti ad alcune aziende comprese nell'ETS, lasciando senza quote altre. Quest'ultime ora verranno risarcite sottraendo risorse che dovrebbero essere destinate ad incentivare rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile.

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Un miliardo e 380 milioni di euro: questo è l’ammontare di ricavi derivanti dalla vendita, tramite aste, delle quote alle aziende coperte dalla direttiva europea sull’European Emission Trading Scheme (EU ETS). Su come devono essere spesi questi soldi la normativa europea è chiara: almeno il 50% deve essere stanziato per ridurre le emissioni di gas serra, favorire le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, incentivare trasporti sostenibili.

Capire come venga speso questo tesoretto nel nostro Paese è invece un viaggio lungo e tempestato di decreti, modifiche di decreti, interrogazioni parlamentari ed emendamenti. Alla fine scopriremo un’amara verità: la metà dei ricavi delle aste sono elargiti a favore delle aziende comprese dall’EU ETS. Ovvero a quelle stesse aziende da cui vengono prese queste somme, proprio perché inquinanti. E oltre a questo 50%, anche un’altra fetta potrebbe essere assegnata in futuro ad altre aziende EU ETS.

Ma partiamo dall’inizio.

Cosa sono le aste EU ETS

Le aste derivano dall’European Emission Trading Scheme che è il sistema per lo scambio di quote di emissione di gas serra finalizzato alla riduzione delle emissioni nei settori maggiormente energivori nell’Unione Europea. Tramite l’EU ETS, le aziende di alcuni settori industriali, tra cui elettricità, cemento, alluminio, ceramica, vetro, chimica e aviazione, sono soggette a dei limiti di emissione.

Quando un’azienda emette più delle quote assegnate, presenta un deficit di quote, che deve colmare attraverso l’acquisto di crediti di altre aziende, sempre comprese nell’EU ETS, che hanno ridotto le emissioni più del loro limite. I crediti sono denominati EUA, European Emission Allowances.  

L’EU ETS ha avuto varie fasi. Inizialmente, le quote erano assegnate in maniera gratuita. Dal 2013, l’assegnazione delle quote agli impianti avviene a titolo oneroso attraverso piattaforme d’asta gestite da mercati regolamentati, ovvero le Borse.

Dall’assegnazione tramite asta sono esclusi alcuni settori manifatturieri, così da tutelare la loro competitività sui mercati internazionali. Dal 2014 anche il settore aereo è soggetto all’obbligo di acquisto delle quote tramite asta, da cui sono nati i crediti EUA A, European Emission Allowances Aviation.

Quanti sono i ricavi

L’importo totale dei proventi da aste dell’Emission Trading ammonta a circa 1 miliardo e 380 milioni di euro, di cui 1 miliardo e 360 milioni per quote EUA dal 2012 al 2015, oltre a poco meno di 20 milioni da unità EUA (vedi rapporto del GSE in allegato in basso).

Il GSE redige ogni anno un Rapporto Annuale sulle Aste delle Quote di Emissione che raccoglie tutti i dati delle Borse, divisi per annualità e mercati di provenienza, e in cui vengono indicati anche gli interessi che si aggiungono agli introiti delle aste nel loro periodo di gestione. Il report riporta con esattezza anche le somme effettivamente già trasferite, segmentando le entrate per trimestre e tipologia di titolo.

Dove vanno i soldi

Secondo quanto disciplinato nel decreto legislativo n. 30 del 13 marzo 2013, art.19, “i proventi delle aste sono versati al GSE in un apposito conto corrente dedicato “Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System” (“TARGET2”). Il GSE trasferisce i proventi delle aste e i relativi interessi maturati su un apposito conto acceso presso la Tesoreria dello Stato, intestato al Dipartimento del Tesoro, dandone contestuale comunicazione ai ministeri interessati”. Questo avviene entro il 20 maggio di ogni anno.

Fino ad adesso, sono stati trasferiti sul conto della Tesoreria dello Stato, al netto delle spese di gestione, 833.698.000 euro. Altri 527 milioni e 922mila, afferenti ai ricavati delle aste del 2015, saranno trasferiti entro il 20 maggio. Secondo gli unici dati reperibili online, ovvero il rimando al sito della Commissione Europea e un’interrogazione parlamentare, risulta un totale di 828.450.950 euro: mancano 5 milioni (forse per una questione di competenze annuali? Ma su questo non abbiamo trovato riferimenti).

Come avviene la ripartizione?

Il decreto legislativo n.30/2013 disciplina che cosa dovrà avvenire di questo denaro: “Detti proventi sono successivamente versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari, ai sensi e per gli effetti della direttiva 2009/29/CE”.

È infatti la direttiva europea a stabilire che almeno il 50% debba essere impiegato per incentivare l’energia rinnovabile, l’efficienza energetica e il trasporto sostenibile. Il rimanente può essere assegnato come si vuole: ma sarebbe regola di buon senso non riassegnarlo alle aziende maggiormente inquinanti.

Soldi che tornano agli inquinatori

E invece cosa prescrive il successivo comma 5? Che metà dei crediti debbano essere assegnati alla “riserva nuovi entranti”: sono le aziende che hanno aperto dei nuovi stabilimenti nel periodo 2008-2012, ma che non hanno più trovato crediti disponibili, in quanto la riserva nuovi entranti, che doveva essere prevista, si era esaurita.

La motivazione è semplice e alquanto frustrante: nei primi anni di applicazione del sistema EU ETS sono stati rilasciati troppi crediti rispetto alle reali necessità.

La sovrallocazione ha portato a realizzare dei profitti indebiti per alcune aziende (tra cui anche il Gruppo Riva) e a lasciarne senza quote altre. Queste ultime hanno poi chiesto quindi di essere risarcite.

Su questo punto, già l’ong Sandbag aveva a suo tempo avvertito che era incombente il rischio di danni economici gravi. Adesso è arrivato il conto: stiamo parlando di 733 milioni di euro.

Quindi dall’ammontare iniziale, 1 miliardo e 380 milioni, la metà (690 milioni) andrà direttamente ad aziende EU ETS (nuove entranti), a causa, appunto, di questo errore pregresso (e ci rimarrà anche un debito di altri 43 milioni di €  da sanare l’anno successivo).

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