Cina, il piano quinquennale più green della storia

Reso noto il piano quinquennale cinese che guiderà le politiche di Pechino anche in tema di clima ed energia. Sono stati introdotti nuovi limiti e standard per efficienza energetica e inquinamento atmosferico. previsti nuovi ed ingenti investimenti in favore delle fonti rinnovabili.

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Reso noto il nuovo piano quinquennale che guiderà fino al 2020 le decisioni delle autorità cinesi in tema di sviluppo industriale e finanziario, incluse le politiche su clima ed energia.

Il piano, che è stato definito da diversi analisti il più “green” mai deciso dal governo cinese, introduce per la prima volta un limite al consumo di energia (5 miliardi di tonnellate equivalenti di carbone standard entro il 2020) e nuovi limiti per l’efficienza energetica e l’inquinamento atmosferico. Sono anche previsti ingenti investimenti nelle energie rinnovabili.

In base ad un’analisi del World Resources Institute, se gli obiettivi stabiliti dal piano quinquennale verranno raggiunti, la Cina potrà ridurre del 48% il livello di intensità di carbonio entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005 (l’intensità di carbonio si riferisce al rapporto tra le emissioni di CO2 e il PIL). In base agli accordi della COP di Parigi, entro il 2030 la Cina si è impegnata a ridurre l’intensità di carbonio tra il 60 e il 65% rispetto ai livelli del 2005.

La Cina, nuovo Paese del Sole

Il Piano non definisce obiettivi precisi per la nuova potenza da rinnovabili, ma nei giorni scorsi Nur Bekri, direttore di NEA (National Energy Administration) ha dichiarato che il Paese intende installare ogni anno, da qui al 2020, da 15 a 20 GW di potenza solare. Grazie ai 15,1 GW installati nel 2015 (oltre un quarto della potenza annuale globale), la Cina è diventato il Paese con la capacità solare installata più alta al mondo (43,2 GW), superando la Germania.

Per rendere più agevole la transizione verso le fonti rinnovabili, il piano quinquennale prevede da qui al 2020 investimenti per 368 miliardi di dollari in nuove infrastrutture: reti ad altissima tensione, reti intelligenti e reti di distribuzione. Ma la Cina, seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti, è il Paese con il livello più elevato di emissioni climalteranti. E’ però anche il Paese dove non solo si installano, ma anche si producono più moduli solari al mondo: lo scorso anno la Cina ha fornito il 70% della produzione globale di moduli fotovoltaici.

Oltre l’obiettivo posto a Parigi

Il gigante asiatico già nel cammino verso Parigi aveva fatto uno scatto in avanti nella lotta al clima. Nel suo INDC – il piano di contrasto ai cambiamenti climatici che ogni Paese doveva sottoporre alle Nazioni Unite in vista della Cop 21 – presentato ad agosto, Pechino annunciava che entro il 2030 vuole arrivare al 20% di energia da fonti “non-fossili” (leggasi rinnovabili e nucleare) sul totale dei consumi di energia primaria e che entro lo stesso anno inizierà a ridurre le emissioni, dopo aver ridotto l’intensità di carbonio (rapporto tra emissioni e Pil) del 60-65% rispetto ai livelli del 2005.

Gia prima di questo piano quinquennale la Cina aveva rivisto per l’ennesima volta al rialzo i suoi obiettivi sulle rinnovabili e tirato il freno sul carbone. Ma la cosa interessante è che – a quanto risulta da un nuovo studio del Grantham Institute – sembra che la Cina avesse già raggiunto il target che si è data per il 2030 un anno prima di annunciarlo, cioè nel 2014.

Non sono chiare le implicazioni di questo anticipo sui tempi della decarbonizzazione cinese, ma è chiaro che la superpotenza, impegnata anche a ridurre un inquinamento atmosferico che le sta costando tantissimo, sta provando a fare più del previsto per tagliare la CO2.

La riduzione dell’intensità di carbonio della Cina rispetto ai valori del 2005, dal 2006 al 2014 e una stima per il 2015 (fonte: World Resources Institute).

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