Le “belle parole” di Renzi sugli obiettivi per le rinnovabili

"Obiettivo è arrivare al 50% delle rinnovabili entro fine legislatura sul totale dell'energia elettrica”. Lo ha detto il Premier suscitando vari commenti tra operatori e ambientalisti. Greenpeace è critica, mentre Legambiente lancia una sfida a breve termine. Ma un governo deve parlare con gli atti.

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“Siamo leader sulle energie rinnovabili in Europa. Quelli che dicono il contrario dicono il falso (..). L’obiettivo è arrivare al 50% delle rinnovabili entro fine legislatura sul totale dell’energia elettrica”. Lo ha detto il Presidente del governo Matteo Renzi nel corso della diretta su facebook #Matteorisponde (andata in onda sul social network ieri, 5 aprile).

Una dichiarazione che nelle ultime ore ha suscitato i commenti più vari, creato aspettative e alcune critiche soprattutto da parte degli operatori delle rinnovabili che ascoltano increduli la nuova uscita di un Premier che in pubblico parla di obiettivi importanti sull’energia pulita, mentre in sede legislativa approva decreti e scrive emendamenti che favoriscono il settore delle fonti fossili. Ed è lo stesso Renzi che spera nel fallimento del referendum del 17 aprile.

Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, dà credito a Renzi: “è un obiettivo “serio e ambizioso che richiede politiche coerenti e può essere di grande stimolo per l’economia, l’innovazione, l’occupazione”.

Ma il mondo ambientalista e dell’energia pulita non lascia passare troppo sotto silenzio l’ennesima baldanzosa esternazione del Premier. Greenpeace ammonisce: “Renzi dice di voler arrivare al 50% di rinnovabili elettriche entro il 2018, ma questo governo invece ha affossato le rinnovabili e promosso le trivelle. Così il settore sta perdendo migliaia di posti di lavoro”.

Come ha evidenziato di recente il rapporto dell’associazione, ‘Rinnovabili nel mirino’: “nel 2012 in Italia erano entrati in esercizio quasi 150mila nuovi impianti fotovoltaici: nel primo anno dell’era Renzi sono stati appena 722. L’anno scorso nel solo settore eolico si sono persi 4000 posti di lavoro”. “Nel frattempo – denunciava Greenpeace – gli incentivi ai combustibili fossili aumentano”. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, infatti, nel 2014 l’Italia ha regalato alle fonti sporche 13,2 miliardi di dollari, un dato addirittura in crescita rispetto ai 12,8 miliardi del 2013.

Non c’è quindi da stupirsi se, alle orecchie dei più, questa dichiarazione sembra soltanto una delle tante “belle e contradditorie parole” spese a favore delle energie pulite (si veda anche QualEnergia.it, Renzi dagli Usa loda le rinnovabili “ma fossili indispensabili ancora a lungo”), che non trovano però alcun riscontro nelle scelte normative e legislative intraprese da un Governo in carica da 26 mesi che è riuscito a ostacolare le energie rinnovabili in tutti i modi: dai tagli retroattivi agli incentivi per il fotovoltaico introdotti con lo ‘Spalma incentivi’, all’attacco ai SEU, fino alla modifica della tariffa elettrica per gli utenti domestici che frena il risparmio energetico e finirà per sfavorire l’installazione dei piccoli impianti domestici, come quelli fotovoltaici.

Senza dimenticare poi l’ultimo attacco all’autoconsumo contenuto nel Milleproroghe che dispone che gli oneri di sistema per tutti gli utenti non domestici (e non solo per quelli in alta e altissima tensione) vengano spostati, almeno in parte, dalla componente variabile a quella fissa.

Legambiente, invece, vuole prendere sul serio l’impegno di Matteo Renzi come ministro dello Sviluppo economico ad interim e gli lancia una sfida da cogliere subito, approvando tre provvedimenti già nel prossimo Consiglio dei Ministri:

  1. Far saltare il divieto di immissione alla rete Snam del biometano come alternativa al gas estratto nelle nostre coste. Una scelta quindi direttamente legata al tema oggetto del Referendum.
  2. Liberare l’autoproduzione da fonti rinnovabili e la produzione e distribuzione locale, da barriere e tasse che oggi impediscono investimenti che sarebbero a costo zero per lo Stato.
  3. Approvare subito il Decreto per l’incentivazione delle rinnovabili non fotovoltaiche, visto che da 2 anni gli investimenti sono bloccati; va però modificata la bozza presentata dal Ministro Guidi che premiava impianti non rinnovabili, come le vecchie grandi centrali a biomasse e gli inceneritori, invece dell’eolico e delle altre vere rinnovabili integrate nei territori.

Per Legambiente l’impegno preso da Renzi è una buona notizia perché rappresenta il primo chiaro impegno a favore delle rinnovabili, forse grazie al dibattito in corso sul referendum sulle trivelle.

Ma le dichiarazioni restano tali se non sono suffragate da atti e fatti chiari. E poi se vogliamo restare alle parole vanno ricordate quelle dell’altro giorno dello stesso Renzi che ha affermato che “il solare non potrà fare più del 7%”. Dichiarazione che ci ricorda tanto quei “veggenti” (molti anche ingegneri energetici di prestigiosi istituti di ricerca) che alla metà degli anni ’90 dicevano che il solare avrebbe potuto coprire solo lo zero virgola qualcosa. Ebbene ricordiamo a Renzi e agli altri che il fotovoltaico oggi soddisfa il 7,8% della richiesta elettrica del Paese e copre il 9,1% della produzione nazionale (dati Terna a fine 2015). E, tanto per fare un po’ di esercizio di matematica, stigmatizziamo il fatto che la distanza tra uno 0,1% di copertura del fabbisogno e un 7,8% significa una crescita pari a 78 volte, cioè del 7.800%. In circa 20 anni.

Anche per questo ci permettiamo di dubitare delle parole Renzi. Ma attendiamo, fiduciosi, di essere clamorosamente smentiti.

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