Smart district: il passo indispensabile verso la città intelligente

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Se finora lo sviluppo di soluzioni smart nelle città erano limitate ad alcune vie o piazze oppure a singoli edifici, sono in via di realizzazione in varie città europee alcune sperimentazioni su interi quartieri. In Italia l'Enea è coinvolta in alcuni progetti di tipo "smart district".

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Si chiama Lighthouse ed è il progetto dell’Unione Europea che fa un passo in più nella direzione della creazione delle Smart Cities. Nelle città “Lighthouse” verranno sviluppate tutta una serie di tecnologie innovative e integrate fra di loro per rendere smart interi quartieri, già esistenti e abitati da almeno 10.000 persone.

Le soluzioni coinvolgeranno edifici, reti di distribuzione dell’energia e dell’acqua, sistemi di accumulo elettrico, la mobilità (elettrica e no) e utilizzaranno piattaforme ICT di ultima generazione con protocolli aperti e non proprietari. Le sperimentazioni stanno per partire in tre città (Stoccolma, Barcellona e Colonia) e altre cinque città seguiranno a breve (La Valletta, Suceava, Porto, Cork e Graz).

Nelle intenzioni della Commissione Europea, queste città “lighthouse” forniranno delle informazioni utili per la replicabilità delle soluzioni, che dovranno essere ovviamente adattate alle condizioni locali e alla taglia delle altre città.

L’integrazione delle soluzioni intelligenti

Grazie al progetto Lighthouse sarà possibile testare a livello di interi quartieri l’integrazione delle diverse soluzioni adottate. Questo vuol dire consentire il dialogo fra le singole soluzioni e applicare le informazioni ottenute alla vita reale dei cittadini.

«Quello dell’integrazione delle tecnologie è un elemento cruciale, non ancora sviluppato appieno, della città intelligente – ha spiegato Mauro Annunziato, Responsabile Divisione Smart Energy di Enea, durante il convegno “Smart Grid. Strategia per le comunità dell’energia su scala urbana”, organizzato da AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione) a MCE Expocomfort -. Pensiamo al caso degli autobus che si muovono di sera in città: se trasportano pochi passeggeri, il combustibile viene usato più per far muovere il mezzo (anche se si tratta di un veicolo efficiente) che non le persone. Un approccio smart è il bus on-demand, che consente di far muovere più velocemente più persone con un mezzo più piccolo e quindi risparmiando sul carburante.»

Un altro esempio citato è quello dell’integrazione fra trasporto pubblico e illuminazione pubblica: «un progetto può essere definito smart se l’azienda che gestisce il trasporto pubblico mette a disposizione le informazioni sulla posizione dei propri mezzi per far funzionare o meno i lampioni in determinate zone della città.»

«In altre parole – prosegue l’esperto – è necessario ragionare in termini di energia e risorse on demand: fornire energia a chi serve, nel luogo in cui serve e nel momento in cui serve. In Italia si dice che ci sono più di 1.400 progetti di smart city, ma questo è vero in parte – ha proseguito Mauro Annunziato -. Si può realmente parlare di progetti smart quando i servizi sono integrati e possono comunicare e scambiarsi informazioni».

Le piattaforme ICT

Fin qui tutto bene, ma poi quando si vanno a sviluppare in concreto i progetti ci si scontra con una problematica di non poco conto, come ha spiegato nel suo intervento Annunziato: «La maggior parte delle piattaforme ICT d’integrazione si basa su software proprietari e chiusi: non possiamo pensare che un sindaco possa dare in concessione a un’azienda un servizio di pubblica utilità e poi dover ricostruire da zero il sistema ICT alla scadenza della concessione».

Visto il numero che sta diventando importante di nuove sperimentazioni in chiave smart, un altro fattore importante è rappresentato dagli standard operativi. Se tutte le smart city italiane avessero i medesimi protocolli di comunicazione e potessero quindi dialogare e interagire fra di loro, si creerebbero a livello nazionale delle enorme potenzialità di economia di scala.

I progetti di Enea

Il progetto Lighthouse dell’Unione Europa rientra nell’ambito del Programma comunitario Horizon 2020. Tra circa tre anni inizieranno le prime sperimentazioni, che avranno durata di almeno due anni e dovranno coinvolgere direttamente i cittadini nella loro implementazione. In Italia anche Enea è attiva nell’ambito di progetti a livello di smart district.

«Un primo progetto in questo ambito è Res Novae, caratterizzato da reti di edifici connessi fra di loro e dalla gestione e dall’analisi dei dati effettuata da remoto – ha spiegato Mauro Annunziato -. Un secondo progetto ha visto la realizzazione di una strada circolare di 5 km intorno al centro storico de L’Aquila. Sulla strada sono stati installati ogni 500 metri dei sensori che inviano in remoto i dati relativi a tutta una serie di parametri. In tal modo, si riesce a regolare la luminosità dei lampioni e si monitora anche durante il giorno il traffico e l’eventuale presenza di condizioni ambientali potenzialmente ostili.»  

«Siamo anche attivi – ha concluso – in ulteriori progetti in cui cerchiamo di far dialogare efficacemente le reti di distribuzione dell’energia (gas ed elettricità) con il mondo separato delle soluzioni di smart home. A prima vista la sensoristica potrebbe sembrare solo di tipo energetico, ma non è così. Pensiamo al caso di una persona anziana che abita da sola e che non usa l’energia al mattino o per un lungo periodo della giornata: in tal caso è possibile inviare un segnale di allarme a un familiare».

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